Il docufilm di Zamparutti e Muscarà

Arte e propaganda, il duello per la libertà nel docufilm di Elisabetta Zamparutti e Piero Muscarà

Da Augusto fino a Hitler e Mussolini: lo Stato ha da sempre tentato di sottomettere la bellezza al consenso, talvolta senza riuscirci. Un lavoro appassionante, andato in onda su Rai5, che arriva fino a Bansky

Spettacoli - di Chiara Nicoletti

17 Aprile 2025 alle 13:09

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Arte e propaganda, il duello per la libertà nel docufilm di Elisabetta Zamparutti e Piero Muscarà

“Sin dai tempi antichi, il potere ha usato le immagini dell’arte per parlare agli uomini”. Parte da questo assunto di base, il documentario Arte e Propaganda realizzato e prodotto da Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà e andato recentemente in onda su Rai 5 nell’ambito del programma Art Night di Silvia De Felice. Un viaggio attraverso i momenti salienti della storia mondiale, letti attraverso le dinamiche del rapporto dell’arte con il potere.

Zamparutti e Muscarà partono dalla frase “Tutta l’arte è propaganda”, attribuita allo scrittore e poeta George Orwell, autore del distopico 1984 per raccogliere testimonianze in grado di comprovare o confutare tale tesi provocatoria. Come i due registi argomentano, l’affermazione di Orwell non è altro che una sentenza che “sembra rifiutare il canone classico che vede l’arte come libera e genuina espressione dell’animo umano e, l’artista, massima incarnazione di questa libertà”. Diviso fluidamente in episodi che analizzano diversi periodi storici, Arte e Propaganda racconta l’evoluzione e la presa di coscienza degli artisti che li spinge a divenire, dalla loro “semplice” funzione di creatori a portatori di messaggi, trasmettitori di idee, anche funzionali al contesto storico, sociale e politico in cui le opere sono state create. Da meri esecutori a consenzienti alleati della macchina della propaganda fi no a diventare in alcuni casi attivi oppositori del potere, in piena contro-propaganda.

Frutto di un lavoro di ricerca cominciato nel 2017, il documentario si avvale della guida, lungo tutto il suo percorso, degli interventi di figure chiave nel panorama dell’arte italiana e internazionale come gli storici Fabrice D’Almeida, professore di Storia all’Université Paris-Panthéon-Assas e Giordano Bruno Guerri, presidente de Il Vittoriale degli Italiani. Per ogni episodio specifico poi, Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà chiamano in rassegna anche esperti di quel particolare artista o periodo storico in modo da punteggiare la narrazione con uno sguardo approfondito sulle grandi trasformazioni del XIX e XX secolo. Si parte dall’età romana e dall’imperatore Augusto che usò le arti per dare al popolo romano la certezza di vivere nel migliore dei mondi possibili: l’arte della propaganda nasce, per certi versi, con lui, poiché egli era consapevole del legame intrinseco che l’arte stabilisce con la sacralità in quanto legata alla religione e dunque in forte connessione con le forze dell’aldilà.

Le opere d’arte di cui Augusto fa riempire Roma, spesso a sua immagine, sono la manifestazione concreta di un’approvazione divina del suo impero e dei cambiamenti politici che decise di mettere in atto. Grazie al supporto delle riprese nei Musei Capitolini e nel Museo dell’Ara Pacis, Arte e Propaganda ci ricorda che il modello di Augusto sarà riproposto da tutti i governanti dopo di lui ma soprattutto preso come riferimento dai dittatori del XX secolo. Prima di arrivare a questi ultimi, il documentario si sofferma sullo “strano” caso di Napoleone e dello scultore italiano Antonio Canova. Come ricorda il film di Zamparutti e Muscarà, Napoleone fu il primo a combinare il genio militare con una moderna strategia di comunicazione. Radunò i più grandi artisti del tempo per celebrare le sue gesta attraverso meravigliosi dipinti, saccheggiò l’Europa trafugando le sue opere d’arte per portarle dentro il Museo Napoleon, il più grande museo del mondo (il futuro Louvre).

