Il mistero
Dove è seppellita Emanuela Orlandi, il fratello Pietro: “I resti a Santa Maria Maggiore, chiedete a Franceschini”
Il il sit-in del fratello Pietro e della sorella Natalina insieme ad altre persone, fuori il palazzo di Giustizia a Roma. Una manifestazione per chiedere verità e giustizia per un mistero irrisolto da oltre 40 anni. Tra molteplici indagini, commissioni d'inchiesta ferme, il caso ha sempre avuto un protagonista: il Vaticano
Cronaca - di Redazione Web

Felpa bianca con stampata sopra, in bianco e nero, la foto segnaletica di Emanuela, i familiari, tra cui la sorella Natalina, a sostenerlo, fan e amici vecchi e nuovi, alcuni fin dai tempi della scomparsa, molti divenuti appassionati al caso dopo la serie Netflix “Vatican girl“, ad incalzarlo, Pietro Orlandi ha parlato oggi quasi tre ore nel sit-in in piazza Cavour sotto il palazzo di Giustizia in cui è tornato a chiedere “giustizia e verità” per la sorella scomparsa a Roma il 22 giugno del 1983. Emanuela avrebbe compiuto 56 anni domani. E mentre la Commissione di inchiesta parlamentare è stata approvata ma ancora non si insedia, (“spero possa a farlo a febbraio“, dice) e le procure vaticana e romana lavorano di nuovo al caso senza però al momento novità di rilievo, Orlandi mostra per la prima volta il memoriale consegnato ormai un anno fa nelle mani del pm Vaticano Alessandro Diddi, con la lista da lui stilata dei personaggi ‘eccellenti’ da “ascoltare“.
Emanuela Orlandi: chi è la giovane scomparsa nel 1983
Quindi lancia una nuova suggestiva ipotesi su dove possano trovarsi i resti della donna di cui comunque, a tutt’oggi, non si hanno prove né che sia in vita né che sia morta. “Il Vaticano questa Commissione bicamerale non la vuole perché non la può controllare – ha affermato – sappiate che Emanuela è un piccolo tassello di un sistema di ricatto, io sono a disposizione e spero di essere convocato quanto prima“. Poi fa riferimento ai messaggi Whatsapp che nel 2014 si sarebbero scambiati due alti funzionari vaticani all’epoca vicini a papa Francesco di cui è entrato in possesso in anni recenti e che fanno parte del memoriale redatto insieme all’ avvocato Laura Sgrò. I messaggi, ha detto, chiamano in causa il cardinale Santos Abril y Castellò, ex arciprete di Santa Maria Maggiore, oggi 89enne e l’ex ministro della Cultura, Dario Franceschini.
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Pietro Orlandi: chi è il fratello di Emanuela
“Il Cardinale Abril era a conoscenza di una certa situazione – ha detto – è uscito che erano stati fatti dei lavori al campo Santo Teutonico e dai messaggi Whatsapp che noi possediamo emerge che avevano fatto delle indagini e avevano scoperto che sotto quelle tombe è stato trovato qualcosa poi dicono, ‘no non sappiamo che cosa c’era dentro, c’era qualcosa in quella cassa e quella cassa mi è stata consegnata e io l’ho portata a Santa Maria Maggiore’. Se vuoi la conferma di questo – ha continuato Orlandi – devi chiedere a quello che all’epoca era il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini, perché queste persone sono andate insieme da lui. E che ci vuole a chiedere a Franceschini, scusi lei nel 2014 ha autorizzato dei lavori a Santa Maria Maggiore? E si fanno delle indagini, si va lì e si vede, che ci vuole? Magari Franceschini è al di fuori di tutto però è informato su questi fatti“.
Emanuela Orlandi: le indagini e le false piste
Incalzato dalle domande, Orlandi ha poi minimizzato: “Da quanto mi hanno detto poi a voce queste persone coinvolte nello scambio di messaggi, Franceschini ha solo dato l’autorizzazione per tirare su un muro. Ma queste sono cose su cui la Commissione di inchiesta può agire, può fare quello che non si è fatto finora“. Un “regalo” per Emanuela, ha anche detto Pietro rispondendo ai giornalisti e ipotizzando una parola di Francesco domani, sarebbe che “papa Francesco alzasse un pò la voce, in fondo l’ha chiesta lui questa inchiesta” ma “la procura vaticana non sta lavorando come dovrebbe“. Per quanto riguarda le varie piste che da 40 anni sono state seguite per fare chiarezza sul caso di Emanuela, Orlandi ha detto di non “sottovalutare” quella di Londra, “sto cercando di parlare con un uomo che militava nei Nar e che aveva molti legami con Londra ma il mio contatto mi ha detto che è meglio che io non parli con lui e lui non parli con me“.