Il caso dell'avvocata
Il Csm valuta sulla sospensione di Rosanna Natoli, la consigliera laica in quota FdI
Da membro della commissione disciplinare aveva ricevuto una magistrata sottoposta a giudizio, perciò l’avvocata di Paternò (laica in quota Fdi) era finita nella bufera. Per sospenderla servono i due terzi, MI ago della bilancia
Giustizia - di Paolo Comi
Nei confronti del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di rilevanza costituzionale a cui è affidato l’autogoverno dei circa diecimila magistrati italiani, deve esserci qualche sortilegio nefasto. Dopo gli scandali che ne hanno caratterizzato la scorsa consiliatura, con ben sei componenti togati costretti alle dimissioni in quanto accusati di aver tenuto un comportamento gravemente scorretto verso dei colleghi che aspiravano ad un incarico direttivo, una nuova tegola è pronta ad abbattersi sull’ex Palazzo dei Marescialli. Non è stato sufficiente, infatti, cambiarne nei mesi scorsi il nome in Palazzo Bachelet, in onore dell’allora vice presidente ucciso dalle Br nel gennaio del 1980, per porre fine agli scandali che caratterizzano da anni l’attività del Csm.
Questa mattina, alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella che del Csm ne è il presidente, verrà dunque votata la sospensione di Rosanna Natoli, consigliera laica in quota Fratelli d’Italia. Natoli, avvocata di Paternò e sponsorizzata dal presidente del Senato Ignazio La Russa con il quale, oltre a condividerne i natali, è legata per il comune impegno politico fin dai tempi di Alleanza nazionale, si trova nell’occhio del ciclone per aver ricevuto lo scorso anno una giudice catanese, Maria Fascetto Sivillo, già sottoposta a procedimento disciplinare.
L’avvocata di Paternò, componente della sezione disciplinare che aveva poi sanzionato la magistrata, si era lasciata andare a commenti su quanto accaduto, dando anche dei suggerimenti per affrontare gli ulteriori inciampi disciplinari. Un comportamento decisamente improvvido, sicuramente dovuto a mancanza d’esperienza, un dato che accomuna molti dei dirigenti di Fratelli d’Italia, ma che poteva chiudersi con la rinuncia da parte di Natoli, poi avvenuta, a far parte ancora della disciplinare. Anche perché nel momento in cui era avvenuto l’incontro con Fascetto Sivillo, Natoli non era già più il suo giudice disciplinare essendosi esaurito il procedimento con la condanna e la sospensione cautelare. Ma tant’è.
La vicenda era diventata di pubblico dominio in quanto Fascetto Sivillo aveva pensato bene di registrare di nascosto quell’incontro e di dare poi la bobina all’avvocato Carlo Taormina che aveva provveduto a depositarla al Csm. Invece di stigmatizzare il comportamento incommentabile della magistrata siciliana che aveva registrato di nascosto un componente del Csm che aveva chiesto ella stessa di incontrare, a finire nel mirino era stata proprio Natoli, ritenuta indegna di far ancora parte del Plenum. Per la sospensione di un consigliere sono necessari i due terzi dei componenti del Csm. L’ago della bilancia lo faranno le toghe di Magistratura indipendente, la corrente sulla carta di destra e che teoricamente non dovrebbero votarne la sospensione. Ma mai come in questo caso il condizionale è d’obbligo in quanto bisogna fare i conti con le ben note dinamiche correntiste. Lo scalpo di Natoli potrebbe essere propedeutico per futuri incarichi e nomine, anche in vista del rinnovo dei vertici dell’Associazione nazionale magistrati.
Su questo le toghe non hanno nulla da imparare dalla politica. E’ sufficiente tornare alla scorsa consiliatura dove un magistrato, per la sua storia certamente non di sinistra come Piercamillo Davigo, decise di votare le nomine con l’ala più dura della sinistra giudiziaria, dando vita ad una sorta di alleanza rossobruna. Oltre all’affaire Natoli, oggi comunque è prevista anche la riunione dell’ufficio di presidenza della Commissione parlamentare antimafia. Sul tavolo ci sono le posizioni del tenente della guardia di finanza Pasquale Striano e dell’ex pm della Dna Antonio Laudati. Forza Italia ha chiesto che siano ascoltati dalla Commissione sulla vicenda dei “dossieraggi” contro politici, vip e personaggi famosi.
La presidente Chiara Colosimo, meloniana di stretta osservanza, in questi mesi ha ascoltato molti dei protagonisti dell’inchiesta di Perugia, come il procuratore Raffaele Cantone, titolare del fascicolo per rivelazione del segreto ed accesso abusivo alle banche dati, o il capo della Procura nazionale antimafia Giovanni Melillo, l’ufficio dove prestavano servizio sia Striano che Laudati.
Costoro invece non sono mai stati ascoltati per garbo istituzionale nei confronti di Cantone che stava indagando. Una loro audizione avrebbe potuto interferire con le indagini. Ad oggi, va ricordato, non è ancora chiaro che fine facessero le migliaia di accessi alle banche dati dell’Antimafia.