La Stella del Milan
Intervista a Gianni Rivera: “Franz Beckenbauer era un gigante, la staffetta con Mazzola fu una scelta politica”
«Franz era un gentleman, solo un campione gioca con un braccio rotto. Il gol alla Germania? Dissi ad Albertosi: ‘Tranquillo, ora segno io”. La staffetta? Scelta politica: la Gazzetta era interista...»
Interviste - di Graziella Balestrieri
Quando i numeri rappresentavano qualcosa nel calcio, il numero 10 significava poesia, e tutto questo grazie alla classe ineguagliabile di Gianni Rivera.
Stella del Milan, Golden Boy del calcio, il primo italiano a vincere il pallone d’oro, Gianni Rivera fu protagonista della partita del secolo, quella mitologica tra Germania Ovest e Italia allo stadio Azteca, dove un suo goal ci regalò un sogno e la sua classe, immensa, chiuse ogni polemica e qualsivoglia studiata e inutile staffetta, fino all’amara e ingiustificata panchina che gli regalò soltanto pochi minuti giocati in finale con il Brasile. Nella partita del secolo, tra tanti campioni, ce n’era uno, Franz Beckenbauer: il Kaiser fatto di eleganza, potenza e bellezza nei piedi che ci ha lasciati il 7 Gennaio.
Che giocatore è stato Franz Beckenbauer?
Franz Beckenbauer era un gentleman, un signore, una persona seria e preparata su tutto. Tanto è vero che dopo la carriera da calciatore ha ottenuto tantissimi risultati importanti. Poi un uomo/un calciatore che gioca una semifinale così importante come quella lì , con un braccio solo, vuol dire che è un campione unico.
Nel 1969 lei vince il Pallone d’oro, il primo italiano: come ci si sentiva a essere considerato il numero uno?
Le dirò, probabilmente mi ero abituato! Anche quando sono arrivato al Milan ho cominciato ad essere in quella categoria, ovvero quella dei migliori, almeno stando a quello che mi dicevano gli altri. Ho esordito che non avevo ancora 17 anni nel Milan, dopo le Olimpiadi sono andato direttamente a Milano e quindi ho cominciato subito ad essere considerato così.
La partita del secolo, Stadio Azteca, Italia-Germania 4-3. Lei segna il goal che ci dà la vittoria: ha dei ricordi prima e dopo quel goal?
Quando stavamo 3-2 per noi, mi trovavo sul palo della nostra porta, durante un calcio d’angolo battuto dai tedeschi. Non c’era nessun difensore italiano disponibile a stare lì al palo e allora mi sono messo lì io cercando di coprire e difendere, perché ero lì vicino. Poi sulla palla di Muller, che l’ha presa male di testa, in realtà, la palla è rimbalzata proprio accanto a me, e visto che ovviamente non potevo usare le mani, ho cercato di deviarla con l’anca ma non ci sono riuscito. Dopo il goal preso ci fu una piccola discussione con Albertosi, che era un po’ arrabbiato, diciamo così. In quel momento però mi sono sentito di rassicurarlo dicendogli proprio: “ma stai tranquillo che adesso vado a far io goal” che detta ora sembra una cosa un po’ strana, però è stato proprio così. Per dir la verità siamo andati a centrocampo, mi son fatto dare la palla e dentro di me ho pensato “ora prendo il pallone, dribblo tutti i tedeschi e vado a fare goal”. Poi però ho visto tutto bianco, mi sono detto “non ce la faccio” e ho ridato la palla a De Sisti che l’ha a sua volta passata a Boninsegna, che nel frattempo si era spostato sulla sinistra. Io avevo seguito l’azione e a un certo punto mi sono trovato praticamente la palla sul dischetto. Beckenbauer non aveva fatto in tempo nel venirmi ad impedire di calciare, il portiere si è tuffato praticamente nell’angolo opposto. La palla è finita in rete con il portiere che si tuffava dall’altra parte.
Valcareggi le ha detto qualcosa dopo la partita?
No, no. Non si parlava mai, ci si parlava solo quando era indispensabile dire qualcosa, però dopo una vittoria come quella non era più necessario dire niente. Mi sono meravigliato che non mi abbia fatto giocare la finale…
Arriviamo appunto alla finale con il Brasile dove lei non gioca: si è dato una spiegazione a questa scelta senza senso?
