Partito spaccato
Psicodramma Pd, Schlein candidata capolista col nome sul simbolo: mezzo partito contro, anche Prodi critico
Politica - di Carmine Di Niro
Il Partito Democratico vive il suo ennesimo psicodramma. Problemi che si materializzano nel corso della direzione Dem di domenica in cui la segreteria Elly Schlein fa due proclami: la candidatura come capolista nelle circoscrizioni Centro e Isole, salvo poi non volare a Strasburgo come europarlamentare, ma soprattutto la volontà di mettere il suo nome sul simbolo del partito, come prima di lei aveva sotto solo Walter Veltroni alle Politiche del 2008.
Il termine per la presentazione dei simboli è alle 16 di lunedì 22 aprile presso la Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell’Interno.
Schlein capolista e nel simbolo per le Europee, caos Pd
Una scelta, quella di candidarsi come capolista, annunciata da Igor Taruffi, responsabile dell’organizzazione del partito, in direzione. “Sono disponibile a dare una mano con spirito di servizio, mi candido al Centro e nelle Isole per dare una spinta a questa meravigliosa squadra e a un progetto di cambiamento del Pd e del Paese”, il messaggio della segreteria.
Le critiche di Prodi
Mossa non apprezzata dal “padre nobile” del centrosinistra italiano e dell’Ulivo, Romano Prodi. “Da quello che sta succedendo vuol dire che non mi dà retta nessuno – le parole dure di Prodi pronunciate dal palco di Repubblica delle Idee a Napoli – Perché dare il voto per il Parlamento europeo a una persona che di sicuro se vince non ci va? Queste sono ferite per la democrazia che scavano un fosso per cui la democrazia non è più amata. Riguarda Schlein, Meloni, Tajani. Non è questo modo di fare, di sostenere che la democrazia è al servizio del popolo. Perché il popolo così non conta niente, vota per uno e ci va un altro“.
I malumori Dem
Capolista più nome nel simbolo, una doppia mossa che ha letteralmente terremotato il partito. “Il nome nel simbolo è per l’elezione monocratica, alle europee bisogna votare Pd”, è l’affondo di Gianni Cuperlo, che ricorda alla segreteria che lei non è Giorgia Meloni.
Ma la scelta del nome nel simbolo ha l’effetto dirompente di rompere i già fragili equilibri interni, provocando scossoni sia nella “maggioranza” a sostegno della segreteria che nelle correnti di “opposizione”. Così se paradossalmente Schlein riesce a raggiunger sul tema un accordo con Stefano Bonaccini, il suo rivale alle primarie che sarà candidato come capolista nel Nord Est, la segreteria perde pezzi tra chi l’ha sempre sostenuta: si sfilano per esempio Dario Franceschini e Andrea Orlando.
A sorpresa invece Schlein ottiene il sostegno di Piero De Luca, figlio del governatore campano Vincenzo da sempre in rotta con la nuova gestione “anti cacicchi”, col padre che ha incassato la candidatura del fedelissimo Lollo Topo nella circoscrizione Sud.