La strage infinita
Muore a 20 anni in cella il giorno del suo compleanno, è il terzo suicidio in 24 ore: “Morti tre giovani, un disastro annunciato”
Cronaca - di Rossella Grasso
Per Patrick non ci saranno candeline da spegnere. Non ci saranno nemmeno auguri da ricevere. Per lui ci sarà solo un funerale da fare. Patrick ha scelto il giorno del suo compleanno per arrotolare un lenzuolo, legarlo alle sbarre del bagno della sua cella e così togliersi la vita. Avrebbe compiuto 20 anni: una vita giovanissima stroncata mentre era in custodia dello Stato. E’ successo nel carcere di Castrogno, Teramo. Patrick è il terzo in 24 ore a scegliere il gesto estremo. “Si può morire in carcere a soli 20 anni, ci meravigliamo delle morti sul lavoro, dei morti uccisi dalle guerre… mentre nelle nostre carceri continua una mattanza senza fine. E’ un disastro annunciato e mai risolto, non c’è una volontà politica”, ha detto Marco Costantini, attivista dell’associazione Sbarre di Zucchero che si occupa di carcere e diritti dei detenuti.
Patrick suicida in cella a Castrogno Teramo
Secondo quanto riporta la stampa locale, Patrick era un 20enne di origini rom. Si è tolto la vita all’alba. Per lui sono stati inutili i tentativi di rianimazione da parte del 118. E’ morto sul colpo. Secondo quanto riportato dall’Ansa, a lanciare l’allarme è stato il compagno di cella. Sono subito intervenuti gli agenti della Polizia penitenziaria e poi gli operatori del 118, che non hanno potuto fare altro che constatare il decesso del giovane. Si tratta del secondo suicidio avvenuto a Castrogno, con modalità analoghe, nel giro di un mese e mezzo: a fine gennaio si era tolto la vita un detenuto di 37 anni.
Jordan e Robert, morti a 26 e 33 anni il giorno prima
Quello di Patrick è il terzo suicidio che avviene in 24 ore. Il giorno prima, il gesto estremo lo avevano compiuto Jordan Tinti, 26enne trovato morto in una cella del carcere di Torre del Gallo a Pavia e Robert, 33 anni, in una cella del carcere di Secondigliano a Napoli. Tre giovanissimi.
Jordan, trapper originario di Bernareggio, provincia di Monza, meglio conosciuto come Jordan Jeffrey Baby, nell’aprile del 2023 era stato riconosciuto colpevole di rapina aggravata dall’odio razziale ai danni di un operaio di 42 anni originario della Nigeria. Per questo stava scontando una pena a quattro anni e 4 mesi. Come ricorda l’Ansa, tre mesi fa Jordan era stato stato trasferito in una comunità pavese, dopo aver ottenuto la misura dell’affidamento terapeutico. Misura che il Tribunale di Sorveglianza aveva sospeso disponendo un nuovo ritorno in carcere. Già due volte nel gennaio del 2023 Jordan aveva tentato il suicidio in carcere con la stessa modalità, sostenendo di aver subito maltrattamenti durante la sua detenzione. Gli agenti lo avevano trovato con una ferita alla testa e privo di sensi, accanto a lui una lettera di addio al padre. A quel punto su richiesta dei legali la reclusione in comunità, poi annullata dopo il ritrovamento nella sua stanza di uno smartphone e un pacchetto di sigarette.
L’altro dramma si era consumato dentro una cella del penitenziario di Secondigliano. Secondo quanto comunicato dal Garante per i diritti dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello, la vittima si chiamava Robert, aveva 33 anni ed era di origini straniere. Ha scritto Ciambriello: “Il giovane era un senza fissa dimora entrato in carcere per omicidio. Era balzato agli onori della cronaca nell’agosto del 2019 per essere stato l’unico detenuto evaso dal carcere di Poggioreale in cento anni di storia“.
