La svolta

Chico Forti è stato scarcerato, presto il ritorno in Italia: “Per me ora comincia la rinascita”

Al momento è trattenuto dall'Agenzia statunitense per l'immigrazione, in attesa del rientro a casa. Le sue prime parole e quelle dello zio Gianni Forti

Giustizia - di Redazione Web

16 Maggio 2024 alle 20:04 - Ultimo agg. 16 Maggio 2024 alle 20:09

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Chico Forti è stato scarcerato: presto il ritorno in Italia

Chico Forti non è più detenuto in carcere a Miami ma trattenuto dall’Agenzia statunitense per l’immigrazione, in attesa del trasferimento in Italia. Potrebbero bastare due o tre settimane, secondo una fonte vicina al 65enne trentino, condannato all’ergastolo in Florida per l’omicidio di Dale Pike, avvenuto il 15 febbraio del 1998. Fonti che seguono il dossier da vicino sono invece più caute, sottolineando che è di 4-5 mesi la media di attesa per la consegna dopo la sentenza italiana di riconoscimento di quella straniera, conversione decisa nelle scorse settimane dalla corte d’Appello di Trento.

Chico Forti è stato scarcerato

Chico è uscito dal carcere statale ed è stato trasferito in una struttura federale, in attesa della procedura prevista dalla Convenzione di Strasburgo. Da parte nostra c’è la grande speranza che i tempi siano brevi“. Lo ha detto all’Ansa Gianni Forti, zio di Chico Forti. “Per me ora comincia la rinascita“, queste le parole riferite da Chico Forti poco prima del suo trasferimento. Vittima di un’ingiustizia o assassino? Sulla vicenda di EnricoChicoForti, anche negli Usa restano innocentisti e colpevolisti. Ron DeSantis, governatore della Florida, Stato dove venne commesso il delitto e dove era detenuto Forti, ha autorizzato in marzo il trasferimento in Italia a patto che l’uomo sconti l’ergastolo in carcere.

Chico Forti pronto a tornare in Italia

L’accordo fu preso “nell’interesse nazionale a beneficio del rapporto tra Stati Uniti e Italia“. Anche l’ex segretario di Stato Mike Pompeo si disse a favore. Ma a patto che la condanna venga scontata. Perchè in Usa continuano a essere convinti che non ci sia stato un errore giudiziario. La stessa polizia di Miami era contraria all’estradizione. Nel giugno 2000 Forti, un producer televisivo ed ex campione di windsurf, venne condannato all’ergastolo per l’omicidio, avvenuto nel 1998, di Dale Pike, un australiano partito da Ibiza per andare a Miami, incontrare Forti e parlare di affari. Negli Stati Uniti pochi americani avevano sentito il suo nome, fino a quando nel 2019 era stato trasmesso dalla Cbs un lungo reportage, nel programma “48 Hours“, dedicato al caso.

Chi è Chico Forti

Il servizio sposava decisamente la linea dell’errore giudiziario, ma era costruito solo sulla base delle testimonianze a favore dell’italiano. Nè gli investigatori, nè la corte che emise la sentenza, nè giornalisti locali che si occuparono del caso, sono stati sentiti, o hanno voluto parlare. Il fratello minore della vittima, Brad Pike, però, confessava la sua disillusione: “Non penso – diceva alla giornalista della Cbs Erin Moriartryche conosceremo mai la verità“. Ciò che è appurato è che qualcuno aveva sparato alla testa di Dale Pike due volte con una calibro 22 e aveva lasciato il corpo, nudo, su un tratto isolato di spiaggia a Virginia Key, pochi minuti da Key Biscane.

Perché Chico Forti è stato condannato negli Usa

Secondo gli americani, il killer o il mandante era stato Forti, per motivi di interesse, perché temeva saltasse un affare. Secondo gli italiani e chi in Usa difende l’italiano, il mandante sarebbe stato un truffatore tedesco, amico del padre della vittima. La storia della Cbs partiva dal luogo del ritrovamento del cadavere. “Quello – spiegava Sean Crowley, un ex capitano della polizia di New York – è un posto frequentato dai windsurfer“. Era il 16 febbraio del ’98, un lunedì, quando una persona trovò il corpo di Pike. “C’erano tracce di sangue – racconto’ l’ex poliziotto – che portavano all’interno, verso la vegetazione“.

