La sfida all'autocrate

Pride in Ungheria, al corteo vietato da Orban parlamentari da Italia ed Europea: il premier minaccia “conseguenze legali”

Esteri - di Redazione

27 Giugno 2025 alle 12:34

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Pride in Ungheria, al corteo vietato da Orban parlamentari da Italia ed Europea: il premier minaccia “conseguenze legali”

Oltre 40 eurodeputati di varie nazionalità, dall’Italia circa 30 tra deputati e senatori del “campo largo” in versione allargata, dal Pd ai 5 Stelle, passando per AVS fino ai centristi di Azione e Italia Viva.

È la maxi delegazione che sabato 28 giugno volerà a Budapest per partecipare al Pride che il governo sempre più illiberale di Viktor Orban ha vietato con una legge votata dal Parlamento ungherese lo scorso 18 marzo.

Un dispositivo votato a larga maggioranza (136 voti a favore e 27 contrari) che proibisce l’organizzazione del Pride col pretesto di “proteggere i minori”, vietando il diritto di assemblea nelle manifestazioni che “rappresentano o promuovono” l’omosessualità ai minori di 18 anni.

Una scusa imbarazzante per un governo che sta spingendo l’Ungheria verso una autocrazia di fatto, col controllo di Orban su media e giudici che si è fatto sempre più opprimente, spingendo il Paese verso una deriva euroscettica, ultraconservatrice e vicina alle istanze della Russia di Putin.

La delegazione europea a Budapest sarà guidata dalla spagnola Iratxe García Pérez, leader del gruppo S&D a Bruxelles, ma anche da Roma saranno in molti a partire per Budapest: tra i leader di partito ci saranno Carlo Calenda ed Elly Schlein, accompagnati da diversi deputati e senatori, mentre non parteciperà come inizialmente previsto Ilaria Salis, oggi eurodeputata per AVS e detenuta per oltre un anno in Ungheria.

Vigilia del Pride carica di tensione. Il luogo da cui partirà il corteo è ancor top secret per evitare l’intervento della polizia: verrà svelato dagli organizzatori, sotto la regia del sindaco progressista della capitale Gergely Karácsony, soltanto un’ora prima del raduno tramite social e chat.

Manifestazione che ha aperto l’ennesimo fronte di scontro tra Orban e le istituzioni europee. Il primo ministro ungherese ha minacciato “conseguenze legali” per chi non rispetterà la legge approvato lo scorso marzo. Il ministro della Giustizia ungherese, Bence Tuzson, ha anche minacciato Karácsony di finire in carcere per avere autorizzato la manifestazione.

Ma è stato durissimo soprattutto l’attacco di Orban alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, che pure non si era resa protagonista di iniziative di rilievo sulla questione del Pride ungherese: per Orban von der Leyen “sta trattando l’Ungheria come una colonia, proprio come l’Unione Sovietica: vogliono dire all’Ungheria cosa è permesso e cosa non lo è”.

“Chiedo alle autorità ungheresi di consentire lo svolgimento del Pride – aveva scritto von der Leyen -. Senza timore di sanzioni penali o amministrative nei confronti degli organizzatori o dei partecipanti. Alla comunità Lgbtqia+ dico: sarò sempre la vostra alleata”.

E l’Italia? Il governo di Giorgia Meloni conferma che sui diritti civili la linea è comune a quella delle peggiori destre europee. In Europea l’Italia ha spalleggiato Viktor Orban non firmando il documento, siglato da 17 Paesi membri, in cui si esprime preoccupazione per quanto sta accadendo nella Repubblica ungherese. Unica voce che si è alzata timidamente dall’esecutivo è quella del ministro degli Esteri, il vicepremier forzista Antonio Tajani: La manifestazione delle proprie idee è il sale della democrazia. Come diceva Voltaire, il limite della tua libertà è non andare a ledere la mia”, le parole del leader di FI.

di: Redazione - 27 Giugno 2025

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