Il decreto Cutro

Quella riserva di caccia ai migranti

Le decisioni della magistratura che hanno messo nel nulla le norme in discussione non sono per forza fondate. Ma una cosa è discuterne l’aderenza al sistema legale, un’altra cosa è contestarle denunciandone l’inaderenza ai proclami governativi, e cioè alle politiche di sicurezza “lungo tutto il globo terracqueo”.

Politica - di Iuri Maria Prado - 10 Febbraio 2024

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Quella riserva di caccia ai migranti

Un dato politico grosso come una casa incombe sull’affare giudiziario che ora la Cassazione ha spedito alla giustizia europea. Se ne è discusso poco e malamente, ma era letteralmente eversiva la maggioranza che insorgeva contro una giudice accusata di comportamento antinazionale e antigovernativo perché si permetteva di disapplicare questa o quella disposizione della normativa spazza-immigrati.

Checché in contrario ne dicessero i legislatori del ceppo italico, infatti, quella giudice – come qualunque giudice – non solo poteva, ma doveva disapplicare una norma in sospetto di urtare il diritto costituzionale e comunitario.

E ovviamente può ben succedere che il giudice commetta un errore quando procede in tal modo, nel senso che, in realtà, la norma esaminata non merita di essere disapplicata in quello specifico caso, o non in base alle motivazioni adoperate dal giudice che la disapplica erroneamente.

Ma il guaio è che da parte del governo non si contestava alla giudice di aver giudicato male: le si contestava il potere di giudicare, e cioè il potere di mettere il becco in una specie di riserva – la riserva di caccia ai migranti – che si pretendeva sottratta alla giustizia, alla giurisdizione, al diritto.

Quell’atteggiamento della maggioranza denunciava la pretesa che su quell’argomento (l’immigrazione, i diritti degli immigrati) si costituisse e fosse insindacabile una specie di diritto speciale, naturalmente giustificato da un provvidenziale motivo di emergenza: di modo che, per fare un esempio, dovrebbe essere sottratto a qualunque scrutino di giustizia la norma che consente allo Stato di taglieggiare un profugo imponendogli di pagare migliaia di euro perché altrimenti lo rispediscono nel lager.

Ripetiamolo. Le decisioni della magistratura che hanno messo nel nulla le norme in discussione non sono per forza fondate: possono essere sbagliate come può essere sbagliato ogni provvedimento giudiziario. Ma una cosa è discuterne l’aderenza al sistema legale, un’altra cosa è contestarle denunciandone l’inaderenza ai proclami governativi, e cioè alle politiche di sicurezza “lungo tutto il globo terracqueo”.

E questo, sotto sotto, era e continua a essere l’atteggiamento di maggioranza: che quella giudice si è resa responsabile di una giurisprudenza anti-patriottica, ficcando il naso in un ambiente in cui c’è posto per i decreti intangibili e per i comizi con il rosario in pugno, ma non per l’intrusione della legalità.

Che poi questa sorta di diritto speciale, questa riserva inaccessibile alla giustizia, nei vagheggiamenti governativi riguardi gente con la pelle di un altro colore, ebbene è solo una raccapricciante, ma ovviamente casuale, combinazione.

10 Febbraio 2024

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