La guerra in Medioriente
Intervista a Massimiliano Smeriglio: “L’Europa legittima il massacro di Gaza”
«L’emendamento del Ppe, votato anche da alcuni progressisti, vincola il cessate il fuoco al rilascio degli ostaggi e allo scioglimento di Hamas: un modo ipocrita di affrontare la questione. Le parole di Schlein sull’invio di armi? Coraggiose, ma se non cambia la linea del partito restano una suggestione»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Un “pessimo voto” del Parlamento Europeo “condanna la popolazione civile palestinese a subire morti distruzioni e bombardamenti, fino a quando Hamas non si auto smantellerà e non rilascerà tutti gli ostaggi. Una posizione voluta dal Ppe, dalle destre e sostenuta purtroppo anche da molti progressisti. Un voto che condanna Gaza al disastro umanitario permanente, alla violenza indiscriminata. Una pagina nera dell’Europa”. Massimo Smeriglio, eurodeputato del PD (gruppo S&D) lei ha votato contro questa risoluzione, approvata giovedì scorso dell’Europarlamento. Il suo è un j’accuse possente.
J’accuse, oltre all’editoriale di Emile Zola pubblicato su L’Aurore nel 1898 per denunciare i persecutori di Alfred Dreyfus, è anche un bel libro scritto da Francesca Albanese sulla condizione dei palestinesi di Gaza Cisgiordania Gerusalemme est e dei palestinesi residenti in Israele. Un quadro storico di lungo periodo di violenza sistemica e discriminazione dal 1948, passando per la guerra del 1967, la prima Intifada, il fallimento di Oslo, fino alla drammatica giornata del 7 ottobre. La verità è che le mie dichiarazioni sono un urlo, una denuncia su quello che l’Europa potrebbe fare e non sta facendo, lasciando bombardare Gaza senza distinzione alcuna tra civili, militari, bambini, scuole, ospedali. Gli oltre 25mila morti della Striscia sono anche responsabilità della ignavia occidentale, di una Europa e di molti governi nazionali che si girano dall’altra parte, con qualche rara eccezione come il governo Sánchez in Spagna. L’Europa per storia e per responsabilità politica circa la divisione di quelle terre all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale e della Shoah dovrebbe svolgere una attiva funzione diplomatica per arrivare quanto prima al cessate il fuoco. Ogni giorno perso, la drammatica conta dei morti è, ripeto, un monito per l’ignavia europea che osserva inerte la pericolosa precipitazione della crisi in tutto il Medio oriente. Ed è nostra responsabilità non fermare il governo di estrema destra israeliano, suprematista, confessionale, che fa perno sulla forza, anche armata, dei coloni. E l’emendamento del Partito popolare votato dal parlamento, anche da parti del campo progressista, è una pagina nera perché vincola il cessate il fuoco al rilascio degli ostaggi e allo scioglimento di Hamas. Posto che il rilascio degli ostaggi è un obiettivo di tutti noi, e che Hamas è una organizzazione terroristica di stampo islamista che dovremmo contrastare con ogni mezzo, l’emendamento disegna un modo ipocrita di affrontare la questione legittimando di fatto il massacro in corso.
«Dobbiamo porci la questione di evitare di alimentare questi conflitti, di evitare l’invio di armi e l’esportazione di armi verso i conflitti, verso il conflitto in Medio Oriente, in particolare in questo caso ad Israele. Perché non si può rischiare che le armi vengano utilizzate per commettere quelli che si possano configurare come crimini di guerra». Per averlo affermato, al di là della questione specifica, per aver sottoposto a critica la reazione d’Israele al 7 ottobre, la segreteria del PD Elly Schlein è stata oggetto di una bordata di critiche, anche all’interno del partito.
Condivido le affermazioni della segretaria del PD, una presa di posizione importante soprattutto nell’identificare i bombardamenti dell’esercito israeliano come crimini di guerra. Il tema, però, è la linea che spesso tengono i democratici nel parlamento nazionale ed europeo che poco ha a che vedere con questa affermazione coraggiosa. Affermazione che se non suffragata da un cambio reale e radicale di linea politica rischia di apparire mera suggestione, comunicazione occasionale. Credo che Schlein non possa permettersi questa indecisione su un punto di linea così delicato. E se, come spero, le dichiarazioni rappresentano davvero la svolta politica del Pd sulle vicende della guerra a Gaza, vorrà dire che nelle prossime battaglie al parlamento europeo per evitare ulteriori escalation militari mi sentirò meno solo. Peraltro, non potendo l’Italia fornire dal 7 di ottobre armi ai belligeranti senza l’autorizzazione del Parlamento, se la Schlein ha notizie diverse dovrebbe farne una campagna frontale contro un governo che si troverebbe in palese e grave violazione della nostra Costituzione.
Lotta di classe, una visione ecopacifista della crescita, la difesa dei più indifesi, a cominciare dai migranti che continuano a morire nel Mediterraneo, mobilitarsi contro il genocidio in atto a Gaza. Una sinistra che non è all’altezza di queste sfide, può ancora definirsi tale?
