La sconfitta in Sardegna
Perché la Meloni ha perso le elezioni in Sardegna: l’ipotesi ‘sabotaggio’ della Lega e di Salvini
Crippa, vicesegretario del Carroccio, critica la scelta di Truzzu: “I sardi non hanno capito Meloni”. I Fratelli d’Italia sospettano il sabotaggio nell’isola. Sul Veneto sarà muro contro muro
Politica - di David Romoli
Per un leader politico sulla cresta dell’onda perdere l’aura dell’invincibilità è sempre un guaio, a volte molto grosso. Giorgia Meloni quell’aura la ha persa domenica in Sardegna. A botta calda i leader avevano scelto il silenzio “per evitare polemiche”.
Ieri si sono pronunciati, insieme e ciascun per sé, però hanno detto pochissimo. Il comunicato congiunto dei tre leader si appiglia allo spiraglio che consente qualche ottimismo: ha vinto Todde, non il centrosinistra che nel voto di lista sta molto indietro rispetto alla maggioranza. Conclusione rosea: “Non emergerebbe un calo di consensi per il centrodestra”.
Consolatorio ma fino a un certo punto: quel dato infatti rivela anche che la sconfitta è dipesa tutta dalle scelte della premier: candidato sbagliato, sostituzione d’autorità del governatore uscente operata con le modalità peggiori, comizio finale disastroso, senza una parola sulla Sardegna. Gli elettori hanno plebiscitato Todde e abbattuto il candidato di Giorgia.
Voto disgiunto limitato, non più di 5mila elettori. Ma Todde ha vinto per meno di 3mila voti: limitato o meno quel voto disgiunto ha provocato la sconfitta di Paolo Truzzu e della sua alta protettrice.
Il comunicato congiunto prende cautamente atto: “È una sconfitta sulla quale ragioneremo insieme per valutare i possibili errori commessi”. Meloni lo ripete anche nel comunicato che firma da sola: “Le sconfitte sono anche un’opportunità per riflettere e migliorarsi. Impareremo anche da questo”.
Parla anche Salvini ed evita polemiche: “Si vince e si perde tutti insieme. Dopo 5 vittorie una sconfitta ci può stare”. Però aggiunge, quasi di sfuggita che certo “quando cambi candidato in corsa la cosa si complica”. Sembra buttata là invece è uno dei punti sui quali la Lega insisterà perché “si rifletta”.
Non sarà una riflessione serena. Un altro elemento sul quale riflettere lo mette in campo il vicesegretario leghista Crippa: “Il popolo sardo non ha capito il criterio dei rapporti di forza”. Equivale a prendere di mira il modus operandi abituale della premier, che dalle elezioni politiche in poi ha sempre fatto valere solo i rapporti di forza.
In Sardegna è quel metodo che è andato a sbattere. FI, il partito che dalla vicenda è uscito meglio, su questo punto chiave concorda con la Lega e anzi il primo a farlo capire domenica, a spoglio appena iniziato, è stato proprio Gasparri.
Sul comportamento della Lega, invece, non si può riflettere alla luce del sole. Il sospetto che campeggia in via della Scrofa è che la Lega e il Psdaz abbiano lavorato in tandem per quel voto disgiunto che, pur se contenuto, ha comunque provocato il crollo.
Accuse di questo genere non possono essere mosse apertamente: corrodono i rapporti ma senza che nessuno possa esplicitarli. Alla fine, inevitabilmente, tutto precipiterà sulle candidature per le elezioni regionali.
Il vero momento critico per la premier non più invincibile sarà quello, anche se il rischio di un risultato al di sotto delle aspettative e dunque politicamente perdente alle europee ormai è palese. Ieri FdI si è affrettata a stemperare possibili tensioni in Basilicata. “Non abbiamo nessuna preclusione sulla candidatura di Bardi e presto decideremo”, afferma Donzelli.
Il partito azzurro, da cui Bardi proviene, accoglie soddisfatto l’atteso segnale. Ma il punto critico, molto critico non è la Basilicata: è il Veneto. “La vicenda del terzo mandato non è conclusa”, si fa sentire Zaia tanto per far capire che né lui né la Lega hanno alcuna intenzione di rinunciare al terzo mandato e alla conseguente quarta legislatura di Zaia come presidente della Regione.
Sul nodo del Veneto precipitano infatti tutti gli errori sui quali la premier promette di riflettere: in particolare quello preso di mira da Crippa, la “decisione d’autorità”. Si voterà solo tra un anno ma rinviare e lasciare la ferita aperta significherebbe mandarla in suppurazione. Per questo da Fi si affannano a far sapere che l’accordo sulle Regioni è già stato trovato.
Ma nessun accordo che escluda Zaia dal Veneto può essere sottoscritto con le buone dalla Lega. E procedere con le cattive significa esporsi al rischio di sprofondare di nuovo in una situazione simile a quella della Sardegna. Elevata a ennesima potenza.