Il caso del senatore FI

Perché Gasparri è in conflitto d’interessi anche se il Senato lo ha salvato

Dopo l’inchiesta, il senatore di FI ha dovuto denunciare la carica che aveva omesso di dichiarare in violazione del Codice di condotta. Troppi abusi: le vecchie regole sulla compatibilità vanno riviste

Editoriali - di Salvatore Curreri

23 Gennaio 2024 alle 17:00

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Perché Gasparri è in conflitto d’interessi anche se il Senato lo ha salvato

Lo scorso 21 dicembre la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha dichiarato, a maggioranza, la carica di presidente della Cyberealm S.r.l. ricoperta dal senatore Gasparri dal giugno 2021 compatibile con il mandato parlamentare.

Come si ricorderà la questione è stata sollevata da Report, dinanzi alle cui accuse il senatore Gasparri aveva dichiarato di non essere obbligato (art. 2 legge n. 441/1982) a dichiarare tale carica perché non comportava l’esercizio di compiti gestionali o operativi. Sembrerebbe dunque che l’esito della vicenda gli abbia dato ragione. Vale la pena, però, svolgere al riguardo alcune considerazioni.

In primo luogo, dopo la denuncia di Report lo stesso Gasparri ha provveduto, tardivamente, a denunciare la carica ricoperta. Ad inizio legislatura, infatti, sulla base di quanto previsto non dalla suddetta legge ma dal Regolamento per la verifica dei poteri (art. 18) e dal Codice di condotta dei Senatori (art. 3), ogni senatore deve dichiarare, oltre alle proprie attività finanziarie e patrimoniali, qualunque carica o ufficio ricoperti, retribuiti o gratuiti, esistenti all’atto dell’accettazione della candidatura o assunti in corso di legislatura.

Non spetta infatti ai parlamentari ma a un apposito organo – giustappunto la Giunta delle elezioni di ciascuna Camera – valutare la compatibilità di tali cariche con l’esercizio del mandato parlamentare che, per Costituzione (art. 67), deve essere libero da ogni vincolo esterno.

Il fatto che il senatore Gasparri abbia omesso ad inizio legislatura di dichiarare la carica ricoperta è particolarmente grave, tanto più perché è ampiamente presumibile conosca la normativa vigente per aver presieduto nella scorsa legislatura la stessa Giunta delle elezioni e delle immunità del Senato.

Così come rimane un dato di fatto – a quel che risulta – che, nonostante tale omissione, il presidente del Senato non abbia ancora investito della questione il Consiglio di Presidenza ai fini dell’eventuale applicazione di sanzioni disciplinari, foss’anche quella più lieve della censura (articolo 8 del Codice di condotta). Poiché una disposizione priva di sanzione degrada da obbligo giuridico a mero consiglio, se ne dovrebbe dedurre che d’ora in poi qualunque senatore potrà non dichiarare o dichiarare tardivamente le cariche che vorrà celare, senza rischiare alcunché.

In secondo luogo, dalle risultanze istruttorie svolte è emersa la compatibilità della carica ricoperta dal senatore Gasparri con il mandato parlamentare. Questo perché Cyberealm è una società privata che non gestisce servizi per conto dello Stato, né dallo Stato riceve contributi in via ordinaria, e che non esercita in modo prevalente attività di carattere finanziario.

Solo in questi casi, infatti, la normativa vigente prevede l’incompatibilità tra la carica ricoperta e quella di parlamentare, costringendolo ad optare tra le due; diversamente, egli potrebbe essere dichiarato decaduto dal mandato dall’Assemblea. Normativa peraltro da interpretare restrittivamente perché in materia elettorale vale il principio per cui tutto ciò che non è espressamente vietato è da intendersi consentito.

Il punto è che la normativa vigente risale a settant’anni fa (artt. 2-4 l. 60/1953) ed è dunque palesemente inadeguata rispetto alle situazioni di conflitto di interessi che oggi si possono dare. Così, senza alcuno scrupolo morale, abbiamo parlamentari che: prestano consulenza per Stati esteri, incassando compensi incomparabili rispetto all’indennità parlamentare ricevuta a garanzia della libertà del loro mandato; svolgono contemporaneamente l’attività di avvocato, sicché talora non si comprende bene il confine tra la loro attività politica e quella professionale, allorquando per non perdere i processi in tribunale cercano di vincerli nelle aule parlamentari; non rinunciano alla loro attività imprenditoriale, anche quando esposta a possibili conflitti di interessi.

