Parla l'europarlamentare dem
Intervista a Massimiliano Smeriglio: “Qatargate una bufala, pagina nera della democrazia europea”
«Le pressioni subite da Panzeri per indurlo a confessare? Se confermato, sarebbe gravissimo. Le condizioni della detenzione di Kaili sono state una vergogna. Il silenzio del parlamento, una pagina nera della democrazia europea»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli
Massimiliano Smeriglio, europarlamentare Dem, è stato uno dei pochi, a Bruxelles come a Roma, ad avere il coraggio politico di denunciare le storture, per usare un eufemismo, del “Qatargate”. Lo abbiamo intervistato.
Qatargate. Doveva essere, così fu presentata dalla stampa italiana mainstream, come la “madre di tutte le inchieste” che avrebbe squassato il Parlamento europeo. L’inchiesta si smonta pezzo a pezzo. L’ultima dagli avvocati di Antonio Panzeri: si autoaccusò per le pressioni e le promesse dei pm. Però a Bruxelles non c’è la sollevazione che ci fu al momento degli arresti. Perché?
Se le indiscrezioni circa le pressioni e i ricatti da lui subiti per indurlo al “pentimento” come merce di scambio per liberare moglie e figlia risultassero vere sarebbe un fatto gravissimo. Una violazione palese dello Stato di diritto, uno sfregio alla civiltà giuridica europea e un colpo clamoroso all’inchiesta. Rimarranno evidentemente singoli casi di corruzione, odiosa, da accertare, immagini inqualificabili di mazzette, ma la credibilità dell’inchiesta che doveva tirare giù mezzo Parlamento verrà meno. Non c’è reazione perché abbiamo dimenticato il garantismo, perché c’è paura e subordinazione alla autorità giudiziaria e ai processi sommari a cui si prestano con sadismo e poca responsabilità pubblica molte testate giornalistiche. Noi che abbiamo vissuto tangentopoli dovremmo conoscere bene questi meccanismi, la fragilità della politica ingrossa le fila del giustizialismo. Ovunque nel mondo. In Italia ancora non abbiamo superato la distruzione giacobina del sistema dei partiti del ‘92/93. Partiti deboli, inesistenti o personali determinano una sovranità popolare debole e la felicità di tante elite. Il garantismo si dovrebbe misurare sui colpevoli non sugli innocenti. Figuriamoci su persone tirate dentro questo tritacarne in maniera quanto meno dubbia. Anni di racconti forcaioli, anche a sinistra, ci hanno consegnato questo disastro culturale. Esiste una cultura garantista, liberale, di sinistra, anche dentro i partiti, ma nel tempo ha assunto caratteri purtroppo non maggioritari.
- Qatargate, Cozzolino si sfoga e attacca il ‘suo’ Pd: “Sospeso in modo indecente, mai preso tangenti come racconta Panzeri”
- “Panzeri costretto a confessare dall’arresto di moglie e figlia”, l’accusa dei legali sul Qatargate
- L’inchiesta Qatargate è morta: via il giudice-sceriffo Claise, Cozzolino torna libero
Indagati messi in carcere perché così avrebbero parlato. Veline alla stampa. Pseudo inchieste senzazionalistiche. Sbatti il mostro, l’europarlamentare, o le Ong in prima pagina. Non crede che la sinistra sia stata prona a questa narrazione?