No non può dirsi tale. Su questi temi si gioca il profilo valoriale e programmatico dell’opposizione al governo della destra estrema. La destra ha una narrazione ideologica forte, ed è uguale in tutto il mondo. Dalla Gran Bretagna agli Usa, dall’India all’Ungheria, dall’Argentina all’Italia. Guerrafondaia, negazionista sul clima, forcaiola (galera per tutti a partire dagli eco attivisti e dai partecipanti ai rave, tranne che per i potenti), razzista, patriarcale, omofobica, nazionalista, atlantista, alfiere dell’individualismo proprietario, neo colonialista. La sinistra dovrebbe costruire un discorso pubblico del tutto opposto: pacifista, ecologista, garantista (con tutti), solidale, femminista, europeista, baluardo della giustizia sociale (welfare, salario minimo, reddito di cittadinanza, servizio sanitario e scuola pubblica) ed ambientale (green new deal e transizione ecologica per trasformare il modello di sviluppo), rispettosa dell’autodeterminazione dei popoli del sud del mondo e delle loro forme specifiche di autogoverno. Il prossimo parlamento europeo rischia di spostarsi ancor di più a destra. Per questo sarebbe importante, per le forze del campo progressista, battersi in maniera decisa su temi e questioni che hanno a che vedere con l’idea di società che vogliamo realizzare. Una società aperta, non fondata su paura e rancore come quella propugnata dalla destra.
Pace, Giustizia climatica, giustizia ambientale e pratiche di democrazia partecipativa dovrebbero essere al centro della ricostruzione di una polarità che ha l’ambizione di cambiare il mondo. Superare insomma i vincoli e la sbornia di dieci anni di governi tecnici che hanno devastato il nostro campo e allontanato il popolo dalla sinistra. Se la sinistra non prende atto delle responsabilità del liberismo globalizzato, del capitalismo finanziario, delle elite tecnocratiche che hanno da tempo messo nel mirino la democrazia come spazio di mediazione tra capitale e lavoro, alle persone che non arrivano alla fine del mese non resterà che guardare all’estrema destra che fornisce ricette facili e nemici immaginari contro cui scagliarsi.
Tra pochi mesi si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo. I contenuti sono marginali, la discussione, anche a sinistra, è solo sulle candidature. Siamo messi male o no?
Purtroppo la comunicazione mainstream dei salotti progressisti, occupati stabilmente da soli uomini un po’ attempati che la sanno lunga su tutto, ordina una discussione fuori dal mondo, leggono la dimensione europea come termometro dei rapporti di forza nazionali. Prescindendo del tutto dalle funzioni strategiche del parlamento europeo, dei dossier, delle scelte, del lavoro che bisogna fare quotidianamente per portare a casa risultati soddisfacenti. A Bruxelles bisogna starci, fare una scelta di vita. I nomi che girano invece sembrano più figurine acchiappa consensi che temo metteranno raramente o quasi mai le mani sulle questioni di fondo che riguardano il presente e il futuro del nostro Paese.
La tragedia di Gaza sembra cancellare, nei media, quella dei migranti che continuano a morire nel Mediterraneo.
Si muore a Gaza, si continua a morire in Ucraina e sulle rotte migratorie, dal Mediterraneo ai Balcani. Condivido le preoccupazioni di Amnesty International, Save the Children, Mediterranea e dei Vescovi europei sul Patto sulla migrazione e l’asilo che porterà a una riduzione dei diritti dei migranti, determinerà maggiori sofferenze per chi intraprende il viaggio, detenzione di fatto di persone alle frontiere dell’Unione, comprese famiglie con bambini. Insomma invece di dare priorità alla solidarietà attraverso i ricollocamenti e la protezione sociale gli Stati potranno pagare per rafforzare le frontiere esterne o continuare a finanziare Paesi extra Ue per impedire che le persone migranti raggiungano l’Europa. La verità è che la crisi economica, il lavoro povero e quello che non c’è fanno crescere in tutta Europa un’onda securitaria, in Germania i neonazi amici di Salvini sono, nei sondaggi, al 22%, in Francia la Le Pen al 28%. Il contrasto ai flussi migratori è una merce elettorale preziosa per le destre a cui le forze democratiche non riescono ad opporsi con coraggio ed efficacia. Vince la narrazione razzista alla quale si oppongono in maniera decisa le Ong e le organizzazioni confessionali, mentre le forze politiche balbettano e non riescono ad immaginare compromessi avanzati. Fino a quando non ribalteremo la narrazione sul pericolo dell’invasione spiegando l’importanza della nostra relazione vitale con il Mediterraneo e con l’Africa la destra avrà gioco facile. Servirebbe davvero un piano Mattei, una piattaforma di cooperazione simmetrica solidale lontana mille miglia dalle pulsioni paternaliste e neo coloniali del governo Meloni. Ma non ci siamo. Non ci siamo per responsabilità del governo in carica ma anche per le timidezze e la subordinazione culturale del campo democratico alla narrazione prevalente. Serve coraggio e ambizione per fermare le destre, difendendo l’umanità nella sua interezza. Questa è la battaglia che vale la pena fare nel gorgo della nostra società affaticata e anche nella prossima campagna elettorale.