Il seminario INGV

Campi Flegrei: “Temo che il magma sia già presente e che spinga per uscire”, l’allarme dell’esperto

Scienza - di Redazione Web - 2 Maggio 2024

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Mappa dei Campi Flegrei. Nel riquadro, Roberto Scandone
Mappa dei Campi Flegrei. Nel riquadro, Roberto Scandone

Nell’ultimo periodo nei Campi Flegrei si verificano scosse con maggiore intensità, tanto da essere avvertite anche a Pozzuoli e a Napoli. La situazione è costantemente monitorata dagli scienziati che misurano ogni minima variazione e anche il più piccolo innalzamento del terreno a causa del bradisismo. I ricercatori dell’INGV ne hanno discusso in un seminario a cura di Roberto Scandone, vulcanologo, professore ordinario di Fisica del vulcanismo presso l’Università di Roma Tre e già referente del settore Rischio Vulcanico della Commissione Nazionale dei Grandi Rischi. Il seminario è stato pubblicato online l’11 marzo 2024 ed è a disposizione degli utenti.

La storia dei campi Flegrei e “il modello Ischia”

Il seminario inizia con la ricostruzione storica, ricca di documenti, dei movimenti della terra nei Campi Flegrei. “La storia geologica dei Campi Flegrei mostra che i movimenti del suolo della caldera sono stati attivi negli ultimi 10.000 anni – si legge nella sintesi fatta dall’INGV al seminario – Questo fenomeno, noto come ‘risorgenza’, non è nuovo e ha interessato anche il fondo di caldere di grandi dimensioni che si trovano in Nord-America. Un fenomeno analogo fu osservato negli anni ‘30 dal vulcanologo Alfred Rittmann sull’isola d’Ischia dove, invece di un inarcamento del fondo della caldera, era il blocco centrale dell’isola a sollevarsi formando un rilievo, il Monte Epomeo, che fu definito un Horst Vulcano Tettonico. Lo stesso processo di sollevamento ha creato, sull’isola di Pantelleria, un rilievo di oltre 300 m, Montagna Grande”.

Il bradisismo e il magma a bassa profondità

“Fra le varie ipotesi, che si fanno per spiegare la risorgenza – si legge ancora nella sintesi – vi è quella dell’intrusione a bassa profondità di masse magmatiche che deformano gli strati di roccia soprastanti. In alcuni casi, come prima e durante le due epoche in cui è suddivisa l’attività vulcanica dei Campi Flegrei, il sollevamento ha coinciso con una consistente ripresa di attività vulcanica. Un notevole sollevamento di oltre dieci metri, durato fino a pochi giorni prima dell’eruzione, fu osservato nel secolo che ha preceduto l’eruzione di Monte Nuovo nel 1538. Dopo il 1538, il suolo ha ripreso ad abbassarsi con velocità analoghe a quelle che hanno caratterizzato il periodo successivo all’attività della terza epoca. Una ripresa del sollevamento si è osservata episodicamente a partire dal 1950 con fasi acute nel 1970-72 e 1982-84 e poi di nuovo a partire dal 2006”.

“Varie ipotesi sono state formulate per spiegare l’origine del bradisismo – conclude la sintesi – Il confronto con gli eventi del passato sembra suggerire che, anche per il presente, la causa sia la stessa osservata nel periodo geologico: il sollevamento vulcano-tettonico del blocco risorgente sarebbe causato da intrusioni di magma a bassa profondità. I terremoti registrati negli ultimi due anni definiscono i margini del blocco risorgente e le zone di frattura dove potrà avvenire la risalita del magma. Anche i loro meccanismi focali confermano una dinamica complessa di sollevamento, individuando un progressivo innalzamento della parte settentrionale del blocco con possibile apertura di fratture che possono favorire la risalita del magma. A conferma di tale geometria, è la disposizione di buona parte delle eruzioni della terza epoca, avvenute ai margini del blocco nella parte settentrionale della caldera”. Scandone segnala sulla mappa con il rosso più intenso la zona dove potrebbero avvenire le fratture nella zona dei Campi Flegrei e l’eventuale risalita di magma contenuto a bassa profondità. La zona corrisponde a dove oggi sono più sentiti gli ultimi terremoti.

La zona cerchiata in rosso è quella con possibile apertura di fratture. Frame di una delle slides del seminario INGV.

