Il neoatlantismo

Enrico Mattei: chi era l’imprenditore e dirigente ENI che ispira il Piano per l’Africa, il mistero della morte

Partigiano, imprenditore, editore, dirigente Eni. Gli accordi con i Paesi produttori di petrolio e l'URSS, le Sette Sorelle, il mistero dell'attentato a Bascapè. Mattarella: "Appartiene a pieno titolo alla schiera dei costruttori della Repubblica"

News - di Redazione Web

29 Gennaio 2024 alle 17:56

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©lapresse archivio storico varie anni ’50 Enrico Mattei nella foto: l’industriale Enrico Mattei alla sua scrivania BUSTA 10337
©lapresse archivio storico varie anni ’50 Enrico Mattei nella foto: l’industriale Enrico Mattei alla sua scrivania BUSTA 10337

Enrico Mattei: oltre l’imprenditore, partigiano, editore e dirigente pubblico, anche l’uomo che ha ispirato il Piano per l’Africa propagandato dal governo Meloni e presentato oggi al Senato anche per sottolineare “la centralità del Parlamento della definizione del Piano Mattei”. 25 capi di Stato e di governo, ministri di una ventina di Paesi africani, per discutere un nuovo partenariato tra Italia e Stati africani che tra politiche energetiche e sociali possa emulare l’approccio “non predatorio” che fu di Mattei. Un “nuovo atlantismo” come venne battezzato e che secondo alcune ricostruzioni fu anche la sua condanna.

Enrico Mattei si fece promotore di quella che è stata definita una politica estera alternativa, come disse il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “La sua azione ha contribuito a porre l’Italia al crocevia dei dialoghi di pace e cooperazione per lo sviluppo. Con coraggio ha proseguito nella sua opera, pur conoscendo bene quali poteri e quali interessi gli erano avversi. Il suo esempio e la sua figura appartengono a pieno titolo alla schiera dei costruttori della Repubblica”. Fu proprio questa politica a renderlo scomodo, fino alla morte in circostanze misteriose il 27 ottobre 1962, quando l’aereo sul quale viaggiava precipitò a a Bascapè, in provincia di Pavia, dopo l’esplosione di una bomba sul velivolo.

Chi era Enrico Mattei

Enrico Mattei fu prima di tutto verniciatore: nato ad Acqualonga, oggi provincia di Pesaro e Urbino, primo di cinque fratelli, figlio di padre sottufficiale dei carabinieri e madre casalinga. Divenne direttore della conceria dove aveva cominciato come garzone a soli vent’anni. Si trasferì a Milano e fondò un’azienda nel settore chimico. Iscritto al Partito Fascista, nel 1936 sposò la ballerina austriaca Margherita Paulus. Quell’azienda la lasciò ai fratelli nel 1943 per entrare nella Resistenza e nel comando militare del Comitato di Liberazione Nazionale, in rappresentanza della Democrazia Cristiana.

Entrò a Milano in corteo, il 25 aprile 1945, alla testa delle formazioni di partigiane. Fu insignito della Medaglia d’oro della Resistenza e della Bronze Star dell’esercito americano. Nel dopoguerra fu incaricato di liquidare l’Agip, l’Azienda Generale Italiana Petroli, nata durante il fascismo e soprannominata “Associazione gerarchi in pensione” per gli scarsi risultati ottenuti. Invece di liquidarla, la rilanciò: il primo passo fu la scoperta di un giacimento di metano a Caviaga, nel lodigiano, indicatogli da un ex dirigente allontanato dall’azienda. Il petrolio c’era però a Cortemaggiore, dove cominciarono le estrazioni e a Ravenna venne fondato uno dei primi poli petrolchimici mentre i gasdotti realizzati cominciavano a collegare tutta la penisola.

La fondazione dell’ENI e il “neoatlantismo” di Mattei

L’ENI, Ente Nazionale Idrocarburi, andò a incorporare la vecchia Agip e venne fondata nel 1953. Per simbolo l’iconico cane a sei zampe che sputa fuoco. Nel 1956 Mattei contribuì anche alla nascita del quotidiano Il Giorno, a sostegno delle imprese dell’Eni e della linea della sinistra democristiana di Amintore Fanfani. Se l’imprenditore partigiano divenne conosciuto in tutto il mondo fu per la sua larga indipendenza di azione: per recuperare risorse energetiche uscì dai canali ufficiali segnati dalla “Cortina di Ferro” della Guerra Fredda, controllati dagli Stati Uniti, per recuperare fonti cominciò a trattare direttamente con Paesi ricchi di petrolio come Libia, Marocco, Iran ed Egitto.