La sinistra è stata sopraffatta dal giustizialismo, purtroppo. Come se il garantismo fosse appannaggio delle libertà berlusconiane. Un errore clamoroso. Il garantismo è una idea libertaria della società, e uno strumento per la difesa degli ultimi, dei poveri cristi che riempiono le nostre carceri per reati minori e scarsa capacità difensiva. La difesa dello Stato di diritto dovrebbe essere una battaglia di popolo che facciamo sempre non solo quando inciampano persone importanti. Ciò detto ho denunciato sin dall’inizio, spesso in solitudine, le storture dell’inchiesta, il sensazionalismo, e le condizioni qatarine, queste si, con cui sono stati trattati gli indagati. Su Kaili poi c’è stato un di più, il fatto che si tratti di una donna, giovane, combattiva ha determinato un corto circuito tra giustizialismo e piglio patriarcale dei pm maschi. Le condizioni della sua detenzione sono state una vergogna. Il silenzio del parlamento una pagina nera della democrazia europea. Questo al di là del processo, se risulterà colpevole o innocente. Personalmente ho denunciato tutto questo ripetutamente e da tempo, in particolare a febbraio con una nota ufficiale alla Presidente Metzola. Insieme a una ristretta pattuglia di coraggiosi che voglio ricordare: Brando Benifei, Beatrice Covassi, Paolo De Castro, Elisabetta Gualmini, Camilla Laureti, Alessandra Moretti, Daniela Rondinelli, Franco Roberti (grandissimo magistrato antimafia) e Achille Variati. Queste le uniche voci, su oltre 700 parlamentari europei, che hanno preso parola per chiedere di intervenire sulle condizioni carcerarie della Kaili denunciate dal suo legale Dimitrakopouos: “Da mercoledì 11 a venerdì 13 Eva Kailil è stata in isolamento su ordine del giudice istruttore Michel Claise. Per sedici ore è stata in cella di polizia, non in prigione, e al freddo. Le è stata negata una seconda coperta e le hanno tolto il cappotto, la luce della stanza era sempre accesa impedendole di dormire, era nel suo ciclo mestruale con abbondanti perdite di sangue e non gli è stato consentiti di lavarsi”. Sempre nella medesima nota abbiamo ricordato il tema gigantesco dei 13mila lobbisti presenti a Bruxelles che spendono 1,5 miliardi per condizionare il legislatore soprattutto quando si parla di farmaci, armi, agricoltura, tecnologia e piattaforme. Google, Microsoft, Huawei, Leonardo, Pfizer, Astrazeneca, Johnson & Johnson in prima fila. Un grande tema politico, non giudiziario, su cui fare, qui si, una battaglia senza sconti. Sulla nota in questione non abbiamo ricevuto risposta da Metzola nè da nessun altro. Nel silenzio tombale delle forze politiche tutte.
Delegittimare l’Europarlamento non è parte di quell’idea di Europa dove a contare debbano essere i singoli Stati e le lobby sovranazionali?
La democrazia europea, il sogno di una Europa indipendente e sovrana è nel mirino di molti attori globali. Lo vediamo nello scenario di guerra dove non riusciamo più a distinguere interessi atlantici da quelli europei. Lo vediamo nella pervasività violenta dell’imperialismo russo, o nel soft power cinese e indiano. Lo vediamo appunto nelle strategie delle grandi Companies. Lo vediamo soprattutto nella revanche nazionalista che vorrebbe consegnarci una Europa minima sottomessa agli Stati nazionali. Non credo ai complotti, ma certamente il clamore dell’inchiesta ha determinato un danno di immagine enorme per il Parlamento europeo. Inoltre si sta aprendo un altro filone d’inchiesta, abbastanza clamoroso, sulle indagini portate avanti, non si capisce bene a quale titolo, dai Servizi segreti del Belgio e la violazione dell’immunità parlamentare. Su questo aspetto Eva Kaili sta trascinando in tribunale la giustizia belga. Se dovesse dimostrare le sue ragioni l’intero Qatargate crollerebbe. Così come bisogna ricordare l’allontanamento dall’inchiesta del protagonista principale, il giudice Claise, per conflitto d’interessi e rischio di mancata imparzialità per vicende che coinvolgono suoi familiari.
Lei è stato tra i pochi europarlamentari a denunciare da subito le storture dell’inchiesta e il comportamento della magistratura inquirente. Come ha vissuto questa solitudine politica?
