La tragedia di Ancona

Il dramma annunciato di Matteo Concetti, il detenuto che aveva detto alla madre che si sarebbe tolto la vita

Un ragazzo di 24 anni con sindrome bipolare ha detto che se l’avessero rinchiuso in isolamento si sarebbe ucciso. L’hanno mandato in cella d’isolamento e lui si è ammazzato

Giustizia - di Iuri Maria Prado

9 Gennaio 2024 alle 17:00 - Ultimo agg. 9 Gennaio 2024 alle 17:33

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Il dramma annunciato di Matteo Concetti, il detenuto che aveva detto alla madre che si sarebbe tolto la vita

Giusto domenica scorsa, commentando il caso di due tentati suicidi in carcere all’inizio dell’anno nuovo, proprio qui scrivevamo che ci sarebbe voluto ancora qualche giorno perché si riattivasse la fabbrica di morti nelle nostre prigioni. Sbagliavamo. Quando scrivevamo di quei due che non ce l’hanno fatta a togliersi di mezzo, infatti, un altro c’era riuscito ben bene, dopo aver dichiarato che lo avrebbe fatto, impiccandosi, se l’avessero rimesso in isolamento.

Non c’erano grandi agenzie sul caso, quella mattina, e la notizia per un po’ è rimasta in un paio di cronache marchigiane. Era poco più che ventenne, malato psichiatrico, rinchiuso nel carcere di Ancona. Una “morte annunciata”, si sarebbe poi scritto: appunto perché il ragazzo aveva dichiarato alla madre il suo proposito, la madre che aveva chiesto di poter parlare con qualcuno del carcere, un medico, un responsabile, qualcuno, ma pare che le abbiano detto che non c’era nessuno, perché erano giorni di festa. Qualcuno è arrivato poi, qualcuno le ha parlato dopo: per dirle che il figlio che voleva impiccarsi si era impiccato.

Si apprende che era un depresso bipolare, e sanno anche i tergicristallo, sanno anche scatole dei pomodori pelati, sanno anche i baveri delle toghe dei magistrati che i suicidi tra i depressi bipolari sono frequentissimi. Non lo sa la giustizia, evidentemente, non lo sa l’amministrazione carceraria. Vengono a saperlo dopo, quando quello che diceva che voleva impiccarsi si impicca. Vai a fidarti, prima: ci vuole il riscontro. Bisognerebbe decidere come gestire questo impiccio dei detenuti malati di mente che si ammazzano nel bel mezzo di un week end di festa, con le madri che pretendono di parlare con qualcuno perché quelli, prima di ammazzarsi, dicono che se li rimettono in isolamento si ammazzano.

Un’ipotesi (stralunata, d’accordo) potrebbe essere questa: che chi ha un disturbo mentale, specie di quel tipo, non solo non deve stare in isolamento ma non deve stare nemmeno in carcere. Deve stare in una struttura adeguata, capace di assicurargli le cure adeguate, di modo che non sia pericoloso per sé stesso e per gli altri. Perché punirlo con il carcere, non ostante la sua malattia, per i reati che ha commesso, significa puramente e semplicemente punirlo per la sua malattia. Significa ordinare alla malattia di ammazzarlo.

Si potrebbe osservare che in realtà il dramma delle carceri e dei suicidi in carcere andrebbe affrontato complessivamente, e che non è meno drammatico il fatto che ad ammazzarsi sia uno senza disturbi psichiatrici. Verissimo. Nell’attesa di incivilirci, tuttavia, almeno i bambini, le donne gravide e appunto i fragili, i malati come questo ragazzo che si è impiccato, vogliamo piantarla di sbatterli in prigione? Perché l’alternativa è che si continui così, a suon di impiccati, con una giustizia pronunciata in nome di chissenefrega.

9 Gennaio 2024

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