Era negli accordi con questi che si trovava la peculiarità della politica di Mattei, che oggi continua a ispirare: ai Paesi andava la cessione agli stessi del 75% dei profitti, il coinvolgimento di questi nel processo produttivo e la qualificazione della forza lavoro locale. Si parlava all’epoca in Italia di “neoatlantismo”. E non piaceva per niente alle cosiddette “Sette Sorelle” (Exxon, Mobil, Texaco, Standard oil of California, Gulf oil, l’anglo-olandese Royal Dutch Shell e la britannica British Petroleum) che ai Paesi del Medioriente offrivano al massimo i 50% dei profitti. Della tensione altissima scriveva anche il Dipartimento di Stato nel settembre del 1957: “Gli obiettivi di Mattei in Italia ed all’estero dovrebbero destare preoccupazioni. Mattei rappresenta una minaccia per gli obiettivi della politica che gli Stati Uniti intendono perseguire in Italia”.

La linea rossa

Secondo alcuni osservatori la linea rossa fu superata nel 1960, quando Mattei chiuse un accordo con l’Unione Sovietica che prevedeva il rifornimento di petrolio in cambio di merci italiane. Si schierò anche per l’indipendenza dell’Algeria (ricca di petrolio) dalla Francia e fu minacciato dall’ Organisation de l’Armée Secrète, un’organizzazione di estrema destra francese. Quando morì stava trattando un accordo con l’Algeria.

Com’è morto Enrico Mattei

Enrico Mattei morì il 27 ottobre del 1962. Il bireattore Morane-Saulnier, su cui stava viaggiando da Catania a Milano, precipitò in discesa verso l’aeroporto di Linate. A Bascapè. A bordo con l’imprenditore c’erano Irnerio Bertuzzi, ex pilota dell’aeronautica militare, e il giornalista di Life William McHale. La prima inchiesta sullo schianto si concluse nel 1966 con il “non doversi procedere in ordine ai reati rubricati a opera di ignoti perché i fatti relativi non sussistono”.

Le ipotesi avanzate furono le più disparate: una manovra mal eseguita, un suicidio da parte del pilota, un’avaria ipotizzata da una commissione d’inchiesta. Alcuni contadini di Bascapè raccontarono nelle ore successive all’incidente di aver visto l’aereo incendiarsi in volo. La tesi dell’attentato travisato da incidente venne avanzata dal celebre film del 1972 Il caso Mattei diretto dal regista Francesco Rosi e interpretato dall’attore Gian Maria Volontè.

Del caso parlò anche il pentito di Mafia Tommaso Buscetta: ai magistrati disse che “il primo delitto ‘eccellente’ di carattere politico ordinato dalla Commissione di Cosa Nostra, costituita subito dopo il 1957, fu quello del presidente dell’Eni Enrico Mattei. In effetti fu Cosa Nostra a deliberare la morte di Mattei, secondo quanto mi riferirono alcuni dei miei amici che componevano quella Commissione”. La richiesta di uccidere Mattei era arrivata dalla mafia americana secondo il collaboratore di Giustizia. L’inchiesta aperta nel 1996 a Pavia e chiusa sette anni dopo, con dodici perizie e 612 testimonianze, portò alla conclusione secondo cui sull’aereo era esplosa una bomba.

La scomparsa di Mauro De Mauro

I mandanti dell’attentato non furono mai individuati. Il più grande giallo della storia della Repubblica italiana è stato alimentato dalla scomparsa del giornalista de L’Ora di Palermo Mauro De Mauro: il cronista era stato incaricato dal regista Rosi di raccogliere elementi per il suo film. De Mauro scomparve nel nulla il 16 settembre del 1970 e non fu mai più ritrovato. Il processo per la sparizione si è concluso nel 2011. La Corte di Assise di Palermo confermò che la Mafia voleva coprire i mandanti dell’attentato di Bascapè.

29 Gennaio 2024

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