Il capogruppo dem in commissione Politiche europee

Intervista a Piero De Luca: “Basta veti nel Campo Largo, dobbiamo unirci per costruire l’alternativa a Meloni”

«È urgente capire se tutte le forze di opposizione avvertano questa responsabilità. Mi preoccupa la frattura in Liguria. Le coalizioni non possono vivere di diktat o tatticismi esasperati. Il nostro elettorato chiede unità»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

1 Ottobre 2024 alle 08:00 - Ultimo agg. 1 Ottobre 2024 alle 10:23

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Piero De Luca, capogruppo dem in commissione Politiche europee della Camera dei deputati e membro della Direzione nazionale del Partito Democratico: Pace, lavoro, autonomia differenziata, giustizia sociale. Si prepara un autunno caldissimo. Quali le priorità per il PD?
Al PD spetta il compito di lavorare con le altre forze progressiste e riformiste per costruire un progetto alternativo. Per farlo bisogna parlare anzitutto alla società, discutendo meno di nomi e più di temi: sanità pubblica, istruzione e ricerca, lavoro e salari, politica industriale per la conversione ecologica, diritti sociali e civili. Temi, peraltro, su cui abbiamo già elaborato proposte concrete in Parlamento, dalla legge sul salario minimo a quella sugli investimenti in sanità al 7.5% del PIL su cui la destra si è voltata dall’altra parte con sconvolgente arroganza. A partire da queste priorità -lanciate da Elly Schlein- tutte le forze di opposizione avrebbero il dovere di impegnarsi con disponibilità e unità di intenti. Vedendo quanto accaduto sulla Rai o in Liguria, speriamo che qualcuno non remi contro e che tutti abbiano la stessa volontà e disponibilità.

Il Medio Oriente è in fiamme. C’è il rischio di una incontrollabile escalation?
L’imperativo è il cessate il fuoco. Voglio essere chiaro: Israele ha il diritto di esistere e difendersi, a maggior ragione dopo il terribile attacco terroristico del 7 ottobre scorso, in particolare per ottenere il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. La reazione deve essere però proporzionata, in linea con il diritto internazionale. Come segnalato anche dal cardinale Parolin, l’alto numero di vittime civili innocenti a Gaza va invece in direzione opposta e richiede una presa di distanza e condanna netta. Anche in Libano si rischia una pericolosa escalation non solo per quell’area ma per tutto il bacino mediorientale, i cui effetti sarebbero potenzialmente devastanti. Serve un cessate il fuoco immediato e una missione diplomatica di pace sotto l’egida Onu, accanto al riconoscimento dello Stato di Palestina. Il Governo Meloni non sta facendo nulla di concreto al riguardo e ha sbagliato ad astenersi anche sull’ultima risoluzione Onu.

Elly Schlein insiste sull’unità ma cosa differenzia questa sottolineatura dall’annoso e ripetitivo dibattito sul “campo largo”? Non c’è il rischio di un’ammucchiata respingente?
Sono convinto che non funzionano le alleanze costruite artificiosamente solo per battere gli avversari senza condividere un’idea di Paese e un progetto di governo che è la condizione per essere attrattivi agli occhi degli elettori. In questa prospettiva, però, non possiamo accettare veti pregiudiziali o diktat. Concentriamoci meno sui veti e più sui voti per battere la destra. In molte realtà già governiamo insieme con schieramenti ampi ed inclusivi. Certo, la sfida per il governo nazionale è più complessa e ci sono temi seri come la politica estera su cui le distanze sono ancora oggi rilevanti. Il PD ha però un ruolo decisivo e deve mettere responsabilmente, con pazienza, attorno allo stesso tavolo tutte le forze intenzionate a costruire l’alternativa per smussare le distanze e consolidare ciò su cui siamo già in sintonia. Su sanità e scuola pubbliche, su lavoro e diritti, sulla difesa dell’unità nazionale, così come sull’opposizione al Premierato o a misure illiberali come il Decreto “Insicurezza”, stiamo già facendo battaglie comuni in Parlamento e nel Paese.

Non crede che il referendum sull’autonomia differenziata potrebbe trasformarsi in un boomerang per le opposizioni?
Non credo onestamente. Anzi, mi sembra che la grande mobilitazione registrata finora rappresenti un segnale chiaro per il governo che non va sottovalutata. I cittadini hanno compreso il pericolo legato all’attuazione di questa riforma spacca Italia e si sono attivati. Del resto, in seguito al successo delle mobilitazioni referendarie, qualche esponente della destra addirittura sta pensando a come depotenziare questo strumento: trovo sconcertante la proposta della Lega di cancellare la possibilità di raccogliere le firme online per i referendum. Siamo al grottesco: i populisti sedicenti patrioti che hanno paura delle decisioni del popolo. Si domandassero perché in tanti si sono espressi contro questa legge o chiedono di modificare la normativa sulla cittadinanza, invece di fare proposte volte a ridurre gli spazi democratici e partecipativi. Credo che la riforma sarà un boomerang per la destra, come dimostrano le tensioni nella maggioranza delle ultime ore. Non potrebbe essere diversamente. Con l’autonomia leghista mancheranno risorse per i servizi essenziali al Sud, si aggraveranno le disuguaglianze e si renderà meno competitivo il Paese. È la ragione per la quale sono contrari tutti, dalla CEI a Confindustria, dai pediatri ai sindacati.

