Il caso dell'iraniana

Gli avvocati di Locri coi Pm contro l’imputata perché è una naufraga…

La Camera penale ha scritto un comunicato nel quale attacca l’Unità perché ha difeso una signora iraniana carcerata e innocente, mancando così di rispetto all’infallibilità dei magistrati

Cronaca - di Piero Sansonetti

10 Maggio 2024 alle 13:00 - Ultimo agg. 10 Maggio 2024 alle 13:18

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Gli avvocati di Locri coi Pm contro l’imputata perché è una naufraga…

Vi racconto un episodio minore della storia del “garantismo che non esiste”.

Riguarda un gruppo di avvocati di Locri, riuniti nella locale Camera Penale, i quali nei giorni scorsi hanno deciso di sferrare un attacco contro il nostro giornale che aveva difeso con foga – come spesso ci capita – un’imputata iraniana, profuga, naufraga, vistosamente innocente, finita in un carcere calabrese, separata dal figlioletto, accusata senza indizio alcuno di essere una scafista, e che ora rischia una vagonata di anni di carcere, e che già ha avuto la vita rovinata – la sua e quella di suo figlio – dalla caccia allo scafista inopinatamente rilanciata da Giorgia Meloni dopo che, per colpa dello Stato Italiano, un centinaio di profughi erano stati lasciati affogare a due passi dalla spiaggia di Cutro.

Voi direte: beh, gli avvocati vi avranno attaccato perché la vostra difesa della signora iraniana, che si chiama Marjan Jamali, evidentemente è stata troppo blanda. Direte: è giusto che vi abbiano attaccato perché la funzione degli avvocati è quella di difendere gli imputati, specie se innocenti.

Beh, non è così. Gli avvocati (non tutti gli avvocati, per fortuna, solo il direttivo della Camera Penale di Locri, spero ad esigua maggioranza) ci attaccano perché abbiamo mancato di rispetto alla Procura e al tribunale di Locri, raccontando come in quei luoghi si dà la caccia a scafisti immaginari, si incarcera senza indizi, si perseguita una signora che ha un figlioletto di 8 anni e che è fortunosamente scampata a un naufragio dopo essere fortunosamente scampata al regime iraniano.

La Camera penale ha scritto un comunicato nel quale mette in discussione il modo nel quale abbiamo ottenuto le notizie e si erge a difensore dei magistrati indebitamente criticati, e chiede l’intervento dell’Anm (l’associazione dei magistrati).

Su come abbiamo ricevuto le notizie, confessiamo subito, per evitare che poi ci si accusi di mentire: siamo andati sul posto. Siamo entrati in tribunale. Violando le buone regole del giornalismo che impone ai cronisti di tenersi lontano dai tribunali, di non verificare i fatti e di prendere per buone le carte che verranno generosamente fornite dalla Procura. Beh, sì: è vero. Abbiamo violato una legge sacra del giornalismo giudiziario.

Per il resto c’è poco da dire. La Camera penale non si è neanche preoccupata di spedirci il comunicato, lo ha consegnato a un quotidiano locale che lo ha pubblicato. A noi lo ha mandato 24 ore più tardi, cioè dopo la pubblicazione.

È un comunicato che lascia a bocca aperta chiunque lo legga. Impossibile credere che sia stato scritto dagli avvocati. Comunque lo giriamo all’Ordine di Reggio Calabria perché valuti se una cosa del genere sia compatibile con l’etica dell’avvocatura. Credo che basti una scorsa al comunicato per capire che non è compatibile.

Lo inviamo anche all’Unione delle Camere penali, perché ci sembra giusto che sappiano come funziona e che idee ha in testa la Camera di Locri. E poi lo mandiamo al Cnf (il consiglio nazionale forense) che forse dovrebbe difendere l’onorabilità di migliaia di penalisti che non si sognerebbe mai di compiere un gesto così insensato come quello compiuto dai penalisti (da alcuni penalisti) di Locri.

Dopodiché facciamo due considerazioni. La prima riguarda il caso specifico. È evidente che il passo scriteriato compiuto dalla Camera penale avrà un effetto fortemente dannoso nei confronti dell’imputata. Il fatto è di una gravità inaudita.

E qui facciamo appello agli avvocati italiani, al garante dei detenuti, ai settori più moderni e democratici della magistratura, perché intervengano. Non si può lasciare questa signora innocente in mano a un tribunale dichiaratamente ostile e a una comunità di avvocati saldamente schierati dalla parte dei magistrati dell’accusa.

La seconda considerazione è solo la prosecuzione di un ragionamento che abbiamo fatto in queste ore a proposito del garantismo che non esiste più. Lo abbiamo visto sul piano della politica alta, e ora lo vediamo sul piano della politica contro i migranti.

La destra schierata coi giudici che colpivano il Pd in Puglia. Poi la sinistra schierata coi giudici che colpiscono il centrodestra in Liguria. Ora persino gli avvocati schierati coi giudici che colpiscono una naufraga innocente.

Dov’è il garantismo? In quale sgabuzzino della società civile e politica lo possiamo scovare? Voi dite che il caso Puglia, il caso Toti e il caso di questa signora iraniana sono cose tutte diverse? No, amici miei: sono esattamente la stessa cosa.

Quando la giustizia ti prende e vuole stritolarti, non c’è differenza tra ricco e povero, tra politico e viandante. Sono uguali: sono vittime di un potere mostruoso – quello della magistratura – e della viltà infinita della politica. Per me Giovanni e Marjan, Toti e Jamali sono sullo stesso piano. Sono amici miei. Sto dalla parte loro.

Senza indugi, senza calcoli. Stavo con Dell’Utri, sto con Cospito, sto con Lello Valitutti, con D’Alì, sto con i ragazzi messi in prigione perché avevano uno spinello in tasca. Quanti siamo a pensarla così? Sto contando, tranquilli ci metto pochi minuti…

10 Maggio 2024

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