Beni restituiti ai familiari
Carmelo Patti, l’ex patron di Valtur non era “prestanome” di Messina Denaro: confisca annullata dopo anni di fango
Giustizia - di Carmine Di Niro
Carmelo Patti non ha potuto assistere alla rivalsa contro anni di accuse infamanti. L’ex elettricista di Castelvetrano, diventato il “re” del turismo in Italia e non solo grazie al colosso Valtur e morto nel 2016 all’età di 82 anni, era stato per anni perseguitato da accuse, indagini e processi sull’origine “mafiosa” della sua ricchezza.
La confisca annullata all’ex patron di Valtur Patti
Indagini che avevano portato nel luglio 2018 alla confisca del suo patrimonio da parte del tribunale di Trapani: oggi la Corte di Appello di Palermo, sezione misure di prevenzione, ha annullato il decreto dando ragione al ricorso presentato dagli avvocati Francesco Bertorotta, Roberto Tricoli, Raffaele Bonsignore, Angelo Mangione, Marco Antonio Dal Ben e Giuseppe Carteni.
L’accusa nei confronti di Patti era di quelle pesanti: per anni è stato indicato dagli inquirenti come uno dei prestanome di Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa Nostra che come l’imprenditore era nato a Castelvetrano. Per la Corte di Palermo è però escluso che Patti abbia avuto nel corso della sua attività rapporti di “vicinanza” con l’associazione mafiosa.
“Prendendo in considerazione il materiale probatorio complessivamente raccolto sia nel corso del primo grado che nel grado di appello deve escludersi che siano emersi concreti sintomi della pericolosità sociale del proposto, essendo rimasta dimostrata una vicinanza a soggetti, a loro volta vicini all’associazione mafiosa, in assenza di concreti elementi indiziari relativi a una cointeressenza di esponenti mafiosi nelle attività imprenditoriali di Patti”, si legge in un passaggio del provvedimento, di cui dà conto l’Ansa.
Le accuse a Patti, “prestanome” di Messina Denaro
Patti è stato un “self-made man”, un uomo che si è fatto da solo: partito dalla Sicilia per cercare fortuna al nord, da semplice elettricista e poi venditore ambulante fu capace di creare negli Sessanta un polo industriale nel cablaggio di fili nell’ambito automotive, la Cablelettra, diventando tra i principali fornitori di Fiat.
Nel 1998 acquisisce il 77% di Valtur e ne fa il quarto gruppo alberghiero in Italia prima del fallimento nel 2018, col marchio poi diventato di proprietà del gruppo pugliese Nicolaus.
Il fallimento deriva dalle indagini che coinvolgono Patti, prima accusato di frode fiscale (e assolto) e poi di collusione con la mafia nell’inchiesta ‘Golem’ in cui viene accusato di essere prestanome di Messina Denaro.
Nel 2012 la direzione investigativa antimafia di Trapani chiede il sequestro preventivo del patrimonio di Patti, del valore di circa 5 miliardi di euro. Il sequestro del 2012 porta all’amministrazione straordinaria della Valtur e poi alla sua crisi, col fallimento e la vendita del marchio avvenuti definitivamente nel 2018.
Proprio nel 2018, quando Patti è già morto da due anni, il tribunale di Trapani dispone un ulteriore sequestro di beni per un valore di 1,5 miliardi agli eredi dell’imprenditore: nell’elenco ci sono 25 società, villaggi turistici, un’imbarcazione di 21 metri, appezzamenti di terreno, immobili e disponibilità bancarie. Il suo patrimonio torna così nella disponibilità della famiglia.