La politica. La politica diventa la cosa più pericolosa quando entra nei settori dove di politica non se ne fa. E quindi quella scelta lì era pura politica. Qualcuno non voleva che io giocassi e Valcareggi ha subito questa pressione.
Ovviamente senza darle nessuna spiegazione…
Ma guardi, gli allenatori non devono dare nessuna spiegazione, dicono semplicemente chi gioca, chi va in panchina e chi va in tribuna. Basta, tutto qui.
Però stiamo parlando di Gianni Rivera, il giocatore con più classe, che segna il goal che ci porta in finale, un minimo di spiegazione era doverosa.
Se lo sono chiesti tutti, ed io per primo. Però quando ci sta di mezzo il fattore politico non ci sta niente da fare. Il direttore della Gazzetta dello sport di allora era tifoso dell’Inter, amico di Angelo Moratti. Oltretutto Sandro Mazzola era convinto di uscire nel secondo tempo, sempre per la famosa staffetta, tanto è vero che negli spogliatoi si stava togliendo le scarpe e Valcareggi gli ha detto di non farlo perché sarebbe rientrato lui e non ci sarebbe stata nessuna staffetta con me. Io invece lo sapevo già, perché non mi aveva detto che avrei giocato. E poi mi ha fatto entrare negli ultimi minuti: è stata una cosa senza senso. Serviva solo per una presenza in più.
Come ha vissuto quei sei minuti in campo?
La fortuna di quelli che mi odiavano è stata che quando sono entrato in campo mi sono trovato libero e non in fuorigioco, però per loro fortuna la palla era troppo lunga. Se fossi stata un po’ più corta e fossi riuscito a fermarla avrei potuto fare anche goal. Quindi figuriamoci cosa sarebbe successo se avessi fatto il goal del 3 a 2 a tre minuti dalla fine.
È stato anche in politica. Come trova la politica di oggi rispetto a quella dei suoi tempi? La trova cambiata?
Temo che sia cambiata parecchio. Ai miei tempi c’era gente seria, erano tutti soggetti che badavano a migliorare la vita del Paese. Poi personalmente una volta uscito dal Parlamento non me ne sono più interessato, però da quello che vedo mi sembra che oggi lavorino diversamente…
Il calcio di oggi come lo vede?
Girano sicuramente molti più soldi di allora di quando giocavo io, magari corrono anche di più però c’è meno tecnica. Invece di andare avanti vanno indietro, questo vuol dire cominciare con tutti gli avversari davanti. Se ci fosse stata questa regola qui ai tempi in cui io ho fatto il goal con la Germania, non avrei potuto realizzare il goal, perché ci si muoveva proprio in maniera differente. Adesso invece quando iniziano le partite hanno tutti gli avversari davanti e non si capisce perché facciano questa scelta. E visto che ancora non ho avuto spazio per fare l’allenatore, non riesco a fargli cambiare mentalità.
Perché nessuno le ha dato spazio?
In tanti sanno che io potrei fare l’allenatore, perché ho preso il patentino definitivo per farlo, poi in più ho un Academy mia personale, che metto a disposizione, quindi vediamo che cosa succederà.
Rivera sarebbe un allenatore scomodo?
Potrei essere un allenatore scomodo, non per i calciatori ma per il sistema sì. Intanto invece di farli tornare indietro li farei andare avanti.
Cosa pensa del calcio scommesse?
Questa è una cosa allucinante, ma allucinante sul serio. La cosa strana è che guadagnano tantissimi soldi e poi trovano il sistema per scommettere contro se stessi di guadagnare altri soldi. È una cosa davvero senza senso, e non riesco a capirla proprio, e temo che sia una malattia e anche incurabile.
Oggi è in causa con il Milan: come mai?
Il Milan non riconosce quello che mi deve riconoscere, secondo le leggi che ci sono, tra l’altro. Per un vizio procedurale non mi hanno riconosciuto quello che mi dovrebbero e io sto preparando tutto il carteggio per andare a far causa in Europa.
Ci pensa ancora a quella finale, ancora è un rammarico per lei?
Per fortuna me lo sono dimenticato, altrimenti come avrei potuto vivere?
C’è un calciatore oggi che può avere le qualità di un 10?
A questo punto proverò con la mia Accademia a trovare qualche ragazzino e fargli capire che si può giocare al calcio migliorandolo sempre di più. Questo è il mio modo di pensare. In questo momento non vedo nessuno con le mie caratteristiche.