19 arresti

Mafia turca, arrestato nell’operazione in Italia Baris Boyun: l’attentato sventato, il “nuovo” Pkk curdo

Il blitz a Viterbo. La maxi operazione tra Italia, Svizzera, Germania e Turchia. Boyun per la Turchia è a capo di un’organizzazione criminale

Cronaca - di Redazione Web - 22 Maggio 2024

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FOTO DA X
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Arrestate 19 persone nel corso di un’operazione tra Italia, Svizzera, Germania e Turchia. Colpo a quella che viene descritta come un’associazione per delinquere guidata da Baris Boyun, 40 anni, presunto boss della mafia turca, uno dei ricercati “most wanted” per Ankara. Le misure cautelari sono state emesse dal gip del Tribunale di Milano Roberto Crepaldi su richiesta dell’ufficio della Procura della Repubblica di Milano – Sezione Distrettuale Antiterrorismo – che ha delegato per l’esecuzione la Polizia di Stato e la Guardia di Finanza.

Le accuse, a vario titolo: associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità, banda armata diretta a costituire un’associazione con finalità terroristiche ed a commettere attentati terroristici, detenzione e porto illegale di armi “micidiali” e di esplosivi, traffico internazionale di stupefacenti, omicidio e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Le indagini sono state svolte sul territorio grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali, operazioni di osservazione e pedinamento. Si sono servite di scambi informativi tramite INTERPOL, tra la Polizia di Stato e la polizia turca del KOM.

Chi è il boss turco Boyun

Boyun è stato portato intorno alle 5:30 presumibilmente a Milano, dopo una task force congiunta di forze dell’ordine italiane e Interpol che ha fatto irruzione in un appartamento in via Cardinal G. Francesco di Gambara nella frazione viterbese di Bagnaia, dove sembra stesse da tempo ai domiciliari. Secondo le indagini le attività del cartello andavano dall’organizzazione dell’ingresso dei migranti attraverso la rotta balcanica al contrabbando di sigarette e farmaci, dall’ordine di un omicidio di un concittadino avvenuto il 10 marzo scorso all’obbligo per gli affiliati di commettere reati anche terroristici in Europa, in particolare a Berlino. Boyun è stato considerato anche la mente di un attentato sventato in Turchia grazie alla collaborazione con la polizia italiana.

Era stato arrestato nell’agosto del 2022 a Rimini, dopo un mandato di cattura internazionale spiccato dalla Turchia per omicidio, minacce, lesioni, associazione a delinquere e violazione sulla legge sul possesso di armi. Era stato scarcerato nel marzo del 2023. Aveva rigettato le accuse sostenendo di essere un perseguitato politico di origini curde e aveva detto di aver chiesto la protezione internazionale in Italia. Il suo caso era stato al centro di una diatriba tra lo Stato italiano e quello turco che aveva chiesto l’estradizione, rigettata dal tribunale di Bologna e dalla Corte di Cassazione – per via dell’assenza di garanzie e per le condizioni degradanti delle carceri in Turchia. Anche recentemente il presidente turco Recep Tayyp Erdogan aveva chiesto alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, durante il viaggio istituzionale della premier italiana in Turchia, l’estradizione di Boyun. Oltre l’aspetto prettamente criminale, è anche quello politico a caratterizzare l’inchiesta.

La guerra terroristica e politica di Boyun

Da un’intercettazione dello scorso 16 gennaio emergeva come Boyun avrebbe avuto contatti con la gerarchia superiore del PKK, il partito dei lavoratori del Kurdistan, considerato un’organizzazione terroristica da parte di Ankara, per le sue mire secessioniste e autonomiste, e accusato di diversi attentati terroristici. Anche gli Stati Uniti e l’Unione Europea considerano il partito come un’organizzazione terroristica. “Non accettiamo un’organizzazione così – si sentiva da quella conversazione – fonderemo una nuova organizzazione iniziando una nuova rivoluzione”. Secondo le accuse continuava dall’Italia “insieme ai suoi uomini, una guerra per conquistare la supremazia su altri gruppi criminali che hanno infestato, a suo giudizio, lo Stato turco, lotta che evidentemente non coinvolge solo l’aspetto criminale ma anche quello istituzionale, accusato di fiancheggiare e favorire altre organizzazioni”.

 

La rete criminale assumeva secondo l’ordinanza una “natura propriamente terroristica” in quanto gli “attentati, gli omicidi, le gambizzazioni sono certamente funzionali a imporsi rispetto agli altri gruppi criminali ma anche a spezzare il legame esistente, sempre nell’ottica di Boyun, tra queste e lo Stato, orientando i comportamenti delle istituzioni e sostituendosi, evidentemente, a quei legami”. Secondo il giudice “la destabilizzazione passa” anche “dall’imporre il terrore nella popolazione”.

L’attentato terroristico sventato in Turchia

Sempre dall’ordinanza si evince come grazie all’allarme degli investigatori italiani la polizia turca sia riuscita a sventare un attentato terroristico a una fabbrica di infissi in Turchia. Boyun stava programmando tutto mentre era ai domiciliari a Crotone: preparativi ricostruiti dall’“incessante numero di telefonate” dell’arrestato attraverso le quali si sarebbe seguita la “costituzione del gruppo di fuoco” oltre ai “sopralluoghi alla fabbrica attraverso il drone” fino all’ipotesi della “bomba umana”. Un kamikaze. L’obiettivo dell’attentato sarebbe stato al Burhanettin Saral, considerato a capo di un gruppo criminale rivale e da Boyun una sorta di braccio del potere statale.

L’indagine era scattata nell’ottobre 2023 dopo l’arresto di tre presunti componenti della rete criminale, trovati in possesso di due pistole, di cui una clandestina, munizioni e materiali di propaganda, mentre provavano a raggiungere la Svizzera. Secondo le indagini facevano da scorta a Boyun, che intanto li aveva preceduti su un’altra macchina con la compagna. Stando alle indagini degli investigatori della Squadra Mobile di Como, della sezione investigativa di Milano e dello Sco di Roma, guidati dalla Procura, Boyun anche dagli arresti domiciliari a Crotone, con braccialetto elettronico, continuava a guidare l’organizzazione attiva in tutta Europa. Ci era finito dopo esser stato sorpreso ad armeggiare con una pistola. Era stato incarcerato a San Vittore e quindi destinato ai domiciliari. Ogni stanza venne microfonata, una microspia venne piazzata nel braccialetto elettronico.

L’operazione tra Italia, Svizzera, Germania e Turchia

Degli arrestati soltanto una persona è italiana, considerata però elemento di spicco visti i compiti svolti all’interno dell’organizzazione. L’operazione, tuttora in corso, sta coinvolgendo centinaia di poliziotti tra la Svizzera e l’Italia tra cui personale della Squadra Mobile di Como, del Servizio Centrale Operativo di Roma, della Sezione Investigativa S.C.O. di Milano e di Brescia, delle Squadre Mobili di Catania, Crotone, Verona, Viterbo, delle Unità Operative di Primo Intervento (U.O.P.I.), del Reparto Prevenzione Crimine “Lazio” e “Lombardia”, della la Guardia di Finanza di Milano e Roma, delle unità cinofile di Roma, il l° reparto Volo di Roma e della Polizia Scientifica delle città interessate.

 

22 Maggio 2024

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