La prima polemica sul Festival

Geolier a Sanremo, il testo di “I p’ me, tu p’ te” spacca Napoli: ma c’è poco da scandalizzarsi

Scrittori, attori, opinionisti contro il napoletano della canzone in gara al Festival, i neoborbonici correggono il testo e invitano cantante e produzione a un corso di lingua. Il musicologo, memoria storica della musica napoletana Pasquale Scialò: "Non c’è da scandalizzarsi o da fare i conservatori, le canzoni sono sismografi di un processo"

Cultura - di Antonio Lamorte - 31 Gennaio 2024

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Fosse stato ancora aperto e funzionante “Difendo la città”, lo sportello a difesa dell’orgoglio cittadino e contro lo Sputtanapoli ideato dall’ex sindaco arancione e populista Luigi De Magistris, Geolier avrebbe sfilato oggi con i ceppi ai polsi come Ilaria Salis in Ungheria, sorvegliato a vista e trascinato alle carceri nella “Fossa del Coccodrillo” del Maschio Angioino. Il capo d’accusa: aver usurpato, infangato, tirato un secchio di letame sulla storia secolare della lingua e della canzone napoletana. E pensare che al Festival di Sanremo ci voleva andare proprio per Napoli. “Per me è già una vittoria”, aveva detto orgoglioso di essere il primo a portare un pezzo unicamente in napoletano. Quando però il testo di I p’me, tu p’ te è uscito su Tv Sorrisi e Canzoni qualcosa si è spezzato: è caduta a terra e si è rotta.

Sono insorti scrittori, attori, perfino i neoborbonici a dare una spruzzata di pittoresco sciovinismo alla questione. Geolier, nome d’arte di Emanuele Palumbo, a 23 anni ha vinto 53 dischi di platino e 23 dischi d’oro, il suo secondo e ultimo album Il coraggio dei bambini è stato l’album più venduto nel 2023. Dice: “Io sono Napoli”. E però c’è qualcuno che non si è sentito rappresentato da questa sua lingua, che non lo vedrà come un ambasciatore all’Ariston in questa pelosa rivendicazione del riscatto della città e delle sue periferie. Classismo accusa qualcuno, il bisogno di voler consigliare un ragazzo che con il napoletano ha costruito tutto quello che ha: è cresciuto a Secondigliano, Napoli Nord, quando tornava a casa con i primi soldi fatti con la musica i genitori gli chiedevano se si fosse messo a fare il criminale.

Quel testo – scritto da D. Simonetta, P. Antonacci, E. Palumbo, M. Zocca, D. Simonetta, G. Petito, D. Totaro e F. D’Alessio – è piuttosto ridosso all’osso, certo. Latitano accenti e aferesi. Saranno sfuggiti, forse. Secondo il musicologo – la memoria storica della canzone napoletana cui abbiamo chiesto un commento – Pasquale Scialò, è anche una maniera per rivendicare la propria esperienza e dimensione: sono giovane, ho 23 anni e vado a Sanremo, ci vado con la mia identità. Potrebbe essere. Potrebbe anche essere però oggettivamente impossibile trascrivere una lingua tramite il sistema linguistico di un’altra. Se davvero il napoletano è una lingua – è sempre puntuale la polemica: ma anche un dialetto è potenzialmente una lingua, meno normata o non normata affatto oltre che priva di riconoscimenti istituzionali e giuridici, non c’è nulla di degradante in un dialetto – si potrebbe con precisione renderlo soltanto con l’alfabetico fonetico, ma sarebbe poi pubblicabile, un testo del genere, su Tv Sorrisi e Canzoni?

Le critiche al testo di Geolier

Lo scrittore Maurizio De Giovanni è stato tra i primi a insorgere: ha definito quel testo uno “strazio”. Un post su Facebook allungato da almeno tre P.S., a scanso di equivoci. De Giovanni ha consigliato: “Basta chiamare qualcuno e farsi aiutare. Un po’ di umiltà”. Ha aggiunto: nessuna invidia o giudizio sull’artista, sul suo valore o successo “che peraltro gli auguro con tutto il cuore da conterraneo e tifoso di ogni espressione positiva del territorio. Il napoletano è una lingua, ha una sua scrittura e questa ha diritto al rispetto. Chiaro, adesso?”. E ancora: “Andate a vedere la scrittura dei testi di Pino Daniele. Sono tutti disponibili in rete. Guardate come sono scritti”.

Sulla stessa linea l’attore e regista Gianfranco Gallo: “Sono felice che un ragazzo napoletano fortissimo vada a Sanremo, lo giuro. Ma, pur non essendo un purista integralista, devo solo pensare che così tanti autori saranno stati necessari visto che il testo è in dialetto congolese stretto. Speriamo che vinca così andiamo all’Eurofestival con un testo africano. W Lumumba!”. Lo stesso che alle accuse di invidia ha replicato: “Questa è l’epoca dell’“Envy Control”: zittire qualsiasi critica usando l’arma dell’accusa di invidia. Tra poco se dirai che i mandarini di un tale negozio non sono buoni, ti risponderanno che parli solo perché vorresti essere il fruttivendolo”.