Il tutto dimenticando che, per l’art. 54 della Costituzione, i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche devono adempierle con disciplina e onore. Nonostante la dottrina abbia da tempo sostenuto l’esigenza di una riforma della disciplina sulle incompatibilità parlamentari, non se n’è mai fatto nulla per il semplice motivo che il regolatore (i parlamentari) si sottrae ad ogni regolazione. Come dire: il conflitto d’interessi impedisce di disciplinare i conflitti d’interessi.

E qui veniamo al terzo punto. Come evidenziato all’inizio la Giunta delle elezioni ha deciso a maggioranza. Per quanto debba essere presieduta da un membro dell’opposizione – come detto il senatore Gasparri (FI) nella precedente legislatura, il senatore Franceschini (Pd) nell’attuale – la sua composizione deve rispecchiare “per quanto possibile, la proporzione esistente in Assemblea tra tutti i Gruppi parlamentari” (art. 19.1 reg. Sen.).

Per questo oggi al Senato dei suoi 19 componenti, 11 appartengono alla maggioranza e 8 all’opposizione. Il suo è, dunque, rimane un giudizio di un organo politico, come detto giuridicamente fondato, benché nel caso specifico non sarebbe stato inopportuno un supplemento d’istruttoria che, al di là di quanto attestato dalle visure camerali, consentisse di valutare sia l’effettivo ruolo dal senatore Gasparri nella Cyberealm sia l’eventuale esistenza di partecipazioni di quest’ultima in altre società collegate e gli eventuali loro rapporti con lo Stato.

Parimenti, lascia perplessi la decisione della Giunta (seduta del 13 dicembre) di non rilasciare ai giornalisti di Report copia delle dichiarazioni depositate dal sen. Gasparri, visto che, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento per la verifica dei poteri, tale diniego è previsto per evitare “conseguenze tali da recare impedimento o comunque nocumento all’attività della Giunta stessa”.

Ipotesi presumibilmente che la Giunta ha ritenuto sussistente, considerando a tale stregua l’inchiesta giornalistica svolta, tant’è che è apparso “discutibile che l’impulso all’istruttoria [sia] derivato dall’inchiesta di una trasmissione giornalistica” (sen. Stefani, Lega per Salvini), rappresentando ciò “una deriva preoccupante” (sen. Scalfarotto, Italia Viva).

Eppure, la stessa Giunta delle elezioni aveva affermato che, oltreché sulla base delle cariche e degli uffici segnalati dai senatori, essa può comunque svolgere accertamenti istruttori su quelle di cui è ad essa “comunque pervenuta notizia” (seduta del 20 dicembre 2022).

Ad ogni modo il condizionale resta d’obbligo perché il resoconto sommario (anziché stenografico) della seduta è estremamente laconico, riportando i senatori intervenuti nel dibattito ma non le loro posizioni, in spregio al principio di trasparenza che deve caratterizzare ogni decisione degli organi parlamentari in modo da permetterne di valutare le motivazioni addotte.

Forse, per evitare che queste decisioni si prestino al sospetto che, come diceva Giolitti, “le norme si applicano ai nemici e s’interpretano per gli amici”, se si vuole mantenere fermo il giudizio di ciascuna Camera sulla verifica dei poteri dei suoi componenti (art. 66 Cost.), si potrebbe ammettere la possibilità di impugnazione dinanzi al giudice ordinario o costituzionale (che in altri paesi, come Gran Bretagna e Spagna, si pronunciano in via esclusiva).

Altrimenti, si potrebbero trovare soluzioni diverse, come l’introduzione di quorum deliberativi più elevati (tre quinti) o, quantomeno, la possibilità da parte delle opposizioni di rimettere all’Assemblea la questione, così da conferirgli maggiore pubblicità e, tramite essa, chiamare le forze politiche ad assumersi le proprie responsabilità dinanzi all’elettorato. Perché è anche da queste vicende, solo apparentemente marginali, che dipende la credibilità della classe politica e dello stesso Parlamento.

23 Gennaio 2024

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