Intervista a Carlos Valderrama

Fitness Forever, sarà lo Chansonnier a salvarci dal maschio tossico: il nuovo album “Amore e salute”

A sette anni dall'ultimo album, il ritorno del supergruppo napoletano alla ricerca di un personaggio affascinante ed enigmatico. Il leader: "È stata una scommessa, la situazione della musica live a Napoli è disperata"

Cultura - di Antonio Lamorte

28 Novembre 2024 alle 16:47

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FOTO DI SABRINA CIRILLO DA US
FOTO DI SABRINA CIRILLO DA US

Qui dove adesso è tutto o quasi New Neapolitan Power – fusion e tropicalismo, disco mescolata con il prog, funk ed elettronica, vecchi vinili scoperti nei mercatini, compilation perdute e riportate alla luce – prima c’erano soltanto i Fitness Forever. Dall’ultimo album, Tonight, erano passati sette anni, due pandemie, un’altra elezione di Donald Trump, la morte di Diego Armando Maradona, il terzo Scudetto del Napoli. E il collettivo formato nel 2007 che non ha perso il suo status di piccolo cult, che ha fatto archeologia e scuola, allenato nuovi ascoltatori e altri musicisti.

È sempre ginnastica melodica per alleggerirsi il cuore e coccolare l’anima, questa volta con uno storytelling alla ricerca di un personaggio perduto e familiare, attraente e imprendibile. Un uomo d’altri tempi, elegante e misterioso, ironico e malinconico, dal sorriso enigmatico e con tutta l’aria di un antico crooner. È anche il ricordo e la proposta di una virilità diversa, come dice all’Unità Carlos Valderrama, il leader di questo supergruppo. E quindi via, A vele spiegate, come dal titolo del singolo che si avvale della voce di Calcutta, in un viaggio carnevalesco che salpa da Roma, shakera sulla Costiera sorrentina, sventola a Ischia, si immalinconisce al Vomero, improvvisa a Parigi.

Dopo sette anni ecco Amore e salute, come possiamo definire questo disco?

È stata un po’ una scommessa.

Perché una scommessa?

Per questo storytelling così strano, pazzo, che affonda nei miei ricordi. Le piattaforme fano fatica a incasellare la nostra musica, abbiamo sempre sofferto questo fatto di non essere catalogabili. A ogni disco nessuno sa dove metterci. Ma chi ha ascoltato ha apprezzato, abbiamo ricevuto proposte per concerti e siamo andati per la prima volta in radio, dove abbiamo avuto abbondanti airplays con A vele spiegate, grazie ovviamente a Calcutta che ha dato visibilità al progetto. Siamo contenti.

Dall’ultimo album a oggi è venuta fuori questa scena che hanno chiamato anche New Neapolitan Power, che voi avevate in qualche modo anticipato e già percorso. Mi chiedevo se questa vostra dimensione pioneristica fosse stata riconosciuta.

A Napoli siamo come una grande squadra, con i personaggi della scena ci si vede anche per andare a cena, non soltanto per suonare. E tutti i membri dei Fitness collaborano con altri progetti. Siamo una grande famiglia, al momento non vedo grandi gelosie o invidie. Storicamente non mi sembra sia mai successo a questo livello di collaborazione e coesione. Mi ricorda un documentario sulla scena degli anni ’80 in Georgia, negli Stati Uniti, Athens, GA: Inside/Out, in cui tutti i protagonisti partecipavano ai progetti degli altri. Mi sembra un momento simile. Per quello che riguarda noi: sette anni, discograficamente parlando, sono tanti, un’era geologica soprattutto per la musica di oggi.

Perché Amore e salute?

Parte tutto da questa entità, dal personaggio che abbiamo voluto riportare alla luce. Lo chansonnier, che non è letteralmente la definizione del cantautore che idea e interpreta le sue canzoni. È una persona che abbiamo immaginato sui 70, 75 anni. Un nonno, uno zio. E la formula di amore e salute mi è caduta un po’ dal cielo, ho immaginato quello che ti potrebbe augurare questa figura sulle cose che possono farti star meglio in questa vita. È una sintesi estrema, certo, anche perché l’amore è anche un gran rompimento di coglioni, se proprio dobbiamo dire la verità. Ma se pensiamo alle cose più belle che ti si possono augurare, magari sono queste due.

