Parla il parlamentare dem

Intervista a Matteo Orfini: “In Medio Oriente carneficina inaccettabile”

«Sui migranti ha scritto pagine terribili, ora fa un ulteriore salto di qualità nell’indegnità con cui svolge il suo ruolo. Le alleanze? Non devono diventare un fine. Salario minimo, sanità pubblica: con Schlein il Pd ha messo al centro l’agenda politica. Sulla pace in Medio Oriente ci siamo sempre stati»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli - 22 Marzo 2024

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Intervista a Matteo Orfini: “In Medio Oriente carneficina inaccettabile”

Matteo Orfini, parlamentare e membro della Direzione nazionale Pd, già presidente del Partito democratico. Dopo il voto in Sardegna e Abruzzo, e in vista delle elezioni in Basilicata e Piemonte, il dibattito nel centrosinistra, e nel Pd, torna a centrarsi sui “campi”. Campo largo, campo giusto, campo accidentato. Siamo alle solite?
Io penso che dovremmo fare, tutte e tutti, uno sforzo di guardare le cose in prospettiva, altrimenti sembra che ogni settimana ci sia il giudizio divino su questo o quel passaggio. E così non è. Intanto il dato vero è che finora si è votato in due regioni governate dal centrodestra, e una, la Sardegna, l’abbiamo riconquistata. Era da 8 anni che non strappavamo una regione al centro destra e questo a me pare il dato oggettivo da cui partire, la dimostrazione che la destra si può battere anche se, come testimoniato dal voto in Abruzzo, è una destra ancora molto forte, solida che, almeno per ora, non paga un prezzo alle enormi divisioni politiche che ci sono al suo interno. Non è facile da battere ma è battibile. Lo abbiamo dimostrato in una regione politicamente importante come la Sardegna, perché quello che succede lì a volte scatena reazioni politiche di portata nazionale. Oggi siamo in prossimità di un’altra elezione importante, in Basilicata, poi arriveranno le europee, un’altra tornata di amministrative, che consentiranno una valutazione più approfondita. Detto questo, aggiungo che non dobbiamo ripetere un errore commesso in questi anni…

Vale a dire?
Trasformare uno strumento in un fine. Le alleanze sono uno strumento per fare qualcosa. Non sono il fine di un progetto politico. Dobbiamo uscire da una visione, che ha segnato gli ultimi anni, per cui l’unico progetto politico è il “campo largo”, che è un’alleanza, e come tale uno strumento per realizzare un progetto che va definito prioritariamente o comunque contestualmente alla definizione delle alleanze. Per questo dobbiamo insistere nella ridefinizione di un’agenda politica intorno alla quale costruire quel progetto. Va detto che questo lavoro con la Schlein ha fatto un salto di qualità. Salario minimo, sanità pubblica, e tanti altri temi che vanno portati al centro dell’agenda politica e intorno ad essi costruire alleanze le più larghe possibili. Come sai, perché ne abbiamo parlato più volte in precedenti conversazioni, sono tra quelli che si appassionano poco alla discussione sui campi e molto di più della politica e dei progetti che vanno costruiti. Mi sembra che sia la cosa che funzioni. Con la Todde il campo largo non c’era ma c’era un progetto credibile per la Sardegna e abbiamo vinto. Il lavoro di costruzione di alleanze va fatto e più larghe sono, purché omogenee, e più è competitiva la sfida alla destra. Ma non possiamo ridurre tutto a questo.

Per restare alle alleanze. Non c’è il rischio che il volerle estendere a ogni costo finisca per indebolire, invece che rafforzare, una proposta politica?
Assolutamente sì. Se usciamo da un dibattito, a volte anche un po’ intellettualmente umiliante, delle dichiarazioni quotidiane, un dibattito fatto di offese, di veti e penultimatum, un dibattito senza politica, se usciamo da questo circolo vizioso, credo sia possibile sfidare tutti su un’agenda di cambiamento del paese. Nessuno che si dica di centrosinistra possa negare che in Italia vi sia una enorme e irrisolta questione salariale. Come l’affrontiamo? Salario minimo, certo, ma non solo. C’è un enorme problema di crescita economica in questo paese, che si trascina da anni. C’è il tema del sostegno alle imprese per competere sull’innovazione e la qualità e non sulla riduzione dei costi. La questione salariale è legata al tema della crescita? Io penso di sì. C’è il tema di garanzia dell’universalità di alcuni servizi, tra cui appunto sanità e istruzione. Attorno a queste linee guida va misurata la possibilità, e la capacità, di costruire un progetto omogeneo che tenga insieme l’attenzione alla questione sociale e gli interessi di quella parte di paese che intende accettare la sfida dell’innovazione e del cambiamento per creare ricchezza. C’è la possibilità di immaginare di rimettere in moto, facendola funzionare, la pubblica amministrazione, immettendo al suo interno forze nuove che la rendano più competitiva. Cose che si possono fare e che segnano la differenza vera tra destra e sinistra. Abbiamo l’obbligo di provarci. Se invece stiamo infognati in un quotidiano stupidario su quello sì, quello no, ma chi ci dà retta?

