Il via ai colloqui in Egitto

La rivelazione della Cia: “Netanyahu ha ordinato l’attacco con i droni alla Flotilla”

La rivelazione di due funzionari dell’intelligence americana alla Cbs: fu lo stesso Bibiad approvare il raid con droni dell’8 e 9 settembre da un sottomarino contro le imbarcazioni al largo del porto tunisino di Sidi Bou Said

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

7 Ottobre 2025 alle 17:00

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IAP Photo/Alex Brandon
IAP Photo/Alex Brandon

Ieri sera la Cbs ha dato una clamorosa notizia, in esclusiva. Fonti autorevoli dell’intelligence americana affermano che gli attacchi di droni contro la flotilla furono ordinati direttamente dal premier Netanyahu. Se la notizia fosse confermata si tratterebbe di un attacco militare di Israele contro stati esteri, tra i quali l’Italia. Che tra l’altro aveva sulla flotilla alcuni parlamentari.

Intanto mentre a Sharm si negozia, a Gaza si continua a morire. Secondo fonti palestinesi, le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno continuato a bombardare in diverse zone della Striscia, non solo a Gaza City, nonostante la richiesta del presidente Usa Donald Trump di fermare i raid. Nel frattempo, i negoziatori di Israele e Hamas hanno iniziato ieri sera a Sharm el Sheikh i colloqui mediati da Egitto e Qatar per definire i dettagli tecnici del piano di pace per la Striscia di Gaza promosso da Trump. In particolare, le modalità logistiche per la consegna degli ostaggi israeliani. La delegazione di Hamas, guidata da Khalil al Hayya, ha preso parte a incontri preliminari al Cairo con i mediatori egiziani e qatarioti, prima dell’avvio dei negoziati indiretti con la parte israeliana. I media israeliani riferiscono che del team negoziale inviato in Egitto da Gerusalemme fanno parte il vicedirettore del Mossad, il coordinatore per gli ostaggi del governo Gal Hirsch e un consigliere per la politica estera molto vicino al primo ministro Netanyahu, Ophir Falk. Il capo negoziatore della squadra israeliana, il ministro per gli Affari strategici Ron Dermer, non prenderà parte ai colloqui in questa prima fase ma dovrebbe raggiungere Sharm nello stesso giorno in cui dovrebbero arrivare l’inviato Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff e Jared Kushner, genero di Trump, a cui il presidente Usa ha ormai riconosciuto una parte di rilievo in questa partita.

Secondo la rete televisiva israeliana Channel 12 Hamas chiederà di liberare alcuni dei più noti detenuti palestinesi nelle carceri israeliane in cambio degli ostaggi ancora nella Striscia. Tra i nomi che Hamas citerà nei colloqui iniziati ieri in Egitto ci sono quelli di Marwan Barghouti, capo di Fatah Tanzim, incarcerato con l’accusa di aver organizzato diversi attacchi terroristici durante la Seconda Intifada, Ahmad Sa’adat, segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, Ibrahim Hamed, condannato a 45 ergastoli per aver orchestrato l’uccisione di numerosi israeliani come comandante di Hamas in Cisgiordania durante la Seconda Intifada; Abbas al-Sayed, che orchestrò l’attentato del 2002 al Park Hotel di Netanya, in cui morirono 39 israeliani, e Hassan Salameh di Hamas, condannato a 48 ergastoli per molteplici attentati suicidi. La presenza di Barghouti nell’elenco è confermata a l’Unità da fonti palestinesi addentro al negoziato.

Cosa significa vivere oggi a Gaza

Lo documenta l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha pubblicato alcune statistiche sulla vita a Gaza sotto i bombardamenti israeliani: quasi il 90% delle risorse idriche e igienico-sanitarie sono state distrutte o danneggiate: oltre il 60% delle famiglie non ha accesso al sapone: oltre il 40% vive vicino a rifiuti non raccolti. In più mezzo milione di donne e ragazze non hanno a disposizione sufficienti materiali per l’igiene mestruale. È salito a 67.160 morti e 169.679 feriti il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza dall’inizio della guerra. Lo riferisce il ministero della Sanità di Gaza, secondo cui nelle ultime 24 ore sono stati uccisi 21 palestinesi e 96 sono rimasti feriti. La Difesa israeliana ha diffuso i dati sulle perdite tra i soldati dall’assalto del 7 ottobre: 1.152 caduti, di questi 487 avevano meno di 21 anni. Altri numeri: 885 orfani e 351 vedove. Le cifre sono una conferma delle difficoltà sotto il profilo militare e, infatti, anche di recente lo Stato Maggiore ha espresso i suoi dubbi. Intanto, però, vanno avanti.

Nel secondo anniversario dell’atto “disumano e “ingiustificabile” di Hamas contro Israele, il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, ha criticato duramente la “carneficina in atto” a Gaza, una delle condanne più forti da parte della Chiesa cattolica alla guerra di Israele contro Hamas Sulla Striscia, aggiunge, “non basta che la Comunità internazionale dica che è inaccettabile quanto avviene e poi continuare a permettere che avvenga. C’è da porsi delle serie domande sulla liceità, ad esempio, del continuare a fornire armi che vengono usate contri i civili. Purtroppo, lo abbiamo visto, finora le Nazioni Unite non sono state in grado di fermare quanto sta accadendo. Ma ci sono attori internazionali che sarebbero invece in grado di influire maggiormente per porre fine a questa tragedia e occorre trovare una strada per dare alle Nazioni Unite un ruolo più efficace nel porre fine alle tante guerre fratricide in corso nel mondo”.

Ed ancora: “La guerra perpetrata dall’esercito israeliano per sconfiggere i miliziani di Hamas non tiene conto che ha davanti una popolazione per lo più inerme e ridotta allo stremo delle forze, in un’area disseminata di case e di palazzi rasi al suolo, basta vedere le immagini aeree per rendersi conto di che cosa sia Gaza oggi”, ha aggiunto.  “Qualunque piano che coinvolga il popolo palestinese nelle decisioni sul proprio futuro e permetta di finire questa strage, liberando gli ostaggi e fermando l’uccisione quotidiana di centinaia di persone, è da accogliere e sostenere”, prosegue il capo della diplomazia vaticana – il segretario di Stato vaticano commentando il piano presentato da Donald Trump. Quanto all’antisemitismo, “è un cancro da estirpare”, rimarca Parolin.

Sulle manifestazioni di piazza, il capo della diplomazia vaticana osserva: “Anche se a volte queste iniziative, a causa delle violenze di pochi facinorosi, rischiano di far passare a livello mediatico un messaggio sbagliato, mi colpisce positivamente la partecipazione alle manifestazioni, e l’impegno di tanti giovani. È il segno che non siamo condannati all’indifferenza. Dobbiamo prendere sul serio quel desiderio di pace, quel desiderio di impegno… Ne va del nostro futuro, ne va del futuro del nostro mondo”.

7 Ottobre 2025

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