I possibili scenari nei Campi Flegrei: “L’attività dei Campi Flegrei non è prevalentemente esplosiva”

Secondo Scandone sono tre i possibili scenari di quello che può succedere nei Campi Flegrei. Secondo il primo “diminuisce la velocità di sollevamento con conseguente diminuzione della sismicità e la crisi si esaurisce (per il momento)”. Scandone spiega che questo è lo scenario avvenuto nel 1985 dando vita a “fasi di quiescenza più o meno prolungata”, dice il vulcanologo. Se la crisi va avanti, si può prospettare il secondo scenario: evoluzione lenta della crisi (giorni-mesi) con emissione di un duomo di lava e possibile attività esplosiva. “Nessuno ha fatto fin ora questa ipotesi – spiega Scandone – perché molti sostengono che l’attività dei Campi Flegrei è prevalentemente esplosiva. Ma in realtà non è così. Se andiamo a vedere l’ultima fase di attività, quella della terza epoca, troviamo vari duomi di lava: il duomo dell’accademia, il duomo di monte Olibano, il duomo di monte Spina. L’emissione di un duomo probabilmente avviene con tempi di scorrimento abbastanza lenti”. E fa esempi di altri vulcani dove questo è avvenuto in almeno due anni. “Questo non vieta che la cosa possa avere un’altra evoluzione della crisi, più rapida (ore – giorni) in una eruzione esplosiva – continua Scandone – Sul lato orientale della caldera sono avvenute eruzioni con VEI=4-5. Ad esempio come è successo con il Monte Nuovo. Se siamo in una situazione come quella indicata, la risalita del magma può essere molto rapida con precursori sismici molto brevi, nell’ambito di poche ore e questo precede una eruzione esplosiva”.

I possibili scenari nei Campi Flegrei, frame da slides del seminario INGV.

Secondo Scandone nei Campi Flegrei l’attività è più probabilmente effusiva perché le spaccature che si sono venute a creare rendono più difficoltosa la risalita del magma. “La cosa significativa è che in questa ultima fase, da 15mila anni in poi, osserviamo l’attività effusiva solo in questi ultimi momenti (duomo dell’Accademia, monte Olibano, …) Questo può essere legato al fatto che apri delle fratture che non sono sufficientemente capaci di permettere una risalita rapida del magma. Questo è quello che penso”.

“Temo che il magma sia già presente e che spinga per uscire”

Alla collega che gli chiede: “Ci dobbiamo aspettare di vedere magma a 4 chilometri o non necessariamente per arrivare a una futura eruzione?”. “Io credo che ci sia già il magma – risponde Scandone – Credo che il magma sia già lì e stia tentando di deformare e se si aprono le fratture verrà su più o meno velocemente. Quelle temperature misurate già negli anni ’80 ci dicono che ci sono temperature molto elevate a profondità abbastanza superficiali. Temo che abbiamo già qualcosa…non so se ancora Monte Nuovo o le vicende degli anni 70 ma temo che qualcosa sia già lì”. Dunque un magma vecchio e di piccolo volume. Gli scienziati concordano che a 8 chilometri ci sia magma, una sorgente più profonda dunque che piano piano si sta ricaricando.

“Tutta una crisi da 70 anni”

Secondo Scandone negli ultimi anni, dal 1970 in poi, è in atto una unica crisi continua. “Stiamo assistendo a un processo che sta andando avanti da almeno 60 70 anni – spiega Scandone – Non si tratta di una cosa nuova ma che continua. A che punto sia, non ne ho proprio idea”. Scandone sottolinea come rispetto agli anni ’70 sia radicalmente cambiata la percezione dei fenomeni, diventando sempre più precisa. Lo scienziato spiega che “il vulcano non si comporta sempre in maniera lineare, come noi vorremmo che facesse”, continua.

“Se avessi risorse illimitate sgombererei i Campi Flegrei”

Alla fine del seminario uno degli scienziati chiede a Scandone: “Se tu avessi delle risorse illimitate, che tipo di studi andrebbero fatti nel breve e medio termine?”. E lui senza troppi giri di parole risponde: “Se avessi risorse illimitate sgombererei i Campi Flegrei perché è assurdo avere una situazione come questa. Forse l’unica cosa che potrebbe aiutare sono le perforazioni. Di più non ti so dire”.

2 Maggio 2024

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