L'accordo Ue-Egitto

Dalla Turchia all’Egitto l’Ue ha smarrito la sua strada, l’accordo con Al Sisi è illegale

Dal 2016, anno della (non)intesa UE-Turchia per il controllo dei flussi migratori, l’Unione Europea ha imboccato la strada dello stravolgimento totale delle regole che si era solennemente data

Editoriali - di Gianfranco Schiavone - 20 Marzo 2024

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Dalla Turchia all’Egitto l’Ue ha smarrito la sua strada, l’accordo con Al Sisi è illegale

Le notizie sono ben poche nonostante la grande enfasi mediatica, e i testi (ancora?) non disponibili. Ciò che è stato comunicato a seguito degli incontri tra la presidente della Commissione Europea Von Der Leyen è che l’Unione avrebbe siglato un accordo di partenariato strategico con l’Egitto con uno stanziamento totale di 7,4 miliardi di euro in tre anni (2024-2027) da erogare a vario titolo: 600 milioni di euro andrebbero a sovvenzioni varie, di cui 200 milioni per la gestione delle migrazioni (sicurezza ai confini, formazione di manodopera qualificata, misure per favorire la migrazione legale e scoraggiare quella illegale).

Quali sono i poteri della Commissione nel siglare tali intese? Esse sono totalmente libere o devono sottostare a regole, principi e condizioni? La diplomazia internazionale (e relativi accordi) non si fanno solo con gli Stati a ordinamento democratico ma ciò non significa che da parte dell’Unione Europea e dei suoi Stati ogni accordo, intesa o memorandum sia sempre possibile e che nessuna procedura debba essere rispettata, perché ciò che è in gioco è la natura stessa del nostro ordinamento giuridico e il rispetto o meno da parte nostra dello stato di diritto.

Iniziamo dunque questa breve riflessione dall’art. 21 del Trattato sull’Unione Europea (o Trattato di Lisbona) che sancisce che “l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno informato la creazione, lo sviluppo e l’allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo: democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale. L’Unione si adopera per sviluppare relazioni e istituire partenariati con i paesi terzi e con le organizzazioni internazionali, regionali o mondiali, che condividono i principi di cui al primo comma”.

L’articolo 77 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) prevede che l’Unione sviluppi una politica per “garantire il controllo delle persone e la sorveglianza efficace dell’attraversamento delle frontiere esterne” (…) e per “instaurare progressivamente un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne” mentre il successivo articolo 78 prevede che il Parlamento europeo e il Consiglio adottino misure relative al sistema europeo comune di asilo che includano “il partenariato e la cooperazione con Paesi terzi per gestire i flussi di richiedenti asilo o protezione sussidiaria o temporanea”.

Stipulare accordi con Paesi terzi per la gestione delle migrazioni forzate (ciò che in gergo viene chiamata la dimensione esterna dell’asilo) è dunque possibile da parte dell’Unione. Lo stesso TFUE (art.216) prevede che L’Unione possa concludere un accordo (vincolante per gli Stati membri) con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali qualora sia necessario per realizzare uno degli obiettivi fissati dai trattati.

È il Consiglio ad adottare la decisione di conclusione dell’accordo (art. 218) però solo “previa approvazione del Parlamento Europeo” nei casi in cui, tra gli altri, si tratta di “accordi che hanno ripercussioni finanziarie considerevoli per l’Unione (…)” e “ riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l’approvazione del Parlamento europeo”.

Il lettore mi perdonerà le molte citazioni, ma esse erano necessarie per dipanare la matassa e giungere al punto: gli accordi internazionali in materia di migrazioni e asilo devono sempre rispettare le procedure sopra indicate ed ottenere l’approvazione del Parlamento, sia per l’esistenza di indubbie ricadute finanziarie, sia perché l’intera materia della protezione internazionale è di competenza legislativa ordinaria dell’Unione.

Quale votazione c’è stata o ci sarà per l’annunciato accordo dell’Unione con l’Egitto in materia migratoria? Dove è il testo di tali accordi? (o meglio di tale proposta di accordi) che ben devono essere pubblici per essere discussi?

Gli accordi non sono mai in bianco ma, in un sistema democratico devono contenere vincoli sui contenuti e misure di monitoraggio sull’attuazione di quanto concordato, anche affidate a organismi indipendenti, al fine di evitare che l’Unione Europea possa, attraverso la sua azione, violare norme cui la stessa Unione è inderogabilmente vincolata.

