La premier dà il peggio di sé

Cosa è successo a Torino: decine di ragazzini manganellati, Meloni in piena crisi di nervi

A Torino numerosi giovani dei centri sociali contestano la premier, ma la polizia risponde con selvaggia violenza. Meloni: “Se mi contestano loro, vuol dire che sono dalla parte giusta della storia”

Politica - di David Romoli

4 Ottobre 2023 alle 10:00 - Ultimo agg. 4 Ottobre 2023 alle 11:13

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Cosa è successo a Torino: decine di ragazzini manganellati, Meloni in piena crisi di nervi

I politici devono mettere nel conto sin da quando scelgono quella strada la probabilità di essere prima o poi contestati. Se arrivano al governo quella probabilità diventa certezza e la tempra dei leader politici si vede anche da come reggono alle contestazioni. La prova sul campo di Giorgia Meloni, ieri a Torino, è stata desolante.

A contestarla erano alcune centinaia di ragazzi. C’erano i centri sociali, Askatasuna in testa, ma non è che i centri sociali siano reietti della società senza diritto di protesta. C’erano moltissimi studenti, che invece di motivi per protestare a fronte di un diritto allo studio che viene ogni giorno di più svuotato senza ammetterlo ne hanno a iosa. Di fronte a palazzo Nuovo, sede della facolta umanistiche, innalzavano uno striscione rivolto alla presidente: “Meloni a Torino non sei la benvenuta”: nulla di truculento, sin troppo garbato. Tenuti lontani da piazza Carignano, dove la premier in attesa di tenere il suo discorso al Festival delle Regioni spiegava che non c’è nessuno scontro tra lei e la magistratura, hanno provato a forzare i cordoni, come deve essere capitato circa un milione di volte.

Senza cariche e bastoni: giusto spingendo un po’ i cordoni fermati dagli agenti. Non tiravano bottiglie molotov ma innocue uova marce. La polizia ha caricato di brutto manganellando anche i più piccoli, a volte, già che ci si trovava sulla bocca. Gli scontri, anche se sarebbe più corretto parlare di botte perché si dà uno scontro quando menano entrambe le parti, sono stati più duri in piazza Castello, di fronte alla prefettura. Quando i ragazzi hanno oltrepassato le transenne a protezione degli stand del Festival le forze dell’ordine li hanno circondati e poi manganellati peggio di prima. I video, che naturalmente sono innumerevoli, parlano da soli e il più eloquente è quello in cui si sente una ragazza urlare a un poliziotto “Ma che fai, meni i ragazzini?”.

È finita con qualche ferito e una sessantina di fermati. Il commento della premier però aggiunge allo sgradevolissimo episodio e alle cariche del tutto fuori luogo un significato speciale: “Che mi contestino i centri sociali, quelli che insultano le forze dell’ordine e organizzano il racket delle occupazioni abusive, ciò mi conferma che sono dalla parte giusta della storia”. È una strategia comunicativa ed è tra le peggiori nel catalogo: chi dissente e contesta lo fa sempre e solo per calcolo politico, mai perché ci siano reali motivi di critica. Sono sempre nemici dell’interesse nazionale, cospiratori, estremisti da non prendere in considerazione. Non molto tempo fa, di fronte alle contestazioni, la ex militante del Msi dichiarava di provare simpatia per chi manifestava, di averlo fatto anche lei e a lungo.

Le cose sono cambiate e quel cambiamento rivela una involuzione del capo del governo che per certi versi è quasi inspiegabile a fronte di sondaggi che vedono in ascesa solo il suo partito e dovendosela vedere con un’opposizione che più innocua non la si potrebbe immaginare. Subito dopo gli scontri, nel discorso al Festival, ha cercato di spiegare che i tagli alla sanità non peggiorano necessariamente le prestazioni perché in fondo l’importante è come si spendono i soldi. Il che è anche vero, salvo il particolare che quando i soldi non ci sono il rovello non si pone proprio. Un esercizio di arrampicamento sugli specchi quasi senza precedenti.

La polemica con la magistrata di Catania Iolanda Apostolico, al di là del merito, è stata condotta in modo tanto sguaiato e scomposto da far apparire le antiche polemiche berlusconiane un modello di fair play. La criminalizzazione di chi la contesta, esercizio nel quale non si era mai prodotto tanto sfacciatamente quanto ieri, è per certi versi il segnale peggiore. Eppure a far perdere così la testa a Giorgia Meloni non è la paura di perdere il consenso interno, al momento ancora saldo, né quella di essere scalzata da un’opposizione sgangherata.

Più probabilmente è l’incubo di dover governare, che è cosa ben diversa dal raggranellare consensi. Sin qui, in fondo le è stato facile, e ha sprecato un momento ancora facile. D’ora in poi sarà molto difficile, come Meloni sa meglio di tutti. Ma non per colpa dei centri sociali e neppure degli studenti.

4 Ottobre 2023

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