Queste sono quelle che davvero contano.

Sì, come a dire: lascia perdere tutto il resto che sono tutte perdite di tempo.

Questa figura dello Chansonnier è un personaggio molto particolare, familiare ma allo stesso tempo in qualche modo lontano. È un voltodel secolo scorso. Avete citato: Daniele Pace, Filipponio, Julio Iglesias, Franco Califano, Serge Gainsbourg, Renato Nicolini, Luciano De Crescenzo, Renzo Arbore. Viene da pensare ai modelli di maschilità che ci vengono propinati oggi, a come la virilità stia cambiando ma a fatica. Da dove arriva?

Mettere il focus su una figura del genere è anche una piccola ribellione al modello tossico di maschio che ci viene propinato, che non ci piace osservare, di cui non ci piace leggere sulle cronache. Mettere il focus su un uomo romantico, colto, a cui piace leggere, a cui piace perdersi in ragionamenti e riflessioni, che va oltre l’apparenza. È qualcosa che ti fa stare bene, che ispira e fa sorridere. E che forse può spingere a diventare una persona migliore, utilizzando magari l’ironia magari la sensibilità, ponendosi verso il sesso femminile in altro modo. Anche nelle donne ravviso l’esigenza di cercare altro nell’uomo in questo momento. Non è necessariamente una proposta vintage.

Chansonnier è sicuramente Peppino Di Capri, che compare in Ischia, uno dei singoli, ispirato a Fred Buongusto che di Di Capri è stato grande amico. Non è stato facile, ma ci siete riusciti. Quanto le manca Fred Buongusto?

Tanto. Ma non manca soltanto a me, credo che manchi proprio a questo pianeta una figura come lui. Quando è morto, a fine 2019, ho provato una profonda tristezza, come se fosse morto un parente. Dopo la prima ondata covid-19, la prima cosa che ho voluto fare è stata prendere una nave con due amici per andare a Ischia, dove Buongusto aveva una villa bellissima, nei luoghi che aveva amato, a parlare con le persone che lo avevano conosciuto. Tutti quanti se lo ricordavano, tutti mi hanno raccontato di una persona molto alla mano, amabile e disponibile.

È andato alla sua ricerca.

L’ho seguito tutta la vita: l’ho inseguito nei luoghi di cui parlava nelle canzoni e ho sempre sognato una collaborazione. A casa mia non si ascoltava tanta musica, qualcuno deve avermi fatto ascoltare Una rotonda sul mare, non so, sicuramente appena ho cominciato a costruirmi un’identità musicale una delle prime cassette che volli in regalo è stata un Greatest Hits di Fred Buongusto. Ero un ragazzino e da allora non mi ha mai lasciato, è sempre finito nei miei djset, nelle playlist. È entrato a fondo nella mia identità musicale ma anche personale, nel mio immaginario. Era il crooner, il cantante confidenziale da nightclub che tutt’ora mi fa impazzire ma che è completamente scomparso, anche perché oggi un ragazzino non andrebbe mai a cercare un cantante che canta piano.

Altri due protagonisti che compaiono sono Alan Sorrenti, nei cori di A vele spiegate, e Luciano Angeleri (pittore e autore di tre LP negli anni ’70, ndr) in Goodbye. Ma Calcutta: è uno chansonnier?

Assolutamente sì. Edoardo (D’Erme, nome all’anagrafe di Calcutta, ndr) ama andare al nocciolo delle cose. Scava e scava. E lo chansonnier scava, non si ferma all’apparenza, arriva al nocciolo della questione, cerca che cosa c’è sotto. Pensavo di essere un perfezionista in studio di registrazione, ma a suo confronto sono un cantante che fa piano bar col floppy disk.

Avevate già collaborato dal vivo, nei suoi tour, e in studio. Come vi siete incontrati?

Aveva fatto Evergreen (terzo album in studio, del 2018, ndr) e aveva già fatto due concerti del tour. Stava cercando un pianista. Mi è arrivato sui social questo messaggio in cui mi chiedeva se ero interessato a fare la tournée.

Ha pensato a una truffa?