Da tali vincoli, e in particolare dal rispetto dei diritti fondamentali dell’Uomo e dal rispetto del divieto di non respingimento, l’Unione Europea non può infatti mai liberarsi salvo annullare la sua identità, e dunque se stessa, con conseguenze dalla portata storica.

Già la sentenza della Corte Europea per i diritti dell’Uomo Hirsi c. Italia del 26 febbraio 2012 aveva reso evidente come sussista piena giurisdizione sulle violazioni dei diritti umani commesse da organi di un determinato Stato dell’Unione anche al di fuori del territorio statale.

Anche se accertabili con grande difficoltà, sussistono le responsabilità per complicità dello/gli Stato/i dell’Unione, e dell’Unione stessa, anche nei casi in cui le azioni illegittime siano attuate in maniera evidentemente pianificata da organi di uno Stato terzo con fondi e mezzi europei.

Il supporto dato ad esempio agli Stati terzi con fornitura di mezzi militari idonei al controllo delle proprie frontiere e al rimpatrio di coloro che chiedono asilo, la formazione delle forze di polizia al fine di rendere più efficace l’azione repressiva e preventiva dell’emigrazione, il finanziamento della costruzione di centri di detenzione per migranti sono tutte misure che coinvolgono infatti la responsabilità giuridica, non solo morale, dell’Unione.

In questo quadro di procedure non rispettate, che margine di azione hanno i singoli stati membri? Possono essi procedere autonomamente a intese e accordi con paesi terzi in materia di controllo dei flussi migratori dei richiedenti asilo?

Torniamo al citato TFUE che all’art. 212 prevede che “nell’ambito delle rispettive competenze, l’Unione e gli Stati membri collaborano con i Paesi terzi e con le competenti organizzazioni internazionali. Le modalità della cooperazione dell’Unione possono formare oggetto di accordi tra questa e i terzi interessati”.

Come richiamato in modo costante dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, la materia del diritto d’asilo è divenuta di stretta competenza dell’Unione e ciò comporta che gli Stati membri hanno perso almeno in parte la loro competenza a concludere per proprio conto accordi internazionali in quanto tali accordi, intese, protocolli o strumenti analoghi potrebbero incidere sulle norme comuni dell’Unione, contrastare con esse o alterarne la portata.

Ogni accordo che il muscoloso Esecutivo della signora Meloni intende dunque stipulare dovrebbe essere concordato con l’Unione seguendo le procedure e i vincoli sopra richiamati. Qualcuno potrebbe da ultimo sostenere che le stringenti regole e procedure che l’Unione dovrebbe seguire riguardano esclusivamente l’adozione di atti giuridicamente vincolanti e che nessun obbligo sussista in caso di intese e accordi di natura informale tra singoli Stati membri e Stati terzi.

Una simile obiezione sarebbe tuttavia del tutto infondata in quanto il ricorso a intese, memorandum e qualsivoglia altro accordo di fatto con Paesi terzi in materia di migrazioni, fatti salvi aspetti meramente operativi e organizzativi, sarebbe illegittimo in quanto finalizzato ad eludere e sterilizzare tanto i contenuti che le procedure formali previste dai Trattati e in generale dal diritto dell’Unione. Dal 2016, anno del non-accordo UE-Turchia per il controllo dei flussi migratori, l’Unione Europea ha imboccato la strada dello stravolgimento totale delle regole che si era solennemente data.

Le dichiarazioni politiche dispensate a destra, ma spesso anche a sinistra, possono anche proclamare che quanto stiamo facendo è a difesa della casa comune europea, che siamo impegnati in un’eroica lotta contro i trafficanti o altre sciocchezze, ma la realtà è ben diversa: la sistematica violazione delle procedure, l’alterazione dell’equilibrio dei poteri tra i diversi organi dell’Unione, la totale opacità e segretezza con la quale viene condotta la politica estera dell’Unione sulle migrazioni investendo ingenti risorse che finiscono a foraggiare autocrati e dittatori di ogni foggia, hanno innescato un processo di disgregazione dell’Unione che è sotto gli occhi di tutti. Tornare indietro il prima possibile e ripristinare un sistema di legalità è una priorità assoluta per la democrazia in Europa.

20 Marzo 2024

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