L’imperatore francese userà il potere dell’arte per fare di Parigi la nuova Roma. Sottolinea Giordano Bruno Guerri: “Come tutti i grandi conquistatori aveva capito l’importanza della propaganda per mettere insieme, sotto la propria immagine, i popoli conquistati”. E proprio per consolidare il proprio potere, su modello ed esempio di Roma, serviva il più grande artista italiano del tempo a consacrarlo: Antonio Canova. Interprete dello stile neoclassico, Canova aveva conquistato le più importanti corti d’Europa, realizzando opere scolpite nel marmo bianco di Carrara, seguendo i canoni antichi di perfezione e bellezza e dando a re e imperatori prestigio. Arte e Propaganda racconta che Canova riuscì a sfuggire a questo ruolo di strumento di propaganda con la consapevolezza che l’arte è eterna mentre i personaggi politici e gli eroi, nella storia, vanno e vengono. Realizzò così la scultura di Napoleone come Marte pacificatore, dove raffi gura l’imperatore come, appunto, il Marte del titolo, nudo, perfetto, atletico, invincibile. Apprendiamo dal racconto che ne fa Julius Bryant, curatore emerito del Victoria & Albert Museum che la scultura arrivò agli occhi di Napoleone nel 1811, quando, da imperatore, gli apparve da subito inappropriata per il tipo di politico che stava cercando di diventare. “Napoleone è un megalomane ma sa di non essere alto o di avere un fisico da atleta. Il rischio è di apparire ridicolo”, rivela Bryant.

La statua non verrà mai esposta ma coperta. Napoleone spera che venga dimenticata, il suo sogno di essere reso eterno dalla rappresentazione di Canova, infranto. Ed è nuovamente del genio artistico italiano che si avvalse Benito Mussolini per sopprimere il malcontento e convincere il popolo italiano di essere sulla retta via. Nell’Italia del 1939 completamente fuori dai commerci internazionali e sull’orlo della Seconda Guerra Mondiale, il duce sceglie “l’uomo di ingegno universale, Leonardo da Vinci” e realizza quella che verrà chiamata “l’operazione Leonardo”: l’invenzione a tavolino, attraverso una mostra itinerante, di “Leonardo da Vinci: genio italiano”, che diventerà un utile strumento di propaganda non solo in Italia, ma anche all’estero, prima a New York e poi a Tokyo, durante una campagna di promozione dell’industria italiana. Arte e Propaganda passa poi in rassegna la Germania Nazista e il bando di Hitler sulla cosiddetta Arte Degenerata con una vera e propria campagna di denigrazione dell’arte moderna. Qui si assiste al primo fenomeno di arte di contro-propaganda poiché nonostante la missione di Hitler, un artista e attivista comunista, John Heartfield, riuscì, con le proprie opere, a svelare, con grande anticipo al popolo tedesco, i contenuti devastanti della politica nazista.

I momenti più emozionanti del film di Zamparutti e Muscarà arrivano con l’ultimo capitolo: dall’Unione Sovietica che ammetteva solo arti figurative, “leggibili immediatamente dal popolo” giungiamo alla Cuba del post rivoluzione castrista e scopriamo, grazie alla guida di Denis Curti, storico della fotografia, la nascita del mito di Che Guevara passato attraverso quel ritratto che oggi vediamo stampato su ogni gadget possibile. Da una foto scattata dal fotografo cubano Alberto Korda, l’artista irlandese Jim Fitzpatrick, presente con il suo racconto nel fi lm, ne realizzò il celebre Poster rosso e nero di Che Guevara. Prima di terminare il viaggio, Eleonora Zamparutti e Piero Muscarà evocano gli artisti del presente per invitarci ad una riflessione: “Oggi le cose sono cambiate. Banksy e gli artisti della Street Art non hanno committenti e occupano spazi pubblici, abusivamente, per consegnare all’arte i loro messaggi, senza paura di fare propaganda. Ma non bastano un committente e un artista per fare un’opera d’arte di propaganda. Occorre il pubblico: senza le persone che guardano e aderiscono ai messaggi, le opere d’arte si spengono. È un’illusione ridurre l’arte di propaganda ad un inganno. Siamo noi a dover essere consapevoli, a riconoscere il messaggio contenuto in ogni opera d’arte, e a svelare anche la propaganda più sofisticata, quella che conferma i valori in cui crediamo”.

17 Aprile 2025

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