Il regista a Cannes

Parthenope di Paolo Sorrentino, Napoli e la giovinezza che bellezza

Se “È stata la mano di Dio” era un racconto di formazione al maschile, stavolta il regista declina il rapporto di amore e odio con la città al femminile. Grande cast, grande sceneggiatura, aria di nuovo Oscar?

Cinema - di Chiara Nicoletti - 22 Maggio 2024

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Parthenope di Paolo Sorrentino, Napoli e la giovinezza che bellezza

È stata la notte ed oggi è il giorno di Paolo Sorrentino al 77esimo Festival di Cannes dove il regista napoletano porta in concorso, come unico italiano, Parthenope.

Dopo È stata la mano di Dio, Sorrentino torna con la macchina da presa nella sua Napoli per raccontarla in tutti i suoi aspetti, “una città indefinibile che ammalia, incanta, urla, ride e poi sa farti male”.

Per descrivere il film non si possono non usare le parole del suo regista: “Il lungo viaggio della vita di Parthenope, dal 1950, quando nasce, fino a oggi. Un’epica del femminile senza eroismi, ma abitata dalla passione inesorabile per la libertà, per Napoli e gli imprevedibili volti dell’amore. I veri, gli inutili e quelli indicibili, che ti condannano al dolore. E poi ti fanno ricominciare. La perfetta estate di Capri, da ragazzi, avvolta nella spensieratezza. E l’agguato della fine. Le giovinezze hanno questo in comune: la brevità”.

Incontriamo regista e cast quasi al completo (assente Silvio Orlando) composto da Celeste Della Porta, Stefania Sandrelli, Isabella Ferrari, Gary Oldman, Luisa Ranieri, Daniele Rienzo, Beppe Lanzetta e Dario Aita su di una terrazza del Palais de Festival avvolta dallo stesso vento fortissimo, che fonti certe dicono ci sia a Napoli mentre si parla di Parthenope.

Far iniziare il viaggio negli anni 50 non è una scelta casuale ma ha una sola spiegazione molto concreta: “Stefania ha 73 anni nel 2023 e quindi andando a ritroso mi sono ritrovato a far nascere Parthenope nel 1950”.

Doveva essere dunque Stefania Sandrelli ad impersonare Parthenope nell’ultima fase di vita, nel ritorno a Napoli. Come ha però trovato Celeste Della Porta e perché le due attrici potevano rappresentare la stessa persona?

Risponde Sorrentino: “Premettendo che uno cerca la migliore interprete possibile per il personaggio che ha in mente, Celeste aveva tutte le caratteristiche e le tecniche che mi servivano: sa recitare, ha una straordinaria attitudine con gli accenti, l’abbiamo testata con napoletani molti puntigliosi che ci sono cascati. Ha una grande capacità di passare nelle età e quindi di fare la 18enne o la 35enne senza ricorrere ad artifici laboriosi e poi possiede una sorta di dolore imperscrutabile che è lo stesso che aveva Stefania in Io la conoscevo bene, quel dolore che nel momento in cui stai godendo e gioendo della tua giovinezza, ne intravedi già la fine”.

Celeste Della Porta, milanese, 26enne, ballerina e attrice diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia, prende a quel punto la parola per confermare o smentire quanto detto dal suo regista: “Credo che la malinconia sia una caratteristica portante di Parthenope ma non so se il dolore è accompagnato dal sentire lo scorrere del tempo e intravedere già una fine. Forse alzo le mani perché so che la felicità sarà comunque interrotta da qualcosa di brutto”.

Un film su Napoli, fatto da un regista napoletano, che va a sviscerare l’indecifrabilità della città, quanto può arrivare al pubblico oltre quel luogo, oltre l’Italia?

Uno spettatore privilegiato dentro e fuori la storia è uno degli interpreti internazionali del film, l’attore britannico Gary Oldman nel ruolo dello scrittore tormentato John Cheever, un incontro fondamentale nel percorso di vita della giovane Parthenope, ancora poco conscia dell’età spensierata che sta vivendo: “Credo che siano sempre riconoscibili, a livello universale, le persone e i personaggi dei film di Paolo. Sono sempre molto belli, a volte di aspetto, a volte più grotteschi e hanno tutti i difetti che ciascun essere umano ha e riconoscibili dal mondo intero. Non possiamo non commuoverci di fronte a questi personaggi ed ai sentimenti che manifestano: l’amore, la solitudine, la sofferenza, l’ambizione della sofferenza, il sogno”.

