Mattanza di Stato
Matteo Concetti: chi è il giovane detenuto suicida nel carcere di Ancona
Aveva 23 anni ed è stato trovato impiccato in una cella del penitenziario marchigiano di Montacuto. Aveva detto alla madre, davanti ad alcuni agenti, che si sarebbe tolto la vita. Non è stato fatto nulla per impedirlo. I fatti accaduti lo scorso venerdì: il 23enne soffriva di problemi psichici e probabilmente non doveva stare in carcere ma in una struttura sanitaria adeguata. Considerato anche il fatto che era recluso per reati minori
Giustizia - di Andrea Aversa
Lo aveva detto alla madre. Glielo aveva detto in occasione di un colloquio in carcere, alla presenza di alcuni agenti della Penitenziaria. Dopo una manciata di ore Matteo Concetti, 23 anni, ha mantenuto la ‘promessa’. Il giovane, lo scorso venerdì, si è impiccato nel carcere di Montacuto ad Ancona. Non voleva più stare in isolamento, stato detentivo che gli era toccato a causa di un provvedimento disciplinare (avrebbe aggredito un agente). Matteo era recluso per reati minori ed era affetto da problemi psichici. Per questi motivi, forse, non doveva proprio starci dietro le sbarre. Al giovane lo Stato avrebbe dovuto garantire un’assistenza sanitaria adeguata.
Matteo Concetti: chi è il giovane detenuto suicida nel carcere di Ancona
Avrebbe dovuto garantirgli di scontare la sua pena in modo alternativo al carcere. A Matteo restavano otto mesi di pena, poi sarebbe tornato a casa. Ma non ha resistito, come tanti altri non ce l’ha fatta e ha detto basta nel modo più estremo possibile. L’ennesimo suicidio avvenuto in carcere. Il primo del 2024. Proprio qualche giorno fa nel carcere marchigiano c’è stata una rivolta. Dalle mura di Montacuto sono pervenute alla nostra redazione alcune segnalazioni relativi a casi di presunta mala sanità. Insomma, in Italia si continua a morire di carcere. Una mattanza silenziosa e di Stato. Una mattanza senza fine.
Matteo Concetti su Facebook: il post di Ilaria Cucchi
“Ieri ho ricevuto una lettera che iniziava così. Matteo era detenuto nel carcere di Ancona. Quando sua mamma mi ha scritto, era ancora vivo, ma minacciava di suicidarsi. Ieri, a distanza di poche ore, Matteo ha dato seguito alle sue parole, si è tolto la vita. Era afflitto da problemi psichiatrici. Come tanti altri detenuti, se la passava male, la struttura in cui era rinchiuso lo soffocava. Era in isolamento, ci era finito per un procedimento disciplinare. Lo Stato, nel momento in cui era chiamato a fare sentire tutta la sua presenza e la sua cura, l’ha abbandonato. Isolandolo.
Quello che è successo a Matteo è di una gravità inaudita. Quando ho sentito sua mamma, dopo la sua morte, al telefono, non sono riuscita che a dire altro se non che mi dispiace e che farò il possibile affinché vengano accertate le responsabilità della sua morte. Non basta, non basterà mai. Però glielo devo, glielo dobbiamo. Perché quello che è successo a Matteo, è anche una nostra responsabilità. Perché quello Stato, lo Stato che ha isolato Matteo nel momento del bisogno, quello che non lo ha assistito e ha calpestato i suoi diritti, siamo tutti noi“.