Sette anni di indagini
Respingere i naufraghi è illegale, salvare le vite non è reato: ripristinata la Costituzione
La Procura di Trapani chiede il non luogo a procedere nel processo contro la “Iuventa” (nave di una Ong tedesca), perché il reato di soccorso non esiste. Ci sono voluti sette anni e centinaia di morti
Editoriali - di Piero Sansonetti
Dopo sette anni di indagini, dopo circa tre milioni di euro dilapidati, dopo un considerevole numero di illegalità a danno degli imputati, dopo la sopravvalutazione di testimoni assolutamente inattendibili e dopo il blocco di una nave adibita al soccorso dei naufraghi mandata in malora mentre era sotto la responsabilità dello Stato, la Procura di Trapani ci ha ripensato e ha chiesto il “non luogo a procedere” nell’udienza preliminare contro quattro volontari tedeschi della Ong Jugend Rettet, che facevano parte dell’equipaggio della “Iuventa”, cioè della nave oggetto dell’azione giudiziaria. Hanno rischiato anni di galera gli imputati, ma il reato, in modo del tutto evidente, non c’era. Lo vedevano solo Salvini e Minniti.
Capite cosa vuol dire chiedere il non luogo a procedere dopo sette anni? Uno dice: ma scusate, in questi sette anni cosa avete combinato? E sapete perché la Procura, dopo sette anni, ha deciso che non si poteva procedere?
Perché si è accorta – come avevano da tempo chiesto gli osservatori dell’Onu – che in nessun modo si poteva considerare un reato l’azione volta a salvare vite umane attività compiuta peraltro senza danneggiare né materialmente né economicamente nessuno, tranne i partiti politici che vivono di xenofobia e di propaganda anti-migranti.
Ora però sospendiamo la polemica, magari la riprendiamo a fine articolo. Perché questa svolta clamorosa nel processo di Trapani – il primo di una serie di processi contro i soccorritori fissati nelle prossime settimane e nei prossimi mesi – avrà probabilmente varie conseguenze, e saranno conseguenze positive.
La prima conseguenza è il ritorno in vigore della Costituzione dopo la stretta del 2017, voluta dal governo di centrosinistra guidato da Gentiloni e realizzata dal ministero dell’Interno, guidato da Minniti, con la collaborazione di alcune Procure siciliane.
Eravamo in piena estate, molte migliaia di profughi affollavano il Mediterraneo. Per fortuna la Guardia Costiera Italiana lavorava molto bene. Ne salvava tantissimi. Ed era aiutata da un numero consistente di navi e barche delle Ong, straniere e italiane. La politica però era molto agitata.
La destra, soprattutto la Lega di Salvini, urlava contro l’arrivo dei migranti. La sinistra non sapeva opporsi, e cercava di entrare in concorrenza con la destra. Gridando un po’ meno ma operando. E così nacque il “codice delle Ong”, voluto dal ministero che le Ong dovevano accettare per continuare a svolgere il proprio ruolo.
Il codice riduceva in modo drastico le possibilità di svolgere i soccorsi. Così alcune Ong, tra le quali questa Ong tedesca della quale stiamo parlando oggi, si rifiutarono di firmare il codice. E allora intervenne la magistratura, e iniziarono i procedimenti giudiziari. Uno contro Iuventa, uno contro Mediterranea (la Ong della quale fa parte Luca Casarini) e varie altre.
La Iuventa fu messa sotto sequestro e poi mandata in malora. Con quali conseguenze? Beh, è ragionevole pensare che in questi sette anni, se fosse stata lasciata in mare, avrebbe realizzato un centinaio di salvataggi. Cioè avrebbe portato a terra diverse migliaia di profughi.
Noi non possiamo sapere quanti di questi profughi siano riusciti lo stesso ad arrivare a terra e quanti invece facciano parte delle oltre 15 mila persone finite in fondo al mare in questi sette anni. Tutte stime per difetto.
Con un calcolo approssimativo possiamo dire che comunque qualche centinaia di vite non sono state salvate per via del sequestro della Iuventa. Questo è il costo più grave imposto dal processo Iuventa: alcune decine o centinaia di morti. Strage. Colposa? Vedete voi.