Il referendum sulla cittadinanza ha superato le 500mila firme. Cosa accadrà in Parlamento?
Come Partito Democratico ci batteremo con la nostra proposta in Parlamento per riconoscere la cittadinanza a chi nasce da un genitore che risiede in Italia da almeno un anno e a chi completa un ciclo di studi di 5 anni nel nostro Paese. Siamo aperti al confronto per fare passi avanti rispetto alla normativa attuale, ingiusta e antistorica. Vedremo se le dichiarazioni di Forza Italia sono serie oppure solo una boutade estiva. Nel frattempo, abbiamo sottoscritto con convinzione il referendum perché se a causa della destra si fallisse in Parlamento, dovremmo provare comunque a cambiare l’attuale normativa dando una risposta ad un tema su cui i cittadini sono molto più avanti della politica. Non riconoscere la cittadinanza italiana alle condizioni minime che abbiamo indicato vuol dire continuare a negare diritti a centinaia di migliaia di bambini che vivono nel nostro Paese e che non possono essere discriminati in ragione di posizioni ideologiche fuori dal tempo.

Il 2024 è un anno elettorale e a novembre si voterà in Emilia-Romagna, Liguria e Umbria. Divisi si perde e i 5Stelle sono lacerati dal dibattito interno…
Le elezioni europee hanno dato un risultato importante al PD, prima forza d’opposizione e primo partito al Sud. Segno che la linea sostenuta anche rispetto all’Europa, così come le candidature messe in campo e il pluralismo assicurato nel partito, sono state apprezzate dagli elettori. Le regionali sono elezioni differenti, tuttavia, abbiamo ottimi candidati che stanno lavorando a coalizioni competitive con programmi seri. Ho rispetto del dibattito interno che sta facendo il M5S con il quale, ricordo, abbiamo già governato e che da tempo ha scelto il campo progressista.
Mi preoccupa la frattura che si è consumata in Liguria, dove è forte l’esigenza di voltare pagina rispetto ad un’esperienza amministrativa fallimentare. Le coalizioni non possono vivere di diktat o tatticismi esasperati. A questo punto è urgente capire se tutte le forze di opposizione avvertano la responsabilità e l’ambizione di costruire l’alternativa alla destra. Sarebbe grave il contrario anche perché il nostro elettorato chiede unità e alla vigilia di una legge di bilancio che colpirà ancora una volta le fasce più deboli, occorrerebbe impegnarsi per contrastare la destra e non per mettere in difficoltà il proprio campo. Peraltro, sono convinto che per fare una proposta che parli a tutto il Paese serva dialogare e rappresentare tutta la società, incluse le sensibilità moderate e liberali, il mondo cattolico, le partite Iva, i professionisti e gli imprenditori.

Il decreto sulla sicurezza rappresenta un pericolo democratico?
In questo disegno di legge non c’è nulla sulla sicurezza, solo aumento di reati, pene e norme liberticide. Propaganda utile a distrarre l’opinione pubblica dai fallimenti del governo e per nascondere sotto la sabbia i dati sull’aumento dell’insicurezza urbana. Alcune misure sono anche pericolose: dalla previsione del carcere per chi protesta pacificamente fino alla norma disumana che costringe i bambini a nascere o entrare in cella con le madri. Senza considerare misure ideologiche come quelle contro la canapa, che provocano ingenti perdite economiche per tantissime aziende. Peraltro, aumentare solo reati o pene, senza mettere un euro per rafforzare l’organico o migliorare le condizioni di lavoro delle forze di polizia, tagliando le risorse del PNRR per la riqualificazione delle periferie, cancellando investimenti in scuole e reti sociali, rappresenta una mera operazione demagogica, pubblicità ingannevole ai danni dei cittadini.

Due anni di governo delle destre. Che bilancio trarre?
Dopo anni di annunci roboanti è franato il castello di sabbia delle promesse fatte, la premier ha dovuto fare i conti con la realtà. A partire dal rapporto con Bruxelles dove il governo ha definito un accordo al ribasso sul patto di stabilità, non ha raggiunto risultati sulle politiche migratorie, stringendo solo un accordo costoso, inutile e disumano con l’Albania, ha tradito gli impegni millantati ai balneari sulle concessioni, cui aveva venduto la Fontana di Trevi. Stanno fallendo sul PNRR con ritardi, rinvii e rimodulazioni: ad oggi, rispetto alle risorse ricevute, mancano da spendere 140 mld. Sono stati eliminati dal Piano 100.000 posti in asili nido e 500 case ed ospedali di comunità. E siamo in ritardo sul cronoprogramma originario, come confermato dalla Corte dei Conti europea. Tra l’altro la premier non ha ancora chiarito chi si occuperà del PNRR qualora Fitto dovesse essere confermato Commissario europeo. Hanno colpito le persone fragili, cancellando il reddito di cittadinanza senza prevedere un’alternativa. Mettono in discussione l’assegno unico, attaccando le famiglie. Stanno facendo cassa sui pensionati ed hanno ridotto la flessibilità in uscita soprattutto per le donne e gli occupati in lavori usuranti. Stanno scaricando sui cittadini i costi dei servizi pubblici che non sono in grado di garantire. Non hanno un progetto di sviluppo industriale e la crescita è tornata sotto la media europea, con il record di lavoratori dipendenti sotto la soglia di povertà, e il potere di acquisto delle famiglie crollato. Insomma, un bilancio “nero”. Il centrosinistra ha il dovere politico e direi civile di costruire l’alternativa.

1 Ottobre 2024

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