Legge bavaglio o autobavaglio?
La libertà di stampa c’è, ma i giornali preferiscono non usarla…
Nessuno impone il bavaglio. Censura sugli scandali politici? Citatemi un caso. È sui problemi sociali che i giornalisti si mettono il bavaglio da soli
Editoriali - di Piero Sansonetti
Nei giorni scorsi si è parlato molto dell’arretramento dell’Italia nella classifica dei paesi in cui vige la libertà di stampa, stilata da Reporter senza frontiere. Pare che siamo passati dal quarantaquattresimo posto al quarantasettesimo.
E i giornali italiani – in particolare Il Fatto e Repubblica – spiegano che i motivi di questa retrocessione sono due: le leggi-bavaglio contro i giornalisti, che impedirebbe loro di raccontare la verità sulla corruzione dei politici, e l’acquisto da parte di Angelucci, deputato di maggioranza, dell’agenzia Agi. Hanno ragione Repubblica e Il Fatto?
Evidentemente no. In Italia è del tutto evidente che non c’è nessuna censura a favore dei politici. C’è qualcosa che non sappiamo della Santanché? C’è qualcosa che non sappiamo di Toti? C’è qualcosa che non sappiamo dell’inchiesta contro il Pd in Puglia? C’è qualcosa che non sappiamo su Sgarbi? O sulle faccende che riguardano il Piemonte? O forse ci manca qualche notizia su Fassino al Duty Free? O qualcuna di queste notizie è stata esclusa dalla prime pagine dei giornali? No.
Sappiamo assolutamente tutto. Comprese moltissime vicende private rese pubbliche con discutibili intercettazioni (che in Italia sono mediamente 10 volte più frequenti che negli altri paesi occidentali, e quasi sempre vengono divulgate, legalmente o illegalmente, dalle Procure).
Chili e chili di carta stampata ore e ore di trasmissioni Tv su tutti gli scandali politici, compresi quelli che riguardano il marito di una assessora pugliese. Sappiamo poco, probabilmente, degli argomenti a difesa degli imputati, perché la stampa non è mai interessata alle possibilità di innocenza, ma sappiamo tutto, tutto, tutto quel che si può sapere sulle accuse, anche le più strampalate (sto pensando adesso al caso dell’Utri) messe in piedi da qualche spesso fantasioso sostituto procuratore della repubblica.
Possiamo ben dire che almeno un terzo dell’informazione di prima pagina dei giornali è costruito dalle Procure. È del tutto impensabile che in Italia esista una forma di censura a protezione dei politici. Nessuno è in grado di citare un solo episodio di censura. Dico: uno solo.
Su Angelucci il discorso è diverso. È chiaro che l’acquisto da parte sua di un’agenzia di stampa che – per sua natura – ha il compito di fornire ai giornali l’informazione di base, è abbastanza preoccupante. Anche se la vastità delle fonti alle quali attingono oggi i giornali, aiutati dalle tecnologie, rende abbastanza modesta la preoccupazione per il potere dell’Agi di Angelucci.
Quindi non è vero che in Italia c’è poca libertà di stampa? Non è vero. Nessuno limita questa libertà, tranne i giornali stessi. E i giornalisti. Succede effettivamente che i giornali censurino o nascondano un certo numero di informazioni. Non certo gli scandali, né il gossip.
Nascondono di sicuro tutto quello che riguarda i profughi. In questi giorni per esempio, i giornali che denunciano le leggi bavaglio, non hanno scritto una riga sulla strage dei bambini compiuta dalle autorità libiche su motovedette italiane. Lì sì, è scattato il bavaglio. Nessuno può dire che l’uccisione di sei bambini nel Mediterraneo non sia una notizia.
Eppure quasi nessun giornale l’ha pubblicata. Diciamo l’autobavaglio. È molto raro anche che i giornali si occupino delle condizioni nelle quali vivono i detenuti. Problema drammaticissimo che mette in discussione l’elevatezza della nostra civiltà. O della emarginazione alla quale sono condannati i popoli rom e sinti.
È molto raro che i giornali parlino della povertà in Italia e dell’aumento della fame nel mondo, fenomeno in controtendenza dopo i piccoli passi avanti compiuti ad inizio secolo. L’informazione sul proliferare delle armi è limitatissima. È molto frammentaria anche l’informazione sui massacri in Palestina, che ora si è un po’ diffusa grazie non certo ai giornali ma alla mobilitazione degli studenti. Eccetera eccetera.
La situazione è esattamente questa. Ed è paradossale. Chi indica le leggi bavaglio come causa della caduta della nostra libera stampa è esattamente lo stesso che si è messo il bavaglio sulle grandi questioni sociali e della libertà, e riesce a occuparsi solo di Santanché, o di Sgarbi o di Fassino.
Accettando che il suo lavoro perda della nobiltà che gli spetta e si riduca a piccolo spionaggio al servizio di vari padroni oscuri. Il problema è esattamente questo. La libertà di stampa esiste il libero giornalismo invece è un fenomeno molto molto raro.