Le presidenziali messicane
“Ecco chi è Claudia Sheinbaum, la nuova presidente di sinistra del Messico”, intervista a Fabrizio Cossalter
«Il mentore del nuovo presidente è Obrador, colui il quale si è affermato con la lotta alle diseguaglianze che però è rimasta un miraggio dietro cui c’era solo clientelismo»
Interviste - di Filippo La Porta
Per avere un commento a caldo sulle lezioni messicane ho dialogato con Fabrizio Cossalter, che vive e lavora in Messico (come docente universitario) da 15 anni, collaborando a riviste e quotidiani. Ha pubblicato per Inscibolleth (2022) Frammenti dell’età di mezzo.
Senta Cossalter, prima del suo commento sulle elezioni una premessa importante. Come mai secondo lei Andrés Manuel López Obrador (Amlo), presidente del Messico dal 2018, viene considerato “di sinistra” nel nostro paese? Solo perché lui
Anzitutto: le ragioni di coloro che votarono per Amlo nel 2018 sono legittime, oltre che facilmente comprensibili, e scaturiscono dai lunghi, lunghissimi decenni di colpevole negligenza dei vari governi, incapaci di mitigare le disuguaglianze sociali e gli squilibri economici che contraddistinguono la società messicana, condannando alla povertà e alla marginalità grosso modo la metà della popolazione. Molti degli attuali oppositori di Amlo hanno appoggiato con convinzione il suo progetto di trasformazione del paese, forse perché ingannati dall’abile “moderazione inclusiva” con cui questi ha condotto la propria campagna elettorale. Ma si trattava di un miraggio, destinato a svanire in pochi mesi e a lasciare il posto alla logica amico-nemico, alla tattica dell’attacco personale e alla strategia della polarizzazione permanente. I contributi, le pensioni e gli assegni dei suoi programmi sociali (non poi così differenti, quantitativamente, da quelli dei governi precedenti) vengono erogati in maniera diretta e capillare sul conto corrente di ciascun benefi ciario, il quale può essere agevolmente “persuaso” a partecipare alle manifestazioni a favore del governo e a riaffermare la propria fedeltà elettorale, se vuole continuare a ricevere le briciole della spesa pubblica. Tutto questo a caro prezzo: per fi nanziare la costruzione delle proprie clientele, Amlo ha smantellato molteplici strutture essenziali dello Stato sociale. D’altro canto, la classe media rappresenta il grande spauracchio e il grande bersaglio – colpito quasi quotidianamente durante la conferenza stampa mattutina di tre ore – di Amlo, dato che è composta unicamente da “conservatori” e da “aspiracionistas”, vale a dire, da persone che aspirano a migliorare le proprie condizioni di vita, in ciò confl iggendo con le severe regole morali del presidente pauperistico.
Insomma, Amlo rientra nella famiglia dei patriarchi di Garcia Marquez, stigmatizzati ad esempio da Vargas Llosa?
Credo proprio di sì. La sua perizia retorica (la sua capacità di parlare al basso ventre delle classi popolari) è innegabile, ma è un patriarca davvero piccino, un misoneista prigioniero del Messico più provinciale del secolo scorso, della povertà di idee e di proposte del Partito Rivoluzionario Istituzionale da cui proviene e il cui regime vorrebbe restaurare da par suo. Secondo il grande antropologo Roger Bartra, Amlo vorrebbe tornare a un’età dell’oro che esiste solo nella sua immaginazione…
E ora andiamo alle elezioni attuali. È stato davvero un referendum su Obrador, pur in sua assenza?
Direi di sì. La società messicana ha affrontato la giornata elettorale forse più importante della propria storia, dato che ha dovuto decidere la presidenza della repubblica, la composizione di ambedue le camere e i governi di nove stati (tra cui quello, fondamentale, di Città del Messico), con i corrispondenti parlamenti locali. Queste elezioni sono anzitutto un referendum sul grande assente malgré lui, Andrés Manuel López Obrador detto Amlo, sin troppo presente grazie alle maratone televisive mattutine e assolutamente riluttante ad abbandonare le luci della ribalta. Consumato uomo di spettacolo e genuino populista, Amlo disprezza l’arte del buon governo e, come il suo sodale Donald Trump, preferisce inveire contro i nemici veri o presunti, attizzando gli odi e le incomprensioni che hanno spaccato in due questo paese (le sue ubbie sono tali che ha fatto inondare, in seguito a mai provate accuse di malversazione, il cantiere del nuovo aeroporto di Città del Messico, progettato da Norman Foster, e che sta disboscando la giungla dello Yucatan per costruirvi una ferrovia…).
Ho letto di alcune violenze durante la chiusura dei seggi… Fatti del genere, confesso, mi fanno apprezzare ancora di più la democrazia, benché imperfetta, delle società europee.
Purtroppo sì. La chiusura dei seggi, alle sei del pomeriggio, ha comportato il consueto bilancio di violenze e di abusi, seppur relativamente limitati: i 222 seggi non installati per ragioni di sicurezza (a fronte degli 11 del 2006, dei 2 del 2012 e dei 10 del 2018); le urne bruciate o rubate da parte di individui armati o di gruppuscoli di facinorosi (non a Città del Messico); le intimidazioni agli elettori e la compravendita in extremis del voto. Il tocco surrealista, tipicamente messicano, ci è stato offerto, invece, dai militanti del partito di governo, i quali a Tijuana hanno continuato a fare campagna elettorale in favore di una candidata morta per cause naturali il 23 maggio.
Ma davvero la elezione di una donna- Claudia Sheinbaum, – non è anche un atto di rottura, o comunque di profonda innovazione, specie in una società patriarcale come quella messicana?
Sì, lei ha stravinto, le elezioni presidenziali. I risultati defi nitivi di Camera e Senato, dopo lo spoglio, non sono molto diversi. “Morena”, il “Movimento di Rigenerazione Nazionale”, avrà pertanto una maggioranza assoluta e inquietante, dimodoché potrà proseguire l’opera nazional-popolare e pauperista di Amlo, il “Messia tropicale” (Enrique Krauze) che lo ha ispirato e fondato. Mi sto riferendo a un capo dello Stato capace di rendere pubblici i dati sensibili (dichiarazioni dei redditi, proprietà, indirizzi e numeri telefonici) dei giornalisti che hanno osato esibire i suoi panni sporchi e di menzionare centinaia di volte, con un livore inesplicabile, la rivista su cui scrivo, Letras Libres, poiché i suoi collaboratori sono soliti criticare l’attuale regime populista. Ma per rispondere alla sua domanda: a mio avviso bisognerebbe smentire i titoli trionfali dei quotidiani e delle riviste internazionali, che hanno celebrato la prossima “Presidenta de México”. In Messico il femminismo è chiaramente al ribasso, mentre le morti per cancro al seno sono al rialzo (per i tagli draconiani alla sanità pubblica) e i femminicidi crescono ora dopo ora, con una media di dieci al giorno.
Potrebbe essere che si risvegli il cuore verde della Sheinbaum, fervente ambientalista?
Ho un unico dubbio. Claudia Sheinbaum, la dottoressa di ricerca in Ingegneria energetica, apparente ambientalista, prenderà ancora lezioni dal suo mentore, il maggior difensore latino-americano degli idrocarburi (un mediocre studente di Scienze politiche che ci mise 14 anni a laurearsi)? Oppure avrà il coraggio di uscire dall’ombra entro cui è vissuta negli ultimi decenni? Ne sposerà le tesi o smetterà di costruire nuove raffi nerie e di distruggere le mangrovie? Il futuro del mondo, ahinoi, passa anche attraverso queste domande…