Un monumento nella città toscana

Che Guevara e il monumento di Carrara: l’irregolare amore dell’anarchia

Nel tempo della Dopostoria, davanti alla motosega di Milei, il volto rassicurante del maschio Ernesto Guevara spiega qualcosa della diffusione quasi cristologica del suo mito

Editoriali - di Fulvio Abbate

4 Febbraio 2025 alle 14:00

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Che Guevara e il monumento di Carrara: l’irregolare amore dell’anarchia

La città di Carrara, dopo avere onorato Giuseppe Pinelli, custodendone i resti mortali nel cimitero di Turigliano accanto ad altri indimenticati militanti libertari, il simbolo della fiaccola inciso sul marmo, sempre per irregolare amor d’anarchia, innalza adesso un monumento al comunista argentino Ernesto Che Guevara. La sindaca, fascia tricolore sul petto, ha scelto di portare con orgoglio civile il proprio sigillo cittadino partecipando in prima fila all’evento. Le stanno accanto anziani militanti, svetta una bandiera rossa di Rifondazione comunista, pochi i pugni chiusi sollevati, infine ecco il canto di Carlos Puebla che altrettanto si alza: “Aquí se queda la clara, la entrañable transparencia de tu querida presencia, Comandante Che Guevara…”.

Il monumento mostra proverbialmente il volto iconico del “guerrillero heroico“, pantografato dal celeberrimo scatto casuale di Alberto Korda, quasi incoronato in cima a un blocco di marmo apuano dove rovesciata appare la forma dell’America Latina, il Sud si fa Nord sempre idealmente, in un angolo, incisa, la firma del Che, nel suo corsivo obliquo, così come si mostrava nelle copertine delle “opere complete” pubblicate da Feltrinelli un’era fa. Una stele di oltre 2 metri giunta dalle mani di un artista argentino, Jorge Romeo, posta in corrispondenza della scalinata del Baluardo. Con la prima cittadina, Serena Arrighi, il presidente della provincia, Gianni Lorenzetti e l’ambasciatrice di Cuba Mirtha Granda Averhoff. L’idea dell’omaggio si deve a un “comitato promotore” coordinato dall’esule argentino Alfredo Helman, sostenuto da Cgil, Anpi, Arci.

Su “Libero”, Francesco Storace ha cura di chiosare l’evento con piccata acredine plasticamente meloniana: “Ma se in Italia c’è il fascismo o suoi derivati, possiamo dire che da Carrara il comunismo non sloggia mai? Mentre si cercano camicie nere immaginarie, provate ad affacciarvi oggi nella città toscana, dove si inaugura un monumento al guerrigliero argentino che risponde al nome di Ernesto Che Guevara, non esattamente pacifista”. Ignorando forse, non sembri un paradosso, che perfino molti “neofascisti”, accanto alle foto di Evola, Codreanu e Leon Degrelle, riconoscono nel proprio pantheon visivo ideale il volto di Guevara. Lo stesso Angelo Izzo, assassino del Circeo, in cella, anni addietro, mostrava la bandiera rossa col volto di dell’eroe comunista. Paradossi della mente in questo caso davvero criminale.

Era il 1997, anniversario tondo, quando, proprio su questo giornale, scrissi un articolo interrogandomi su quanto l’avvenenza della persona, del maschio Guevara avesse contribuito alla diffusione quasi cristologica immediata del suo mito, il Che che immaginava il “piccolo motore dell’avanguardia rivoluzionaria pronto a mettere in moto il grande motore dell’insurrezione di massa”. Il suo stesso soma, come promessa allegorica di riscatto sociale. Per l’occasione, accanto alle critiche di molti militanti di sinistra, il Che nel cuore, perfino Indro Montanelli intervenne, nero su bianco, sul Corsera in difesa dell’icona intoccabile. E con lui, dimenticavo, pure Enzo Biagi. Nel tempo della Dopostoria, direbbe Pasolini, davanti alla motosega anarco-populista di Milei, argentino come l’altro, il volto di Guevara appare addirittura ancora, forse sempre più, apotropaico, intatto, rassicurante, quasi a restituire un’idea generosa, assai oltre le contraddizioni che al guerrigliero assassinato dai ranger boliviani nel 1967 molti storici hanno imputato: l’inettitudine come ministro dell’economia, cioè l’essersi fatto vendere degli spazzaneve dalla Romania di Ceausescu, avvenne quando era a capo del ministero dell’industria; a Cuba, si sappia, non se ne è mai visto un solo fiocco, e ancora l’intransigenza ferrea verso i suoi stessi compagni di lotta nella Sierra, diversamente dalla tolleranza “gesuitica“ di Fidel Castro, il “gringo” Guevara non da tutti viene ricordato laggiù con altrettanta emozione.

La senatrice di Fratelli d’Italia, Susanna Campione, a sua volta, ha criticato l’iniziativa, parlando di “grande dispendio di risorse cui si aggiunge un affronto alle vittime del comunismo e dei regimi totalitari nel mondo e in particolare in America Latina. Mentre in Venezuela le statue ai dittatori simboli del comunismo vengono divelte e distrutte, in Italia, invece, i nostalgici del comunismo rialzano la testa con indicibile protervia. Un’iniziativa che rende l’idea di quali siano le priorità del cosiddetto mondo progressista: idolatrare figure controverse”. Alla sindaca Arrighi viene consigliato infine “di dedicarsi con più zelo alla città, visto che l’organico della polizia di Stato a Carrara è completo, valorizzando le forze dell’ordine e magari installando qualche telecamera di sicurezza in più, potenziando anche l’illuminazione stradale, soprattutto alla luce dell’allarmante ed esponenziale crescita dei reati in città”.

Una burocratica risposta securitaria che sembra cancellare ogni memoria epocale, fosse anche non condivisa. Parole incuranti, se non in opposizione, alla memoria storica che Carrara, città di tradizione anarchica e resistenziale porta con sé. Chissà se la replica dell’assessore cittadina alla cultura, Gea Dazzi, avrà rassicurato l’esponente meloniana che ha avversato il progetto nato da una sottoscrizione popolare: “Al di là delle molte letture e riletture del personaggio storico, Carrara si farà depositaria del significato più nobile e sempre contemporaneo che il mito di Che Guevara incarna, quello della lotta alle ingiustizie e ai soprusi, quello della libertà dei popoli e della giustizia sociale”. Mentre finisco di scrivere questa nota dal girmi della rete mi viene in soccorso una foto compendiaria d’ogni paradosso della storia: Diego Armando Maradona per l’occasione dj: una consolle, un bicchiere di vino, le ragazze tutt’intorno che gli sorridono mentre sull’avambraccio brilla il tatuaggio proprio del Che. Hasta siempre Comandante!

4 Febbraio 2025

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