Parthenope e Napoli si incontrano, si fondono l’una con l’altra, sono “due misteri che si sovrappongono” afferma Sorrentino che poi conferma: “Parthenope rappresenta Napoli nel senso che entrambe sono un mistero, indefinibili, soprattutto quando lei è giovane e va in scena. Napoli è una città che va in scena costantemente. Questa cosa non dura per tutto il film perché Parthenope diventa grande ed è come se si stancasse di perpetrare questa rappresentazione infinita di sé. Lascia la città che invece continua nella sua eterna recita, e quando ritorna, 40 anni dopo, la città è ancora nel pieno della recita, anzi, la intercetta nella sua recita somma, quando la ritrova nei suoi festeggiamenti per lo scudetto”.

Parthenope è piena di abbracci inaspettati e a dar voce all’apice della giovinezza e della spensieratezza ce n’è uno a tre tra la protagonista, il suo primo amore e il fratello sulle note di Era già tutto previsto di Riccardo Cocciante.

Colpisce e affonda il colpo nello stesso posto della mente in cui avevamo accolto È stata la mano di Dio. La distanza da Napoli fa bene a Sorrentino che contempla gioie e dolori della sua città e affronta tanti temi: “Il film tra le varie cose voleva essere un excursus sui rapporti amorosi di una donna: c’è questo amore proibito e tabù con il fratello, c’è il primo amore che non si scorda mai, c’è un amore paterno per Silvio Orlando, il professore, c’è un amore mancato per il boss criminale e c’è un altro amore mancato che è quello per John Cheever. Infine c’è un amore per due insegnanti interpretate da Isabella e Luisa , che più di tutte hanno da dire delle cose veramente importanti sulla bellezza e sulla solitudine e cosa vuol dire vivere con questa cosa informe e deleteria che è il successo”.

Se il legame di Parthenope con il film precedente è più chiaro, quasi fosse continuazione, c’è chi vede similitudini tra il Jep Gambardella de La grande Bellezza e l’illusa e poi disillusa antropologa Parthenope.

Smentisce Sorrentino che spiega la relazione tra questi suoi due personaggi: “Sono rovesciati i due film, La grande bellezza è la storia di uno sguardo disincantato sul mondo, mentre questo è lo sguardo di una persona incantata dal mondo, sono diametralmente opposte. Hanno in comune la struttura narrativa di un personaggio che fa da Caronte in un mondo. Ce l’aveva Jep Gambardella e ce l’ha Parthenope”.

Con la parentesi veneziana del 2021, erano nove anni, da Youth che Sorrentino non veniva a Cannes in concorso, in un Festival che gli ha dato il benvenuto nel mondo del cinema mondiale vent’anni fa con Le conseguenze dell’amore.

“Sono molto emozionato, come la prima volta – confessa – non venivo da tanti anni ed è un po’ il luogo dove sono esploso e senza Cannes non avrei fatto tutti i film che ho fatto”. Parthenope in Italia lo vedremo in autunno, distribuito da una nuova realtà distributiva appena nata, la Piperfilm.

Il film intanto è stato acquistato in tantissimi paesi e negli Stati Uniti uscirà con A24, la casa di produzione e distribuzione indipendente dietro film da Oscar come Everything Everywhere All at Once e i recenti La zona di interesse, Past Lives, After Sun e Civil War: “Sono felicissimo che abbiano preso il film per gli Stati Uniti – dichiara Sorrentino – sono diventati garanzia di un certo tipo di cinema che poi è il cinema che mi piace e per il quale siamo tutti quanti qui e sono felicissimo”.

Nelle prossime ore capiremo quanto il pubblico internazionale sia riuscito a entrare in contatto con le mille sfumature di universalità di un racconto tanto legato a Napoli quanto astratto e dedicato a tutte le gioventù del mondo, passate, vissute, mancate.

Intanto con una base americana così forte, Parthenope potrebbe già puntare ai prossimi Oscar. Che si possa ripetere il miracolo de La Grande Bellezza? Teniamo alto il tifo.

22 Maggio 2024

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