La sberla ai trumpisti
Cannabis legale, il si dell’Ohio è un no ai sovranisti
Lo Stato americano è diventato il 24esimo che ha dato il via libera alla legalizzazione. La volontà popolare chiara (56%) manda in crisi i trumpisti
Editoriali - di Leonardo Fiorentini
Otto anni dopo il voto che aveva bocciato il referendum per legalizzare la cannabis con il 66% dei contrari, lo scorso martedì i cittadini dell’Ohio sono tornati alle urne. Oltre alla proposta, completamente diversa da quella del 2015 che di fatto consegnava il mercato della cannabis ricreativa ad un oligopolio, è decisamente cambiato il clima politico.
Nel frattempo gli Stati che hanno legalizzato la cannabis si sono moltiplicati e oggi l’istanza antiproibizionista è accolta con favore dal 70% della popolazione statunitense. Nonostante i sondaggi positivi della vigilia il voto in Ohio nascondeva alcune incertezze.
Innanzitutto, era un turno elettorale parziale: si votava per i distretti scolastici e altre elezioni locali, un’elezione quindi poco coinvolgente per l’elettorato più giovane e più favorevole, in uno Stato governato stabilmente dai Repubblicani e nel quale nel 2020 Trump aveva vinto.
Anche il contemporaneo voto per blindare il diritto all’aborto all’interno della Costituzione statale faceva temere una massiccia mobilitazione dell’elettorato conservatore. Alle urne è stata invece confermata l’onda verde americana con il 57% dei consensi, percentuale simile a quella che ha visto prevalere i sì al diritto all’aborto.
Ha vinto la Coalition to Regulate Marijuana Like Alcohol che ha condotto la campagna raccogliendo quasi 6 milioni di dollari di contributi elettorali. L’Ohio, con i suoi quasi 12 milioni di abitanti, è diventato il 24esimo Stato USA che ha regolamentato la cannabis per tutti gli usi. Così più della metà dei cittadini statunitensi vivono adesso in uno stato che ha legalizzato la cannabis.
In Ohio sarà legale – per i maggiorenni (21 anni) – detenere al massimo 70 grammi (2,5 once) di infiorescenze di cannabis e 15 grammi di concentrati. Si potranno coltivare fino a sei piante per uso personale, con un massimo di 12 per famiglia. L’imposta sulle vendite sarà del 10%: il ricavato verrà utilizzato per il 36% per sostenere i programmi di equità sociale e di occupazione.
Una quota identica sarà destinata alle città che permetteranno alle imprese di operare nella loro area, mentre ai programmi di educazione e di trattamento dell’abuso di sostanze sarà destinato il 25% degli introiti. Il rimanente 3% sarà utilizzato per sostenere i costi amministrativi dell’attuazione del sistema. Sarà istituita una Divisione per il Controllo della Cannabis nell’ambito del Dipartimento del Commercio con il compito di regolare il mercato, concedere le licenze, controllare e sanzionare gli operatori del mercato legale.
Le aziende che già operano sul mercato della cannabis terapeutica potranno vedersi rilasciata una licenza per quello ricreativo già nove mesi dopo l’entrata in vigore. Saranno poi concesse ulteriori licenze, a cui avranno accesso preferenziale i partecipanti al programma di equità sociale.
Manca invece un provvedimento specifico per la cancellazione automatica delle pene pregresse per cannabis: nel testo approvato dagli elettori è inclusa solo una disposizione che richiede alle autorità di regolamentazione di “studiare e finanziare” le iniziative di riforma della giustizia penale, compresa la “ripulitura” delle fedine penali.
Gli oppositori alla misura, sia politici repubblicani che noti lobbysti proibizionisti – come Kevin Sabet, l’ospite d’onore all’evento antidroga del Governo Meloni (vedi l’Unità del 25 giugno 2023) – hanno annunciato che tenteranno di far modificare la normativa approvata dagli elettori, se non addirittura abrogarla.
Si tratta certo degli ultimi colpi di coda proibizionista, che però in alcuni casi sono riusciti nell’intento di rallentare o addirittura cancellare (come in Nord Dakota) i risultati referendari. Una linea perseguita anche a livello federale dove il deputato repubblicano texano Pete Session, ha presentato un emendamento al bilancio per impedire l’uso di fondi federali per declassificare o riclassificare la cannabis.
Un tentativo di mettere i bastoni fra le ruote alla revisione della classificazione della marijuana, voluta dal presidente Joe Biden (vedi l’Unità del 5 settembre scorso).
Dal canto suo il capogruppo democratico al Senato Schumer, sottolineando che martedì “in quasi tutte le principali elezioni hanno prevalso i candidati democratici e i temi democratici”, ha dichiarato che il risultato conferma che “gli americani si oppongono ferocemente all’estremismo Maga (Make America Great Again, lo slogan elettorale trumpiano, ndr)” e che quindi continuerà a lavorare per portare avanti una legislazione bipartisan sulla cannabis il prima possibile.
* Segretario di Forum Droghe