Il caso della giudice
Un giudice con pregiudizio politico non garantisce la certezza dell’imparzialità
La certezza dell’imparzialità del giudice è un diritto assoluto dell’imputato. Un giudice con un pregiudizio politico non garantisce questo diritto
Editoriali - di Piero Sansonetti
Caro dottor Pepino,
Ho letto con attenzione la sua lettera che offre degli spunti di riflessione. Soprattutto per quel che riguarda il diritto all’impegno dei magistrati. Però le devo dire sinceramente che non mi ha convinto. Partiamo dal caso concreto. Quello della giudice Iolanda Apostolico – che ancora ieri ha emesso coraggiosamente ineccepibili sentenze di scarcerazione di alcuni naufraghi (uso un po’ approssimativamente il termine scarcerazione, ma a me pare il più appropriato).
La dottoressa Apostolico, ormai lo sappiamo tutti, anni fa partecipò a una manifestazione contro il ministro Salvini che aveva bloccato in porto e impedito lo sbarco di molte decine di naufraghi che si trovavano in pessime condizioni a bordo della nave Diciotti. Lei dice che un giudice o una giudice hanno diritto ad avere le loro idee e a manifestarle. Io dico che non hanno diritto a manifestarle perché in questo modo mostrano disprezzo per le persone che devono giudicare e che devono avere piena fiducia in loro. (Trovo molto meno grave l’incompatibilità nel caso di assoluzione o scarcerazione e molto più grave in caso di ordine di cattura o condanna).
Provo a fare alcune domande. Lei cosa penserebbe se scoprisse che un giudice iscritto a FdI, o simpatizzante dichiarato della Meloni, assolvesse i membri di Forza Nuova che hanno attaccato la Cgil? O viceversa che un giudice dichiaratamente leghista giudicasse un migrante ingabbiato in un Cpr e ne confermasse la carcerazione? Io mi indignerei.
Seconda domanda. A me risulta che se si scopre che un giudice, chiamato a giudicare alcuni imputati ha in passato firmato un ordine di intercettazione – nel corso di un’altra inchiesta – nei confronti di uno degli imputati che sta giudicando, quel giudice può essere ricusato. Dal pm – come è successo a Catanzaro con Gratteri – o dalla difesa.
E allora perché un giudice non è autorizzato a giudicare un imputato col quale ha già avuto a che fare, perché si immagina che possa avere un pregiudizio, e invece è autorizzato a giudicare quando si può immaginare che abbia un pregiudizio politico? Lei sostiene che chi come me critica i giudici “politicizzati” ha nostalgia per quando, negli anni 60 e 70, i magistrati erano tutti democristiani e piuttosto silenziosi, o addirittura per quando erano fascisti. Beh, francamente le assicuro che la mia malfidenza verso i magistrati nasce proprio in quegli anni, e anche negli anni successivi, quando magistrati, non più democristiani ma forse di sinistra, ponevano la loro ideologia e i loro sospetti alla base del proprio lavoro, ordinando – ad esempio – operazioni di repressione pura e fuori del diritto come l’operazione “7 aprile”.
(Qui non ho lo spazio per spiegare cosa fu il “7 aprile”, sto parlando del 1979 e di una operazione che rase al suolo il gruppo di Potere Operaio. Ne parliamo un’altra volta). E poi mi accusa di allinearmi all’establishment. Oh, no. Mai. Poi, sa, dottor Pepino, bisogna anche intendersi su cosa sia l’establishment. Io, per esempio, penso che sia il potere. Lei, nella società italiana, conosce un potere superiore a quello di chi può, un bel mattino, decidere di prendere me o lei e sbatterci in cella (come avveniva ai tempi di Rocco, che lei cita)?
P.S. Lei dice che durante il fascismo l’8 per cento dei senatori erano magistrati. Temo che le percentuali siano rimaste più o meno invariate. Oggi sono magistrati anche alcuni presidenti dei gruppi parlamentari…