Non proprio da solo, ma si insomma dentro un isolamento politico evidente in cui sono accadute cose gravi, insopportabili. Come il trattamento riservato ad Andrea Cozzolino, sospeso dal partito seduta stante a mezzo Tg1, senza una telefonata, con una riunione online dei probiviri, senza umanità e presunzione di innocenza. I partiti dovrebbero essere anche delle comunità solidali, come insegna spesso la destra. A sinistra vige un principio preventivo e un po’ codardo, buttare a mare subito gli appestati, anche solo a partire da campagne stampa o presunti avvisi di garanzia. È successo spesso, succederà ancora. Perché non si vuole essere coinvolti e perché appunto è saltato il vincolo comunitario. Negli ultimi trenta anni sono state rovinate centinaia di persone risultate poi estranee ai fatti contestati o innocenti. E soprattutto perché la politica, a sinistra, ha accettato la subordinazione al potere giudiziario senza rivendicare il proprio ruolo autonomo e paritetico.
Delle responsabilità della politica si è detto. E quelle dei media che hanno sbattuto in prima pagina i “mostri di Bruxelles” e dato la linea alla sinistra?
Un tema gigantesco, che ha a che fare con la qualità della nostra democrazia. Una ventina di opinion leader, nella gran parte dei casi maschi piuttosto adulti, una compagnia di giro, che ha occupato tutte le trasmissioni del servizio pubblico e anche quelle private di stampo democratico. I cosiddetti buoni che non vincono mai, per usare le parole di uno dei campioni della fattispecie in questione. Danno la linea su tutto usando la visibilità accumulata in questi anni a classi dirigenti progressiste che paiono subire il potente salotto liberal, molto arrogante e sempre pronto a proteggersi e spalleggiarsi. Hanno cavalcato la linea giustizialista perché l’obiettivo è sempre quello di sottomettere la rappresentanza politica. Senza ragionare troppo sulle conseguenze profonde di questo atteggiamento. Da ultimo è toccato alla Segretaria del Pd; dopo averla incensata per mesi hanno cambiato improvvisamente linguaggio, diventando aggressivi, paternalisti e anche un po’ misogini. Alla Schlein va tutta la mia solidarietà. La verità che hanno una posizione su tutto e provano a dare la linea su ogni cosa. Anche per esigenze di palinsesto, andando in onda tutti i giorni. Senza provare vergogna quando la modificano come nulla fosse. Compresa l’ultima chicca del più global della compagnia: il razzismo è soprattutto un fatto tra africani. Credo non ci sia molto altro da aggiungere. Quando li vedo cambio canale, meglio X factor e 4 Ristoranti. Sono trasmissione meno noiose e spiegano meglio i mutamenti della società italiana.
L’anno prossimo ci saranno le elezioni europee. Qual è la reale posta in gioco e la sinistra, italiana ed europea, è in grado di reggere questa sfida?
La posta è enorme. Cinque anni fa la destra fece una campagna anti europea. Le prossime elezioni vedranno invece la destra nazionalista impegnata su un altro crinale, rivendicare l’Europa delle nazioni e per questa via indebolire le istituzioni sovrane comunitarie come appunto il Parlamento. Noi dovremmo avere una agenda alternativa su tutto. Loro forcaioli noi garantisti, loro nazionalisti noi per la sovranità europea, loro per un atlantismo politico (non solo alleanza militare difensiva) noi per il multilateralismo, loro guerrafondai noi pacifisti, loro razzisti noi per l’accoglienza di chi chiunque migri per qualsiasi ragione, loro negazionisti sul clima noi ecologisti, loro liberisti noi eco-socialisti, loro maschilisti noi femministi, loro familisti noi per la libera espressione affettiva e sessuale. Potrei continuare. Credo però si sia compreso il senso del mio ragionamento, al di là delle semplificazioni. Avere il coraggio di costruire un Manifesto politico ambizioso per l’Europa che verrà contrapposto al discorso pubblico delle destre e delle tecnocrazie. Ogni volta che balbettiamo sul sistema di valori o dei blocchi sociali di riferimento, ricavandoci un ruolo puramente emendativo dell’impostazione della destra o peggio di quella delle elite globali, prendiamo colpi mortali. Ci vuole passione per costruire, nelle pieghe della società italiana e non nei talk televisivi, l’agenda dell’altra Europa necessaria: solidale, laica, egualitaria determinata a realizzare la giustizia climatica e sociale e a difendere i diritti inviolabili di ogni singola persona che vive o transiti sul suolo continentale.