La svolta storica
Chi è Abdullah Öcalan e perché ha chiesto agli indipendentisti curdi del Pkk di deporre le armi
Il leader degli indipendentisti curdi chiude con un messaggio inviato dal carcere un’epoca conflittuale. “Confido nelle aperture di Erdogan”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Era attesa da giorni, alla fine è arrivata. Ed è una svolta storica. Abdullah Öcalan, il carismatico leader indipendentista curdo del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) oggi 75enne, ha invitato ieri il suo gruppo ad abbandonare la lotta armata. “Tutti i gruppi devono abbandonare le armi, il Pkk deve sciogliersi. Io chiedo di abbandonare le armi, mi prendo la responsabilità di questo appello”. Il messaggio segna la fine di un conflitto durato più di 40 anni e costato la vita a circa 50mila persone.
Il fondatore e leader storico del Pkk lo ha scritto in un messaggio letto ieri a una conferenza stampa a Istanbul di politici del filo-curdo Dem, il terzo partito più rappresentato nel Parlamento turco, che lo hanno incontrato ieri mattina nel carcere sull’isola di Imrali, nel mare di Marmara a sud di Istanbul, dove è imprigionato dal 1999. La delegazione era composta dai copresidenti del partito Dem Tulay Hatımoğulları Oruç e Tuncer Bakırhan, dal deputato Van Pervin Buldan, dalla deputata di Istanbul Sırrı Süreyya Önder, dal deputato di Istanbul Cengiz Çiçek, dal membro del partito Ahmet Türk e dall’avvocato di Öcalan, Faik Özgür Erol. La delegazione ha incontrato anche Selahattin Demirtas, ex leader del partito filocurdo incarcerato, e si sono recati in Iraq per colloqui con i leader curdi. Il partito Dem da tempo preme per una maggiore democrazia in Turchia e per i diritti della popolazione curda del Paese, oltre che per migliorare le condizioni di detenzione di Öcalan e di Demirtas.
Öcalan ha definito l’appello una risposta positiva alle condizioni create dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan e dal suo alleato in parlamento, il nazionalista Devlet Bahceli, che ha rilanciato per primo un processo di pace. “L’apertura di Bahceli, la voglia dimostrata dal presidente Erdogan, hanno creato delle condizioni irrinunciabili a una mia risposta positiva e al mio appello alla fine delle ostilità”, ha scritto. Pur non guidando attivamente il Pkk dal giorno del suo arresto, Öcalan resta un leader riconosciuto del movimento indipendentista dei curdi turchi. Nel 1978 fondò il Pkk e nel corso dei decenni lo trasformò in un gruppo armato da oltre 10mila soldati. Oggi il Pkk è considerato un’organizzazione terroristica da Turchia, Stati Uniti e Unione Europea, e gli sono stati attribuiti attentati terroristici anche di recente. Öcalan in Turchia fu inizialmente condannato a morte, poi la sua pena venne commutata nell’ergastolo.
Quel che è certo, è che Erdogan, al potere in Turchia dal 2003, deve trovare il modo di potersi candidare per un terzo mandato presidenziale nel maggio 2028, ma questo sarebbe possibile solo se si modificasse la Costituzione turca. A questo scopo gli farebbero gioco i voti dei curdi, il partito Dem. Erano mesi che il governo turco stava trattando con i curdi per mettere fine a un conflitto durato 40 anni e che ha causato 40 mila morti. Ora bisogna vedere cosa ha concesso Erdogan in cambio della dissoluzione dell’organizzazione terroristica. L’uscita di prigione di Öcalan e una qualche forma di «autonomia di fatto», ipotizzano fonti di Ankara.
Negli scorsi mesi alcuni leader importanti del Pkk avevano mostrato una certa disponibilità a una trattativa per avviare un processo politico, seppur tra molte resistenze. Benché il Pkk nacque come movimento per l’indipendenza dei curdi turchi, dagli anni Novanta il gruppo aveva abbandonato le rivendicazioni di indipendenza e ha chiesto un riconoscimento costituzionale dell’identità curda, l’insegnamento della lingua curda nelle scuole e maggiore autonomia per la regione. Il governo turco ha sempre respinto queste richieste. Un’altra questione da definire è quella dell’eventuale rilascio dei molti leader indipendentisti curdi nelle carceri turche e una possibile amnistia per tutti i guerriglieri del Pkk.
Le ultime trattative di pace fallirono nel 2015 e portarono a un’ulteriore repressione da parte del governo turco verso le minoranze curde. Per il “Sultano” di Ankara essere considerato come colui che ha posto fine ad un conflitto quarantennale, gli garantirebbe un posto nella storia e, quello che per lui conta di più, il viatico per un terzo mandato presidenziale. Una investitura eterna, alla Putin.