“Dall’inizio del 2024 21 morti in mano allo Stato”
“Dopo un inizio anno a dir poco tragico e senza precedenti, con 21 detenuti suicidati nelle carceri italiane in meno di 2 mesi, pareva si fosse un po’ allentato il trend di morte di persone sotto la custodia dello Stato – dicono Monica Bizaj, Micaela Tosato e Marco Costantini di Sbarre di Zucchero – Ma nelle ultime 24 ore abbiamo avuto notizia che ben 3 giovani si sono impiccati: Robert di 33 anni a Secondigliano, Jordan di 26 anni a Pavia e Patrick, appena 20enne, a Castrogno-Teramo, nel giorno del suo compleanno. La scia di morte non si arresta, il terribile disagio che continuano a patire i detenuti aumenta ad una velocità paurosa, disagio patito anche dagli appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria, che sono ormai la forza di Polizia che vede il più alto numero di suicidi, già 3 da inizio anno”.
“Ed il Governo che fa? Parole, parole, parole e passerelle, in una sorta di silenzio-assenso che ci fa tornare in mente le parole del Ministro Nordio che aveva tacciato i suicidi dietro le sbarre come un male fisiologico da accettare, rispondendo ad un’interrogazione parlamentare – continua la nota – Per queste ragioni noi di Sbarre di Zucchero rilanciamo con ancora più forza l’iniziativa della Commissione carcere della Camera Penale veronese, ‘Alimentiamo la speranza’, uno sciopero della fame a staffetta che proseguiremo con loro ad oltranza e rilanciamo l’astensione dalle udienze proclamata dall’Unione Camere Penali Italiane del giorno 20 marzo, con manifestazione nel pomeriggio. Ribadiremo le nostre ragioni sabato 16 marzo dalle ore 10.30 quando, dopo breve corteo, ci ritroveremo con un presidio pacifico davanti l’ingresso del carcere di Poggioreale, assieme al Garante regionale dei detenuti, Samuele Ciambriello, ed a don Franco Esposito, direttore della Pastorale carceraria di Napoli e cappellano del carcere G. Salvia, perché non c’è più tempo”.
Ilaria Cucchi: “Un altro suicidio in carcere, un’altra tragedia annunciata”
“Un altro suicidio in carcere. Un’altra sconfitta dello Stato di diritto. Questa volta a Teramo, dove un detenuto giovanissimo ha deciso di farla finita impiccandosi nella sua cella, nel giorno del suo compleanno. Siamo di fronte ad una strage infinita. Mi chiedo a quante altre tragedie ‘annunciate’, perché di questo si tratta, dobbiamo assistere, prima che si intervenga sulle condizioni disumane degli istituti di pena. Ad oggi il senso di impotenza, è per me devastante. Recentemente ho visitato la Casa Circondariale di Castrogno, dove ho potuto constatare di persona una situazione che definire critica è solo un eufemismo: sovraffollamento, eccessivo uso di psicofarmaci, problemi legati alle visite specialistiche dell’Asl e ovviamente agenti in sottorganico“. Lo afferma la senatrice di Alleanza Verdi e Sinistra Ilaria Cucchi.
“Un drammatico filo rosso unisce tutte le nostre carceri: le disumane condizioni di vita che riguardano tutti, detenuti e agenti, in perenne sotto organico. Una situazione che non si risolve con nuove fattispecie di reato, come fa questo governo o con continue strette securitarie, ma con un lavoro prima di tutto culturale. Bisogna far uscire dal regime di detenzione – spiega – chi è affetto da malattie psichiatriche, i tossicodipendenti, che dovrebbero essere seguiti in altre strutture più idonee e tutti coloro che sono in carcere per scontare i cosiddetti reati minori e che potrebbero usufruire delle misure alternative. Le carceri devono essere svuotate, non riempite. E’ ora che anche il Governo dei Patrioti se ne renda conto”, conclude.