L'attivismo dei giovani

Recalcati, i giovani e la causa palestinese

Dopo sei anni che si parla di giovani e minori devianti, è la prima volta che la categoria sociale in oggetto non viene isolata dal resto della società

Cronaca - di Vincenzo Scalia

10 Dicembre 2025 alle 16:30

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Photo credits: Canio Romaniello/Imagoeconomica
Photo credits: Canio Romaniello/Imagoeconomica

Ultimamente, parlare di giovani, va di moda. Soprattutto, se ne parla in termini allarmistici, quando non catastrofici. Violenti, criminali, problematici, problema strutturale della società italiana contemporanea. Massimo Recalcati, su Repubblica di domenica 7 dicembre, segue la scia, anche se, per la prima volta, si differenzia dalle rappresentazioni dominanti. Dopo sei anni che si parla di giovani e minori devianti, è la prima volta che la categoria sociale in oggetto non viene isolata dal resto della società. L’autore conviene sul fatto che il vuoto ideale e progettuale che caratterizza la popolazione in età tra i 14 e i 21, le pulsioni violente che si manifestano, non siano difformi da quelle che attraversano la società attuale nella sua interezza. Siamo l’Italia di Viareggio e di Voghera, che ritiene giusto assassinare i ladri e infierire sui loro cadaveri. Che vuole ampliare la legittima difesa. Che organizza le ronde via YouTube.

Perché i giovani dovrebbero essere diversi?

Detto questo, Recalcati, compie qualche scivolone, su cui alcune precisazioni sono necessarie. L’articolo è ispirato dall’attacco alla sede della Stampa di Torino. Un episodio senza dubbio da condannare, ma che l’autore associa al fanatismo ideologico degli autori. E quale sarebbe questa idologica fanatica? Ovviamente, il movimento per la Palestina. Così da buttare, in questo modo, il bambino con l’acqua sporca. E’ opportuno in questo caso fare due precisazioni. La prima è che il sostegno alla causa palestinese non viene solo dai giovani, ma da ampie fasce dell’opinione pubblica, trasversali per età. La seconda concerne l’esistenza di una presunta ideologia fanatica. I 60.000 morti sono sotto gli occhi di tutti, ed è il non vederli a costituire un atteggiamento ideologico nel senso deteriore del termine. Tanto più che anche in questo caso, sul sostegno alla Palestina, si registrano posizioni frastagliate, articolate.

Tornando ai giovani, Recalcati sostiene che non servono l’integrazione dei migranti e le politiche sociali. Ci sembra un’affermazione molto approssimata, che denota una conoscenza superficiale della questione giovanile. Molti dei minori che entrano all’interno del circuito penale, soffrono della mancanza di status, dovuto all’insipienza di governi che non riconoscono l’esistenza di una fascia sempre più consistente della popolazione che si trova nella condizione di stranieri in patria. Emilio Quadrelli parlava di nuovi barbari, caratterizzati da una condizione socio-economica ibrida. Giovani allo stesso tempo italiani e stranieri, lavoratori e studenti, adulti e adolescenti, i cui bisogni la società non riesce a leggere. A questa fascia di popolazione, risposte diverse da Caivano, vanno urgentemente date. Per questa ragione, la soluzione proposta, ovvero quella di utilizzare la scuola e la cultura, appare insufficiente. Intanto, perché contraddice quanto affermato dall’autore in merito alla trasversalità delle classi sociali. Se il fenomeno riguarda tutti i giovani, allora la scuola e la cultura possono fare poco, perché anche chi dispone di risorse materiali e relazionali adeguate ne è soggetto.

Allora è necessario intervenire sul piano della socializzazione, liberando le città dall’ipoteca della rendita fondiaria, dell’over-tourism, delle catene delle grandi marche. Aumentando spazi pubblici orientati a una socializzazione non normata dal mercato. Quindi destinando maggiori risorse destinate alle politiche sociali. Perché la scuola e la cultura ti possono trasmettere le parole più belle. Ma se poi, dopo il suono della campanella, usciti fuori dall’edificio scolastico, trovano la poltiglia di periferie e paradisi degli orchi a cui sono ridotte le nostre città, siamo punto e a capo. E il virtuale continuerà sia ad essere il rifugio che a proporre modelli.

Ah, un’ultimissima cosa. Finiamola col chiamarle baby gangs. Si tratta di una definizione sociologicamente inesatta, che sta producendo danni, e rischia di farne altri. Qualcuno diceva, che bisogna andare alla radice dei problemi. Piuttosto che usare etichette.

10 Dicembre 2025

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