Il governo delle destre

“Che fallimento il Pd, che vergogna il governo che lascia affogare i bimbi”, intervista a Massimo Cacciari

«Dal fisco agli sbarchi, dopo un anno di governo Meloni e soci affondano sotto il peso delle loro promesse. Ma l’opposizione è inerme: non puoi solo aspettare sul fiume il cadavere del nemico»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

22 Settembre 2023 alle 11:30 - Ultimo agg. 22 Settembre 2023 alle 12:07

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“Che fallimento il Pd, che vergogna il governo che lascia affogare i bimbi”, intervista a Massimo Cacciari

Un anno di governo delle destre e di una (non) opposizione. La parola a Massimo Cacciari.

Professor Cacciari, a un anno di distanza, dal suo insediamento, qual è il segno politico prevalente del governo Meloni?
Non ha lasciato segni su niente. Il segno è quello di una spasmodica ricerca di una legittimazione internazionale, non so con quali esiti. E poi una difficoltà enorme di affrontare proprio quei temi sui quali s’era impostata non solo tutta la campagna elettorale ma tutta la storia recente del centrodestra.

Un esempio?
La cosa clamorosa è sull’immigrazione. Il fallimento totale su quel versante, l’incapacità di modificare il quadro criminale delle politiche europee in tema di immigrazione. Un governo di centrodestra, volente o nolente, costretto a migliaia e migliaia di immigrazioni, questo è un rovesciamento netto di tutte le loro attese e di tutte le loro promesse elettorali. La verità è che manca totalmente una politica coerente di destra. Questi blaterano di Dio e famiglia, ma dovrebbero vergognarsi. Cosa vai a chiacchierare di Dio e famiglia, mentre migliaia di persone annegano e tu, sciagurata, non fai nessuna politica coerente? Sciagurati e incapaci. Un mix devastante. Che supera i confini nazionali e investe pesantemente l’Europa che non solo non ha avuto alcuna politica per l’Africa e per l’altra sponda del Mediterraneo. Ma ha anche agito per peggiorare tragicamente tutta la situazione. La Ue ha dimostrato di non avere la minima coscienza della sua missione. Il suo fallimento è totale e irreversibile.

Tornando a casa nostra. C’è dell’altro, professor Cacciari, nel segno negativo?
L’impossibilità a corrispondere alle promesse elettorali in materia fiscale, in materia finanziaria. Se ci si dovesse limitare ai risultati di questo primo anno, il segno è quello di un totale fallimento.

È il fallimento di politiche o anche di una narrazione?
Di una narrazione. È chiaro. Lungi da me gettare la croce su questo governo perché non c’è una politica fiscale adeguata o perché non si è risolto il dramma dell’immigrazione. Sono grandi problemi europei, irrisolti, e una storia ormai pluridecennale di malgoverno italiano. Figurati se mi sogno di accollare tutto alla Meloni. Soltanto che loro in campagna elettorale avevano proclamato alcune cose, che la loro storia di opposizione era di un certo tipo, La loro narrazione viene completamente smentita, rovesciata, fatta a pezzi. Questo è il dramma per loro, che ogni giorno si aggrava di più.

In precedenza, faceva riferimento a questa spasmodica necessità di legittimazione internazionale da parte della presidente del Consiglio.
Quello è l’unico versante in cui forse qualche risultato l’ha avuto. Schierandosi pancia a terra contro tutte le sue posizioni precedenti, o modificandole abbastanza radialmente. Pancia a terra sulle posizioni Nato e americane, forse una qualche maggiore credibilità negli ambienti del potere, Meloni l’ha ottenuta. Per lei è sicuramente un successo. Ma molto penoso, perché poi nessuno le dà una mano sulla questione dell’immigrazione. È un successo un po’ peregrino. Su questo campo, lei aveva una enorme difficoltà. Quando la Meloni si presenta capo di Governo, per quanto donna, quindi sempre da trattare in modo politicamente corretto, poteva ben temere tentativi di delegittimarla. Mi pare che da quel punto di vista non dico che sia riuscita ad affermarsi ma ad evitare il peggio. L’unica cosa, rispetto a quando ha vinto, che le è andata bene.

