Violenze fisiche e psicologiche ripetute
Chi è Francesca Ghio, la consigliera che ha raccontato gli stupri in casa a 12 anni: “Era un dirigente d’azienda della Genova Bene”
Il discorso virale: "Nessuno mi ha chiesto perché ero diventata introversa all’improvviso. La società intorno corre, non si ferma a guardare chi bene non sta. Il mio corpo una bandiera"
Cronaca - di Redazione Web
È diventato virale il racconto della consigliera comunale di Genova Francesca Ghio. Ha raccontato di esser stata violentata fisicamente e psicologicamente, per mesi, in casa, quando aveva appena 12 anni. “È stato mentre cullavo mia figlia, questa mattina, mentre mi perdevo nei suoi occhi, che ho deciso che era il momento di intervenire in questo modo su questo argomento e di riaprire questa cicatrice – ha raccontato a Il Corriere della Sera – neppure mia madre sapeva nulla, ma il punto non sono io, la mia storia è la storia di una donna su tre, il mio corpo è politico, è bandiera, la mia voce in quanto consigliera comunale è la voce di chi non ha la visibilità e la possibilità di parlare”.
Il discorso in aula di Ghio è arrivato all’indomani della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, che ogni anno si celebra in tutto il mondo il 25 novembre. Proprio lunedì è arrivata la richiesta dell’ergastolo per Filippo Turetta, imputato reo confesso dell’omicidio della sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, e la condanna all’ergastolo di Alessandro Impagnatiello, l’ex barman che ha ucciso la sua ragazza Giulia Tramontano, incinta del bambino che avevano concepito insieme. E la Presidente del Consiglio, proprio in quella giornata, non ha pensato di meglio che a riportare l’incidenza delle violenze sessuali all’immigrazione.
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Anche lui, l’uomo che ha abusato la consigliera era “il vostro bravo ragazzo”. Un discorso politico: come aveva raccontato anche la scrittrice Neige Sinno nel suo Triste Tigre (edito in Italia da Neri Pozza), caso letterario in Francia e Premio Strega Europeo, lo stupro non è mai una questione personale. È una questione di ambiente, educazione, cultura, cura dell’altro, attenzione al prossimo. È anche una questione politica. “L’unica differenza: non staremo più zitte – ha aggiunto Ghio in chiusura, facendo riferimento alle celebrazioni in occasione del 25 novembre, e all’attenzione mediatica quando esplode un grosso caso di cronaca – Della mia f*ca farò una bandiera che brillerà nella notte nera”. Una citazione dalla canzone Bandiera di Giulia Mei.
Chi è Francesca Ghio
31 anni, consigliera di opposizione della Lista Rossoverde, portavoce dei Fridays For Future, ha un compagno e una figlia chiamata Artemisia in onore di Artemisia Gentileschi, la pittrice diventata icona femminista. Era arrivata al centro dell’attenzione nei mesi scorso per aver fatto approvare un regolamento comunale che concede ai consiglieri neogenitori di partecipare alle sedute da remoto. Il suo racconto ha stranito fino a quando la consigliera ha chiarito che era stata lei la vittima delle violenze. E a quel punto ha sconvolto.
Il discorso di Francesca Ghio
“Ero un’adolescente della Genova Bene, avevo appena iniziato la seconda media”. Responsabile di quelle violenze un dirigente d’azienda, un giovane manager. “Un uomo di cui mi fidavo, un uomo che nessuno avrebbe pensato potesse essere un mostro, il vostro bravo ragazzo. Lui mi diceva di stare zitta e che doveva essere il nostro segreto, dovevo giurargli di non raccontare niente a nessuno mentre sottostavo alle sue torture. Il dominio dell’uomo, del padre, la mia mente, il mio corpo sotto la sua autorità, l’emblema del patriarcato. Ma altro io non potevo fare, perché nessuno mi ha mai detto che potevo parlarne. Nessuno mi ha mai chiesto perché ero diventata introversa all’improvviso. Eppure non sono mai stata una bambina silenziosa, ma la società intorno corre, certo è che non si ferma a guardare chi bene non sta”.
“Perché questa società non ha tempo e non ha spazio per curarsi delle persone. Avanza, costruisce dighe e strade, avanza verso il progresso e nuove promesse, avanza dimenticandosi di proteggere e curare il bene prezioso della vita. Così le persone diventano sempre meno importanti, abbandonate, lasciate sole nell’affrontare il loro dolore. Da una parte il carnefice, dall’altra la sua vittima, in mezzo la sofferenza. Per un pezzo di vita mi sono rassegnata fino a credere che me l’ero meritata, me la sono cercata, non so bene come, ma non avevo alternativa. Sono arrivata a colpevolizzarmi fino al punto di ferirmi fisicamente. Mi sono coperta le cicatrici sulle braccia per anni, nessuno mi ha mai chiesto perché tenessi sempre le maniche lunghe, ma il dolore era l’unica emozione che mi faceva ancora provare qualcosa. Non ho mai denunciato quell’uomo, non sapevo neanche cosa fosse una denuncia a 12 anni. A scuola studiavamo Napoleone Bonaparte. Nessuno parlava di emozioni, consenso, sessualità, sostegno alla fragilità. Nel mondo degli adulti non c’era un singolo volto in cui potevo trovare rifugio e protezione”.
“Quando ho provato a parlarne, anni dopo, mi sono sentita giudicata. Iniziavo il discorso e notavo disgusto, ma poi dicevo sto scherzando, chiudevo velocemente il discorso. Ho iniziato a fumare a 13 anni, non mi piaceva fumare ma mi piaceva l’idea che qualcosa bruciasse dentro di me, quel dolore andava soffocato in qualche modo. Nessuno voleva ascoltarlo e io non avevo gli strumenti per capirlo. Mi guardo indietro oggi e a distanza di decenni, nulla è cambiato. Gli uomini continuano a violentare nel silenzio complice di una società che non dà gli strumenti, che non vuole fermarsi a capire, che ritiene più facile e dignitoso nascondere il problema piuttosto che ammettere che questo cortocircuito è responsabilità del profondo vuoto che le istituzioni scelgono di non colmare. Abbiamo un problema, abbiamo le soluzioni. Dovremmo solo scegliere di applicarle, ma le dighe, le strade, i centri commerciali continuano a essere più importanti rispetto alla salute mentale e fisica delle persone. Il 25 novembre è passato, ci vediamo l’anno prossimo con la conta dei numeri. Chi sull’elenco dei morti, dei cadaveri, chi nel silenzio muore dentro, vittima due volte, dello stupratore e della società, che guarda dall’altra parte. L’unica differenza: non staremo più zitte. Della mia f*ca farò una bandiera che brillerà nella notte nera”.