Ingegneria genetica

Lupo estinto da 12mila anni, la de-estinzione smentita: “L’enocione non è tornato in vita”

L'annuncio in prima pagina in tutto il mondo. "Più corretto definire questi animali lupi ‘geneticamente modificati, operazione di scarso interesse". Le spiegazioni dei critici

Ambiente - di Antonio Lamorte

9 Aprile 2025 alle 14:39

Condividi l'articolo

FOTO DA PIXABAY (miezekieze)
FOTO DA PIXABAY (miezekieze)

Non soltanto entusiasmo, prime pagine in tutto il mondo e sentimenti contrastanti e citazioni di Jurassic Park: la notizia di esemplari di Meta Lupo, o enocione, dire wolf o qual dir si voglia, estinto da circa 12mila anni, riportato in vita grazie a un progetto di ingegneria genetica dell’azienda statunitense Colossal Biosciences, ha generato anche critiche, non solo osservazioni etiche ma anche smentite vere e proprie da ambienti di esperti, professionisti del settore, che con la conservazione della specie ci lavorano, la studiano, ci hanno a che fare tutti i giorni e che hanno sentenziato: “L’enocione non è tornato in vita”.

La società aveva annunciato “i primi animali de-estinti al mondo, nati il 1° ottobre 2024″. Romolo, Remo e Khaleesi, arrivata qualche mese dopo. Lupi che vivevano tra Nord e Sud America circa 12mila anni fa. Frammenti di DNA estratti da un dente e da un orecchio conservati presso i musei che li hanno prestati. 19mila i geni presenti in un lupo. 20 le modifiche apportate nel progetto in 14 geni del comune lupo grigio. Isolate le cellule di un esemplare donatore di sangue, hanno riscritto i geni chiave nel nucleo della cellula, hanno trasferito in un ovulo a cui il nucleo era stato tolto. Gli ovuli ingegnerizzati sono stati fatti sviluppare in embrioni in laboratorio che sono stati impiantati negli uteri delle madri surrogate.

A sostenere che l’Enocione (Aenocyon Dirus) non è tornato in vita senza mezzi termini è la pagina di divulgazione scientifica su gestione e conservazione del lupo in Italia Canis Lupus Italicus. “I tre animali nati da questo esperimento hanno appena una ventina di geni di questi canidi estinti. Enocioni e lupi odierni sono differenziati certamente da altre migliaia di geni, impossibili con le attuali conoscenze e possibilità tecnologiche da riprodurre. Ad oggi una reale de-estinzione (di lupi giganti ma a maggior ragione di altre specie di cui si è parlato come mammuth o dodo) è da escludere. Probabilmente è più corretto definire questi animali lupi ‘geneticamente modificati’. Ma chiamarli Enocioni ha sicuramente molto più appeal”.

 

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Canis lupus italicus (@canis_lupus_italicus)

Sulla stessa linea Luigi Boitani, zoologo dell’Università Sapienza di Roma esperto di lupi, secondo cui i cuccioli nati dal progetto della Colossal “sono dei lupi di oggi, con una frazione infitesimale di geni modificati. È un’operazione di scarso interesse”, ha dichiarato in un’intervista al GR1 della Rai. Anche se non si possono negare i passi avanti nella manipolazione genetica espressi anche da questo progetto, la questione è inquadrata dai contrari anche sotto un profilo etico e dell’opportunità: quanto può essere utile investire risorse e forze in progetti di de-estinzione mentre altre specie si trovano oggi a reale rischio estinzione.

Soltanto a inizio marzo è entrata in vigore una modifica della Convenzione di Berna, un trattato internazionale su animali e piante da tutelare, che ha declassato il lupo da specie “rigorosamente protetta” a “protetta”. Il passaggio potrà permettere il cambiamento delle regole sulla protezione dei lupi nell’Unione Europea dettate dalla direttiva Habitat che porteranno a minori restrizioni a protezione dei lupi. 3.300 i lupi in Italia secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), 20.300 in tutta l’Unione. L’aumento dei lupi e gli attacchi alle mandrie e ai greggi hanno scatenato le proteste degli allevatori negli scorsi anni per via delle perdite economiche subite. Il declassamento ha provocato le critiche di oltre 300 organizzazioni ed esperti. Ecco: il rischio.

 

9 Aprile 2025

Condividi l'articolo