Dopo le parole di Pinelli
Regolamento di conti tra correnti, tra Csm e riformina Nordio volano stracci nell’Anm
Spaccatura nel consiglio direttivo dello scorso fine settimana: da un lato le toghe di sinistra e di centro, dall’altro quelle di destra
Giustizia - di Paolo Comi
Volano gli stracci nell’Associazione nazionale magistrati. Il potente, ed unico, sindacato delle toghe si è spaccato lo scorso fine settimana sulla riforma della giustizia e sul ruolo istituzionale del Consiglio superiore della magistratura. Da un lato le correnti di sinistra e di centro, dall’altro quelle di destra.
La riunione del Comitato direttivo centrale dell’Anm, la prima del 2024, era stata convocata per affrontare il tema della riforma della giustizia che il Guardasigilli aveva illustrato nella sua relazione alle Camere. All’ordine del giorno era stata poi inserita la discussione sulle parole pronunciate dal vice presidente del Csm Fabio Pinelli durante l’ultima conferenza stampa sull’attività svolta in questi mesi a Palazzo dei Marescialli.
Visti gli argomenti sul tappeto era alquanto difficile immaginare che ci potessero essere tensioni. La riforma di Nordio, infatti, è all’acqua di rosa, non prevedendo a parte i tanti annunci modifiche significative all’ordinamento giudiziario, come l’introduzione ad esempio della responsabilità civile dei magistrati o la depenalizzazione dei reati.
E Pinelli, da parte sua, si era limitato a dire ciò che è scritto nella Costituzione della Repubblica, e quindi che il Csm non è “una terza Camera”. Nonostante queste premesse, l’Anm, sotto la spinta delle correnti di sinistra, è andata lo stesso allo scontro affermando che la relazione di Nordio era “problematica” e che Pinelli avrebbe addirittura “svalutato” il ruolo del Csm.
Per avallare queste tesi alquanto improbabili, i pm sono partiti da lontano affermando che “Nordio vuole una giustizia rapida ed efficiente ma non ci ascolta”. E poi che non concede “strumenti che possano essere di ausilio al quotidiano impegno dei magistrati, e dei loro collaboratori, nel rendere il migliore servizio a tutela dei diritti dei cittadini”, manifestando invece il suo timore “per il preteso eccessivo potere degli uffici di procura e per i pretesi abusi delle intercettazioni o di altri strumenti di ricerca della prova, essenziali nel contrasto delle forme di criminalità organizzata o di gravi delitti contro l’economia e la pubblica amministrazione”.
Come primo atto di questa strategia, la cancellazione dell’abuso d’ufficio, il reato prezzemolo utilizzato come una clava per colpire gli amministratori pubblici. Senza abuso d’ufficio vi sarebbe, per l’Anm, “una fascia di impunità che non appare in linea con le esigenze, riconosciute dallo stesso Guardasigilli nella sua relazione alle Camere, di serio ed effettivo contrasto ai fenomeni corruttivi”.
Nel mirino, poi, anche la ventilata riforma delle intercettazioni che prevede lo scontato divieto di intercettare le conversazioni fra l’avvocato ed il suo assistito, oppure di non trascrivere quelle, penalmente irrilevanti, fra i soggetti esterni alle indagini.
Un documento a parte era stato dedicato, come detto, dal Comitato alle dichiarazioni di Pinelli che conterrebbero giudizi “svalutativi” delle funzioni del Csm, confinandolo ad “organo che dovrebbe limitarsi solo a compiti di ‘alta amministrazione’”.
Una affermazione quanto mai ovvia, ma non per l’Anm, secondo cui al Csm spetterebbe invece “l’alto ruolo di orientare i compiti di amministrazione della giurisdizione, per il tramite delle varie scelte operate in materia di organizzazione della giustizia, e di esprimere, pertanto, un vero e proprio indirizzo politico in materia giudiziaria”.
E per questo motivo, sempre secondo l’Anm, sarebbe stato necessario invece ribadire l’impegno del Csm “a tutela del ruolo e delle prerogative consiliari nel sistema costituzionale”, non essendo possibile giustificare “alcun arretramento rispetto alla tutela dell’indipendenza della magistratura, che è il presupposto necessario e indefettibile per un sereno esercizio della giurisdizione a tutela di tutti i cittadini”.
Parole ritenute eccessive dagli esponenti di Magistratura indipendente, la corrente di destra, che avevano deciso di sottoscrivere un loro documento più ‘morbido’, subito però bocciato dalla maggioranza dell’Anm a guida progressista.
Ed era stato bocciato, a proposito delle frasi di Pinelli, anche quello delle toghe indipendenti di “Articolo 101” che aveva addirittura ripreso nell’incipit le parole di un discorso recentemente pronunciato dal capo dello Stato: “La Costituzione attribuisce ai magistrati l’esercizio della funzione giurisdizionale. Si tratta, in sostanza, della tutela dei diritti e della garanzia di giustizia che vi è connessa; senza queste lo Stato democratico, fondato sull’uguaglianza e sulla pari dignità delle persone, sarebbe gravemente compromesso”.
E poi: “Principale corollario dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge è l’imparzialità nell’esercizio della giurisdizione. Affinché tale ruolo possa essere svolto la Costituzione ha sottratto alla Politica il governo dei magistrati e l’ha affidato a un organo apolitico di garanzia, il Consiglio Superiore della Magistratura”.
“L’idea del Csm disegnata dal comunicato congiunto di Area, Md e Unicost è quella di un organo di governo autonomo comandato da gruppi di potere faziosi, di tipo partitico. Praticamente l’opposto di quell’organo tecnico di garanzia, imparziale e di alta amministrazione, previsto dalla Costituzione, nonché origine delle degenerazioni correntizie e del nominificio al quale è stato troppe volte ridotto dai precedenti componenti”, ha sottolineato il giudice Andrea Reale, esponente di Articolo 101. Il sospetto, allora, è che dietro questa finta polemica con Nordio sia in atto il solito regolamento di conti fra le correnti. Nulla di nuovo, insomma.