È noto che in questo paese il reato di omicidio o di mancato soccorso non è molto grave. I reati gravi sono quelli economici o – peggio di tutti – il favoreggiamento della clandestinità o addirittura la cosiddetta “gestazione per altri”. Quelli sí che son gravi. “Reati universali”.
Gli omicidi dei naufraghi sono considerati dalla politica e da gran parte dei giornali, semplici effetti collaterali dell’attività di “Difesa dei Confini”. I magistrati che, istigati dai politici, fermarono la Iuventa si sentivano come il generale Diaz che sbarrò la strada agli austriaci sul Piave.
Adesso si dice così: patrioti. E infatti avevano subito trovato l’appoggio dei politici e del governo. Salvini lo dice sempre: difesa dei confini. Il ministero dell’Interno – per la precisione Piantedosi – nel dicembre del ‘22 (cioè cinque anni dopo il sequestro ) si costituì parte civile contro la Iuventa. Smascherando un po’ tutta l’operazione.
Nel senso che a quel punto si capì che si trattava di un vero e proprio processo politico. Così come è un processo politico quello in corso contro Mediterranea, con l’appoggio massiccio di alcuni giornali dell’estrema destra, che hanno cercato anche di sparare a palle incatenate contro il Vaticano, colpevole di aver sovvenzionato le operazioni di soccorso. E per questo accusato del reato di “cristianità molesta”..
Nel processo, a un certo punto erano entrate le dichiarazioni degli sconcertati osservatori dell’Onu, che avevano fatto notare come il processo fosse una violazione evidente dei diritti umani. E avevano anche messo in discussione l’articolo 12 del decreto 286, che risale al 1998 e che fu varato da un governo di centrosinistra.
Perchè la verità è questa: nella lotta illegale e letale ai migranti si sono impegnati con pari convinzione tutti gli schieramenti: destra, centrosinistra e Cinque Stelle (inventori dello slogan: “sono taxi del mare”).
Sebbene sollevati dal cambio di opinione dell’accusa, gli imputati hanno espresso sconcerto per quello che è successo: prove cruciali, come i dubbi sulla credibilità dei testimoni dell’accusa, avrebbero dovuto essere smontate durante la fase investigativa, non durante il procedimento preliminare.
Francesca Cancellaro, una degli avvocati di Iuventa, ha detto: “Siamo contenti che la procura abbia cambiato idea dopo 7 anni. Tuttavia, non è così che funziona uno stato di diritto. Le accuse dovrebbero essere formulate solo dopo un’indagine approfondita e la raccolta di tutte le prove disponibili. Iniziare un processo senza le dovute basi è ingiusto e comporta un onere indebito per gli imputati”.
Nicola Canestrini, uno degli avvocati di Iuventa: “Oggi il governo, che aveva di fatto chiesto un risarcimento danni ai soccorritori, ha lasciato la decisione al tribunale e ha abbandonato l’aula”.
Dariush Beigui, imputato di Iuventa: “Mi sento sollevato e triste allo stesso tempo. Se la Procura avesse esaminato le prove fin dall’inizio, non sarebbe mai stata autorizzata a sequestrare la Iuventa e ci sarebbero stati risparmiati 7 anni di stress. Un occhio piange, l’altro ride. “
Sascha Girke, imputato di Iuventa: “La Iuventa non avrebbe mai dovuto essere confiscata e le persone non sarebbero dovute essere lasciate a morire. Ora il tribunale di Trapani ha l’opportunità di fermare il tossico effetto di questa criminalizzazione della solidarietà, una situazione che non avrebbe mai dovuto essere permessa. Rivolgiamo un appello al tribunale affinché lo faccia”.
Kathrin Schmidt, imputata di Iuventa: “Quello di oggi è stato un passo importante verso la de-criminalizzazione del soccorso in mare. Tuttavia, dobbiamo essere chiari sul fatto che, a differenza del processo Iuventa, la lotta per la libertà di movimento non si sta nemmeno lontanamente concludendo. Le persone in movimento continuano ad affrontare una repressione sistematica e incarcerazioni di massa. Nessuno sarà libero finché tutti saranno liberi!”.