Ho pensato a una presa in giro, pensavo a qualche collega o qualche amico, a De Fazio o a Scialdone che mi stavano sfottendo. Ho cominciato a fare le mie verifiche e mi sono arrivati diversi messaggi dal suo entourage che mi garantivano che era tutto vero. Lui aveva visto un video in cui alla Rai suonavo pianoforte e voce e gli era piaciuto il mio stile: cercava più quello che la perfezione tecnica, un certo tipo di tocco, di sensibilità. Ci siamo conosciuti e dalla collaborazione musicale è nata un’amicizia vera. Ci sentiamo, facciamo il Fantacalcio. Ormai parliamo quasi solo di pallone.

Come succede tra maschi, nella maggior parte dei casi. Calcutta sembra avere anche una relazione speciale con Napoli, è così?

Sì. Penso che senta un po’ di Napoli nel sangue. Sarà per il padre, che è stato un musicista, attore, suonava e cantava alla chitarra canzoni napoletane. Un artista a tutto tondo, una persona ispirata. Gli avrà trasmesso la passione verso la nostra cultura.

Alla fine scopriamo che il vero chansonnier è il padre di Calcutta.

Assolutamente, lui è veramente uno chansonnier.

 

 

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Ma torniamo a parlare di calcio. Lei ha avuto diversi nickname. Cotequinho, Carlos, Dino R. Perché alla fine Carlos Valderrama?

Ai Mondiali del ’90 andai a vedere allo stadio Camerun-Colombia. La Colombia oltre a essere la squadra di Higuita, super colorata e divertente, era una squadra stranissima: era impostata come un cerchio e al centro di questo cerchio c’era questa chioma bionda, Valderrama, un giocatore incredibile che in mezzo al campo camminava ma che con maestria dirigeva l’orchestra. Mi è rimasto impresso. Quando a 20 anni scegliemmo il nome di un altro progetto musicale lo chiamai Valderrama 5, citando altre band che mi piacevano molto. Suonava bene. È diventato il mio nome d’arte, mi è rimasto appiccicato addosso con i Fitness. Quando sono produttore e autore mi presentano come Gaetano Scognamiglio, sto facendo pace con il mio nome di battesimo.

Alla luce della sua esperienza, tra diversi progetti, collaborazioni e djset: in che acque naviga la musica live a Napoli, com’è la situazione per chi vuole proporre inediti?

È disperata purtroppo. Fa molto molto male, quando ho cominciato io era la cosa più normale del mondo uscire e andare a vedere un concerto. Erano quasi ghettizzati quelli che non andavano a vedere musica dal vivo. La trovavi ovunque, c’erano più occasioni per fare palestra su un palcoscenico, provarci almeno. È una realtà che è praticamente scomparsa. I ragazzini di oggi che suonano hanno meno opportunità. Se non si alimentano anche economicamente queste realtà, sono destinate a scomparire. Per quello che vedo i più giovani oggi preferiscono andare nei palazzetti, agli happening, vivono la musica come un momento di aggregazione generazionale in cui cantano a squarciagola le cose che conoscono invece di andare a scoprire progetti inediti. La situazione della musica live è molto cambiata ma questo non riguarda soltanto Napoli.

Avete ricevuto diverse proposte: vedremo i Fitness Forever dal vivo?

Siamo sorpresi, abbiamo ricevuto tante richieste. Probabilmente faremo qualcosa in estate, non è facile perché siamo tutti impegnati nei diversi progetti cui partecipiamo. E forse faremo un’anteprima a Napoli con un’orchestra in primavera.

Chi sono i Fitness Forever

I Fitness Forever si sono formati nel 2007. Hanno pubblicato quattro album. Contemporaneamente all’uscita di Amore e Salute per la label madrilena Elefant Recors con distribuzione Altafonte/Goodfellas, è stato pubblicato in esclusiva anche il vinile di Tonight, uscito nel 2007. Amore e Salute è stato anticipato dai tre singoli A vele spiegate, con Calcutta e Alan Sorrenti, Ischia con Peppino Di Capri, e L’amour. I brani sono stati scritti prodotti e arrangiati da Carlos Valderrama con Luigi Scialdone. I Fitness Forever hanno assunto col passare degli anni l’aspetto del supergruppo, i suoi membri collaborano con altri importanti nomi del panorama italiano come Calcutta, Nu Genea, Elisa, Alan Sorrenti, Colapesce e Dimartino, Popa, Tropico, Parbleu, PS5 e Bassolino.

28 Novembre 2024

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