Chico Forti si è sempre dichiarato innocente

Forti è stato probabilmente il più famoso dei circa duemila italiani detenuti nel mondo. Questo l’affare incriminato: il padre della vittima, Tony Pike, scomparso nel 2019, in un periodo in cui aveva problemi di salute e cognitivi legati al contagio dall’Aids, si era convinto a cedere all’italiano il Pikes Hotel di Ibiza, un albergo molto celebre, dove erano stati girati video musicali negli anni ’80, tra cui il “Club Tropicana” con gli Wham!. Il figlio era convinto che Forti avesse portato avanti un’operazione di raggiro. Nei giorni della firma per chiudere l’affare, il figlio di Pike, Dale, era andato a Miami per incontrare Forti. Secondo l’accusa, voleva annullare tutto. Secondo la difesa, non era intenzionato a mettersi in mezzo.

L’affare incriminato di Chico Forti

Il mistero comincia all’aeroporto di Miami. Forti doveva andare a prendere il suocero a Fort Lauderdale e temeva di fare tardi, ma aveva deciso lo stesso di andare a ricevere Dale per dargli un passaggio. I due erano entrati in auto insieme, ma a questo punto le storie divergono: secondo l’accusa, Forti lo portò  in spiaggia e lo fece uccidere. Secondo la difesa, i due si erano lasciati per strada e l’imprenditore era andato a prendere il suocero. La sera del 16 febbraio era stato ritrovato il corpo di Dale, completamente nudo, in un boschetto vicino alla spiaggia di Virginia Key. L’autopsia aveva stabilito che l’omicidio era stato commesso la sera prima, tra le 18 e le 19,16. Accanto al corpo erano stati ritrovati pochi documenti, che sembravano messi li’ per arrivare a una facile identificazione: il biglietto aereo per Miami, un ciondolo del Pikes Hotel, il passaporto e una scheda telefonica, sui cui, avrebbe scoperto la polizia, erano registrate tre telefonate a Forti.

Gli innocentisti e i colpevolisti di Chico Forti

Da quel momento l’italiano è diventato l’unico sospettato. L’imprenditore aveva spiegato agli investigatori di aver saputo della morte dell’amico solo il 18 febbraio e a New York, dove si sarebbe dovuto poi incontrare proprio con la vittima. Dal momento in cui il suo nome era finito sul taccuino degli investigatori, Forti è stato messo sotto pressione. Gli investigatori, per tendergli in trappola, gli dissero che era morto anche il padre della vittima, Tony Pike, anche lui diretto negli Stati Uniti. Forti, entrato nel panico, a quel punto aveva raccontato di non aver mai incontrato la vittima. Poi, il giorno dopo, aveva ritrattato tutto. Lui ha sempre sostenuto di averlo fatto volontariamente, mentre i poliziotti dicono che avesse deciso di farlo solo che gli erano stati mostrati i tabulati telefonici.

Le relazioni Italia – Usa e gli oltre 2mila detenuti italiani reclusi all’estero

Secondo la difesa, l’italiano era stato interrogato a lungo e senza che gli fossero letti i “diritti Miranda“, cioè il diritto ad avvalersi di un avvocato prima di rispondere alle domande. Non ci sono mai state prove per confermare una delle due versioni rilasciate riguardo le dichiarazioni rese da Forti, ma alla fine è stata presa per buona quella della polizia. L’italiano aveva mentito anche alla moglie, a cui aveva nascosto il fatto che fosse andato all’aeroporto a prendere Dale. Dalla somma di queste incongruenze, è nato il verdetto di condanna e la sentenza dell’ergastolo. Adesso Forti tornerà  in Italia, forse già entro due-tre settimane. Resterà rinchiuso in un edificio sorvegliato e blindato dell’Ufficio immigrazione, in attesa di essere imbarcato e rimpatriato. Ma intanto, ventiquattro anni dopo l’ingresso in prigione, per Forti è il primo positivo cambiamento nella sua vita.

16 Maggio 2024

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