Si può immaginare un Pd più dentro e a sostegno di quel mondo solidale sceso in piazza per la Palestina e anche sull’Ucraina?
Sul Medio Oriente siamo protagonisti di una iniziativa politica che anche prodotto, almeno in Parlamento, dei risultati. Siamo riusciti a cambiare la posizione del governo portando il Parlamento a schierarsi per il cessate il fuoco. Dal primo giorno, abbiamo condannato con parole durissime l’abominio compiuto il 7 ottobre da Hamas ma al tempo stesso abbiamo sempre affermato che la reazione d’Israele doveva essere proporzionata, cosa che non è stata. Oggi siamo di fronte a una carneficina inaccettabile, indecente, che dura da mesi e che va fermata con una iniziativa internazionale forte che sia noi come Pd che le piazze pacifiste hanno sollecitato il governo a prendere. Sulla pace in Medio Oriente ci siamo sempre stati, tenendo peraltro sempre alta l’attenzione su alcuni rigurgiti di antisemitismo che sono inquietanti, come lo sono meccanismi d’intolleranza. Non s’impedisce a giornalisti di parlare nelle università. Questo è inaccettabile.
Anche sull’Ucraina, penso che noi abbiamo avuto una posizione saggia. Fare tutto quello che è possibile e utile per evitare che Putin prosegua nel suo disegno di annessione e d’invasione dell’Ucraina e allo stesso tempo mettere in campo un’iniziativa diplomatica forte che porti a soluzione quel conflitto; una soluzione che sia rispettosa del diritto internazionale e dell’intangibilità dei confini dell’Ucraina.

Per tornate alla stretta attualità politica interna e alle elezioni. È esploso il “caso Bari”.
A me è capitato di gestire in passato vicende analoghe. La nomina della commissione, la procedura di valutazione sull’esistenza degli estremi per lo scioglimento per mafia, ha riguardato anche Roma ai tempi di Mafia capitale, quando io ero commissario del Pd a Roma. Per dire che credo di avere una certa esperienza sul tema.
Penso che siamo di fronte a un fatto gravissimo e a una forzatura incredibile operata dal ministro Piantedosi. Mentre in occasione di Mafia capitale la verifica era assolutamente giustificata dalla gravità dei fatti che venivano contestati. Qui siamo in una condizione assolutamente differente.

Nel senso?
Nel senso che siamo di fronte a una inchiesta in cui è la Procura a sostenere che il comune di Bari non ha responsabilità. Un comune che fra tre mesi va al voto. È del tutto evidente che si è usato uno strumento delicatissimo per consentire, come sta avvenendo in queste ore, al centrodestra di fare campagna elettorale su questo tema. Si sono piegate non solo le istituzioni ma uno strumento delicatissimo, l’intervento commissariale in caso d’infiltrazioni mafiose, per un fine di parte politica. Il ministro Piantedosi, che sull’immigrazione ha scritto le pagine peggiori nella storia di questi anni, ha fatto un ulteriore salto di qualità nell’indegnità con cui riveste la sua funzione. Ritengo che sia davvero uno dei ministri peggiori di questo governo.

A proposito di migranti. È un tema molto caro a l’Unità, come confermano gli emozionanti reportages di Angela Nocioni dalla Ocean Viking. Un tema che ti ha visto impegnato, spesso con pochi altri parlamentari. Oggi il tema dell’immigrazione sembra essere scomparso o quasi dal dibattito politico. È perché i migranti non votano?
Spesso si ha la sensazione che parlarne, soprattutto in un certo modo, fa perdere voti. Sotto elezioni ne parla chi vuole strumentalizzare e criminalizzare il fenomeno migratorio. Devo dire che su questo il Pd con la segreteria della Schlein ha fatto un deciso cambio di passo. Mentre prima eravamo in pochi nel partito democratico a combattere questa battaglia, oggi lo fa tutto il Pd, con convinzione. Semmai c’è da alzare su altre questioni il livello di attenzione.

Ad esempio?
Penso ad una certa campagna islamofobica che viene fatta in questi giorni dalle televisioni, dai giornali di destra, dalla Lega, da alcuni esponenti della destra. Una campagna gravissima. Tanto che in questi giorni le comunità musulmane in Italia, con cittadini italiani di fede musulmana, hanno chiesto rispetto e tutela di fronte a questi attacchi razzisti che vengono non solo da mezzi d’informazione importanti ma anche da esponenti delle istituzioni. Per quattro voti si offendono, s’insultano, persone e accanto a questo si criminalizza, lo si fa da anni, chi ha la sola colpa di essere scappato da un destino di morte e viene salvato da un naufragio in mare e viene salvato, come a ben raccontato l’Unità, e chi fa questa opera meritoria, le Ong, viene continuamente vessato.

Il tema migranti chiama in causa l’Europa. Altre elezioni importanti, quelle di giugno. Non si discute troppo di candidature e poco di priorità programmatiche e di azione politica?
Le candidature debbono raccontare l’idea di Europa che vogliamo. Benissimo coinvolgere personalità esterne e valorizzare quelle interne che hanno lavorato bene in Europa, ma dentro un racconto chiaro che faccia emergere con chiarezza che l’Europa così com’è non ha funzionato, almeno su alcuni aspetti, come la pace, l’immigrazione, o la fatica, nonostante il lavoro straordinario di Gentiloni, su temi economici. Dobbiamo rivendicare quello che abbiamo saputo portare di buono in Europa ma anche segnalare quello che non funziona. La scelta stessa delle candidature deve essere un pezzo di questo racconto.

22 Marzo 2024

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