Un romanzo da recuperare

Se i detenuti si uccidessero come gladiatori in tornei pay-per-view in diretta: la distopia di “Catene di Gloria”

Chi è condannato all’ergastolo o ad almeno 25 anni di carcere, può accedere al Decreto sulla Libera Scelta e diventare un "Forzato". Sembrano personaggi dei videogiochi. Armi con nomi d’impatto, un pubblico osannante e morboso

Cultura - di Antonio Lamorte

4 Novembre 2025 alle 17:15

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FOTO DA SUR + PIXABAY
FOTO DA SUR + PIXABAY

Potrebbe essere anche una pessima idea, con i tempi che corrono, parlare e far circolare il soggetto alla base di Catene di Gloria: uno show televisivo, sport estremo a metà strada tra wrestling e reality show, giochi gladiatori in cui i protagonisti che si sfidano in arene iper-tecnologiche sparpagliate per tutto il Paese sono detenuti. Si ammazzano, insomma, a sangue freddo e in diretta, costruiscono il loro storytelling e la loro traiettoria nel programma per riconquistarsi la libertà perduta. Nessuno – nel romanzo di Nana Kwame Adjei-Brenyah che edizioni SUR ha avuto il merito di portare in Italia ormai qualche anno fa con la traduzione di Dario Diofebi e Martina Testa – ci è mai riuscito.

Sunset Harkless è il Colosso Supremo scandalosamente ucciso a un passo dalla liberazione in una notte di Black Out. Melancolia Bishop è crollata all’ultimo incontro dopo tre anni invitta nel circuito. Loretta Thurwar e Hurrican Staxxx rappresentano qualcosa di inimmaginabile e incredibile nello show quando però le regole stanno per cambiare, per tutti. I gladiatori hanno nomi d’arte, anche le armi battezzate con nomi d’impatto, mosse specifiche e mossette ammiccanti da campioni dello sport – quali sono – per saziare il pubblico osannante e morboso, sia quello in presenza che quello da casa: a differenza di Squid Games, dove il circuito ferale e splatter era destinato a pochi elitari eletti, gli sport d’azione estremi sono accessibili a tutti comodamente in pay-per-view.

“Quando sono entrato, sui giochi di morte c’era un dibattito, non si dovevano fare. Troppo crudeli, troppo malvagi, troppo il peggio del peggio. Così dicevano. Poi hanno cominciato a dirlo di meno. Adesso i giochi di morte sono il nuovo football”. Ecco com’è andata: la Compagnia Carceraria del Nord America (CCNA) è la più grande società di carceri private al mondo e chi è condannato all’ergastolo o ad almeno 25 anni di carcere, può diventare un “Forzato” tramite il cosiddetto Decreto sulla Libera Scelta ed entrare in una “Catena”, una sorta di scuderia. Sembrano esseri umani che si evolvono in personaggi di Fortnite. Entrano in un sistema da reality show sublimato in marce, battle royal, tour nel Paese, duelli all’ultimo sangue in diretta, panem et circenses dopato da principi e accelerazione capitalistici.

Anche i rifiuti, gli scarti, quello che resta ai margini del sistema produttivo viene riciclato e spremuto per ottenere un profitto fino all’ultima goccia di sangue. Con il puntuale corollario di ottimismo pubblicitario e riabilitativo, promettente, redentivo. “Il bello degli sport d’azione estremi […] era che tutti avevano quantomeno una possibilità. I giochi davano a della gente che, ammettiamolo, non si meritava un cazzo di niente una possibilità di sopravvivere, di competere, di girare il paese, persino di diventare un eroe. A guardar bene, erano davvero un esempio di giustizia”. Sistema che cannibalizza tutto, anche la ricerca e lo studio – memorabile il capitolo “L’arte dell’influenza”.

Potrebbe non essere una buona idea far circolare un’idea del genere, con i tempi che corrono – detenuti umiliati a favor di telecamere, altri vessati come in una questione personale, raduni e manifestazioni repressi puntualmente – , una distopia che coniuga intrattenimento e anti-buonismo. Sempre in crescita i dati delle carceri negli USA, dal rapporto “Mass Incarceration: The Whole Pie 2025”, con oltre due milioni di persone private della libertà, 580 ogni 100mila residenti, circa l’8% gestite da carceri private. 62mila i detenuti in Italia in un sistema dalla capienza di circa 51mila posti. Non mancano i movimenti nel romanzo: gli abolizionisti che protestano. L’abolizionismo carcerario, nel mondo reale, ricorda che se la reclusione è arrivata dopo l’illuminismo per condannare le punizioni fisiche, non è detto che un domani non possa tramontare lo stesso concetto di carcere: al momento sembra inconcepibile. “Quando pensate a noi, ricordatevi che solo perché una cosa esiste, non vuol dire che non possa cambiare, e solo perché non avete mai visto una certa cosa, non vuol dire che sia impossibile”. Catene di gloria rammenta però come al momento sia più facile pensare a un’ulteriore stretta.

4 Novembre 2025

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