Vicino Stepanakert
Esplode deposito di carburante, strage in Nagorno-Karabakh: almeno 20 morti e 300 feriti
La tragedia mentre migliaia di armeni fuggono dalla regione contesa. Due inviati americani atterrati a Erevan. L’appello: “Non bastano i medici”
Esteri - di Redazione Web
Almeno venti morti e quasi trecento feriti, molti in gravi o gravissime condizioni. È il bilancio, provvisorio, dell’incidente che si è verificato in Nagorno-Karabakh, l’enclave a maggioranza armena che si trova in Azerbaijan, da trent’anni al centro di tensioni e conflitti, e dalla scorsa settimana obiettivo di un’avanzata militare da parte di Baku che ha provocato una massiccia ondata di profughi – secondo il governo armeno almeno 6.500 persone sono già fuggite. La strage si è verificata non lontano dalla capitale della regione separatista, Stepanakert, dove è esploso un deposito di carburante.
È successo mentre migliaia di persone da domenica scorsa stanno lasciando l’enclave e scappando in Armenia, per paura di ritorsioni e pulizie etniche dopo l’avanzata militare della scorsa settimana – 200 morti in appena 24 ore – che ha costretto le autorità separatiste locali alla resa e ai negoziati sulla “reintegrazione” della provincia nell’Azerbaijan. Secondo diverse fonti locali quando si è verificata l’esplosione molte persone erano in fila per fare benzina per fuggire dagli azeri e recarsi in Armenia. La settimana scorsa il primo ministro dell’Armenia, Nikol Pashinyan, aveva dichiarato che Erevan era pronta ad accogliere 40mila famiglie.
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Le cause dell’esplosione non sono ancora state chiarite. “Le condizioni di salute della maggioranza dei feriti sono gravi o estremamente gravi”, ha scritto su Twitter Gegham Stepanyan, difensore civico dei diritti umani dell’autoproclamata repubblica separatista. “Le capacità mediche del Nagorno-Karabakh non sono sufficienti. L’aviazione sanitaria deve atterrare con urgenza per salvare la vita delle persone”. Proprio nelle ore dell’esplosione a Erevan atterravano Samantha Power e Yury Kim – l’amministratrice di Usaid, l’agenzia nazionale per lo Sviluppo internazionale, e l’assistente segretario di Stato per l’Europa e l’Eurasia – due inviati degli Stati Uniti. In una nota si legge della missione per “affermare il sostegno Usa alla sovranità, all’indipendenza, all’integrità territoriale e alla democrazia dell’Armenia e per aiutare ad affrontare le necessità umanitarie derivanti dalle recenti violenze nel Nagorno-Karabakh”.
Alcuni osservatori internazionali hanno fatto notare la coincidenza della strage con l’arrivo degli inviati statunitensi. “Crediamo che sia necessaria una missione internazionale per fornire al popolo del Nagorno-Karabakh e alla comunità internazionale trasparenza, rassicurazione e fiducia che i loro diritti e la loro sicurezza saranno protetti, in linea con le dichiarazioni rilasciate dall’Azerbaigian”, ha dichiarato il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller che ha fatto sapere di lavorare con gli alleati a una missione internazionale per monitorare l’adempimento da parte di Baku degli obblighi per garantire diritti e sicurezza dei residenti del Nagorno-Karabakh.
Altro terreno di tensioni internazionali considerando che la Russia da tempo mantiene forze di peacekeeping sul territorio. Soprattutto da quando nel 2020 aveva mediato un accordo di cessate il fuoco dopo sei settimane di conflitto nel territorio conteso tra le forze di Baku e le autorità separatiste. Quando però la settimana scorsa l’operazione azera è partita, i militari russi non sono intervenuti, sono rimasti immobili. Mosca ha fatto sapere intanto che in questi giorni sta fornendo assistenza per l’evacuazione dei profughi verso l’Armenia. Il conflitto si trascina proprio dai tempi dell’Unione Sovietica, quando dopo la dissoluzione la Regione a maggioranza armena rimase nel territorio dell’Azerbaijan. La Turchia sostiene per ragioni etniche e politiche l’Azerbaijan, il Presidente Recep Tayyip Erdogan ha approvato l’operazione militare di Baku e ieri ha incontrato il Presidente Ilham Aliyev.