Ancora più estremo lo scrittore Angelo Forgione: ha attaccato il “napoletano balordo di Geolier”, gli è apparso nientedimeno “Salvatore Di Giacomo sanguinante in croce”, “altro che ananas sulla pizza”. Grande applicazione e tempestivo intervento dei Neoborbonici, “da sempre difensori della storia napoletana e meridionale”, che si sono premurati di correggere e riscrivere il testo e di inviarlo alla casa discografica “milanese” di Geolier. “Il rapper è un giovane che sta portando la nostra cultura in giro per il mondo e non è colpa sua se nelle scuole non si insegna il napoletano, a differenza di quanto accade in altre regioni e come da tanti anni richiedono i neoborbonici”. Il movimento ha invitato il cantante, la casa discografica e gli altri autori del brano a seguire uno dei corsi in lingua napoletana organizzati dall’associazione “I Lazzari”. Prego.

Geolier a Sanremo: il commento di Pasquale Scialò

Pasquale Scialò nel corso degli anni ha messo le mani sui testi di diversi artisti napoletani e campani. È musicologo e compositore, insegna Pedagogia della Musica al Conservatorio G. Martucci di Salerno e Musicologia e Storia della Musica presso l’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. La sua ultima pubblicazione è un doppio cofanetto sulla storia della canzone napoletana dal 1924 al 2020 (Neri Pozza). Ha seguito la vicenda sui social, ha letto dei commenti. E all’Unità osserva: “Sono giovani che hanno tutt’altra modalità di ideazione e di linguaggio. Il linguaggio si rinnova, è un processo evolutivo o degenerativo. È un dato di fatto: ormai una parte dei giovani scrive in quella maniera, la lessicografia non è più quella di Salvatore Di Giacomo o di Libero Bovio. Così scrivono sui cellulari”.

E se quell’assenza di accenti e di aferesi fosse stata superficialità? “Si dovrebbe indagare, ma sono convinto che l’assenza di accenti e di aferesi è assolutamente intenzionale. Non credo ci sia superficialità, è una scelta meditata e ostentata. ‘Io sono giovane, ho 23 anni e vado a Sanremo, ci vado con la mia identità’. Le pare mai possibile che una casa discografica non abbia il tempo o la possibilità di prendere un esperto, qualcuno con un minimo di conoscenza lessicografica, per rivedere il testo? Non ci credo, penso sia più un fatto intenzionale”.

La trascrizione di un testo in napoletano ha tantissime soluzioni: “Spiego con due mie esperienze dirette. La prima: nel mio cofanetto, ci sono anche testi di Geolier. Li ho aggiustati, li avevo normalizzati dal punto di vista lessicografico. Non lo farò più. A pensarci bene: quello è un modo di scrivere, potrei non condividerlo ma quello è un modo di scrivere. La seconda: anni fa pubblicai un songbook su Raffaele Viviani, avevo trascritto i testi in alfabeto fonetico internazionale. Era destinato a un mercato internazionale: anche per il cantante giapponese, faccio un esempio, che vuole cantare quella canzone. È un campo aperto, ci sono tantissime possibilità. Non c’è da scandalizzarsi o da fare i conservatori, anche perché gli errori degli altri possono diventare standard per il futuro”.

A ben osservare forse tutto quello che c’è da registrare in una polemica esagerata è il rifiuto di una parte di Napoli del suo cantante al momento di maggior successo che si era proclamato suo ambasciatore a Sanremo. Un cortocircuito. “Le canzoni non riscattano niente, il riscatto si fa con altro. Certo possono essere apripista di movimenti, di opinioni, di comunità e di aggregazione. Sono il sismografo di un processo”, ha commentato Scialò. Geolier si sente Napoli, a quanto parte non tutta Napoli è Geolier. Potrebbe ribaltare di nuovo tutto la sua performance a Sanremo. Ormai manca poco.

Il testo della canzone di Geolier “Io p’ me, tu p’ te”

di D. Simonetta – P. Antonacci – E. Palumbo – M. Zocca – D. Simonetta – G. Petito – D. Totaro – F. D’Alessio
Ed. Eclectic Music Publishing/Thaurus Publishing/Golden Boys/ Nuova Nassau/Music Union/Management33 Music/ Wonder Manage/Studio Uno Sound – Milano

Nuij simm doije stell ca stann precipitann
T stai vestenn consapevole ca tia spuglia
Pur o’mal c fa ben insiem io e te
Ciamm sprat e sta p semp insiem io e te
No no no comm s fa
No no no a t scurda
P mo no, no pozz fa
Si ng stiv t’era nvta
A felicità quant cost si e sord na ponn accatta
Agg sprecat tiemp a parla
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Piccio mo sta iniziann a chiovr
Simm duij estranei ca s’incontrano
E stev pnzann a tutte le cose che ho fatto
E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu pe’te
Tu m’intrappl abbraccianm
Pur o riavl er n’angl
Comm m può ama si nun t’am
Comm può vula senz’al, no
È passat tantu tiemp ra l’ultima vot
Ramm natu poc e tiemp p l’ultima vot
No, no no no comm s fa
No no no a t scurda
P mo no, no pozz fa
Nun less pnzat maij
Ca all’inizij ra storij er gia a fin ra storij p nuij
O ciel c sta uardann
E quant chiov e pcchè
Se dispiaciut p me e p te
Piccio mo sta iniziann a chiovr
Simm duij estranei ca s’incontrano
E stev pnzann a tutte le cose che ho fatto
E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
Sta nott e sul ra nostr,
Si vuo truann a lun a vac a piglia e ta port,
E pur si o facess tu nun fuss cuntent,
Vuliss te stell, vuless chiu tiemp cu te.
Piccio mo sta iniziann a chiovr
Simm duij estranei ca s’incontrano
E stev pnzann a tutte le cose che ho fatto
E tutto quello che ho perso, non posso fare nient’altro
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te
I p’me tu p’te

31 Gennaio 2024

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