Un anno di opposizione. Quale ne è stato il suo segno, professor Cacciari?
Niente. Zero. La nullità assoluta. Non sono riusciti a fare una coalizione, il Pd non è riuscito a mettere in piedi uno straccio di governucolo ombra, di formare una classe dirigente in grado di incalzare il Governo nel merito sulle questioni essenziali. Ed è lì che attende se gli passa il cadavere del nemico lungo il fiume, nel caso che tutte le contraddizioni che prima richiamavo facessero esplodere questa compagine governativa. Siccome sono contraddizioni abbastanza clamorose, può essere anche che il gioco gli vada bene. Sta lì sulla riva del fiume, in attesa se il buon Dio gli fa passare il cadavere.

Perché ogni volta che Elly Schlein prova a spostare un po’ più in alto, a sinistra, l’asticella della “radicalità”, viene subito fatta oggetto di critiche feroci e di un serrato fuoco amico?
Così come era stato per Renzi, da un’altra parte. Se c’hai un partito che è semplicemente un coacervo di micro capibastone, che non ha mai fatto un congresso degno di questo nome dal momento della sua fondazione – e neanche allora Renzi lo fece – il risultato che porti a casa non può che essere la nullità assoluta. Sono una coalizione di micro capi bastone che lavorano per la propria sopravvivenza. Se non ce l’ha fatta Renzi, che pure aveva il 40% di voti suoi, cosa vuoi che ce la faccia la Schlein che di voti suoi ne avrà uno? È un partito che non funziona, non solo e non tanto per colpa di chi di volta in volta ne è a capo. Non ha determinato una propria linea, è una sommatoria di sensibilità e di linee diverse, che stanno insieme unicamente perché comprendono che soltanto stando insieme ciascuno dei micro capi ha una sua possibilità di sopravvivenza. Sono aggrappati l’uno all’altro per questo, perché se si staccano l’uno dall’altro cadono tutti, e perciò si appoggiano reciprocamente. E così vanno avanti. Una situazione analoga, o ancora peggiore, di quella di dieci-quindici anni fa.

Verso la quale lei non è stato mai tenero.
Allora li ho criticati in tutti i modi. Non continuate a stare insieme incollati con lo sputo. Finitela. Rischiate un itinerario, ammesso che ne abbiate una idea. Quelli che hanno un’idea alla Renzi, che vadano con Renzi, e quelli che hanno un’idea alla Cofferati, vadano con Cofferati… Meglio divisi che separati in casa, a lottare in casa disperatamente. Gli dicevo: guardate che in Italia è passata una legge sul divorzio, abbiate pazienza, separarsi non è un peccato. Oggi siamo alla stessa solfa. Lasciate lavorare la Schlein. E chi è d’accordo con lei vada avanti, e gli altri facciano altre cose, vadano con Calenda, vadano con Renzi. Facciamola finita con le alleanze posticce. E la stessa cosa è questa spasmodica ricerca dell’alleanza: “adesso ci mettiamo con i 5Stelle, no non ci mettiamo con quelli di Conte”. Non ha senso. Abbiamo già fatto un errore, forse di generosità – parlo per me ma anche altri finirono per commetterlo – quando si è fatto il Pd. Probabilmente si è commesso un errore. Non erano tempi, non erano uomini adatti o all’altezza, non era maturata abbastanza l’idea di dove andare. Ed è nato un fallimento. Già al primo giorno si vedeva che era un fallimento. Riconosciamolo. Basta. Adesso il Pd non è altro che un insieme di forze che pensano, secondo me sbagliando, che lo stare insieme garantisca la sopravvivenza di qualche leaderino.

Basta per tenere insieme questa cosa che insieme non sembra reggere, usare il collante di parole abusate e mai declinate politicamente come “riformismo” e, soprattutto, “europeismo”?
Ma no. È chiaro che non basta. Avere una volontà internazionale, soprattutto per una forza che si dice progressista, riformatrice, è una premessa obbligata, non l’approdo nella costruzione di una visione strategica del tuo rapporto con il mondo. Se è l’Europa l’unica dimensione sulla quale possiamo ancora contare nel mondo globale, occorre che un partito, che peraltro nel suo Dna, ma lo dico con un sorriso amaro, dovrebbe avere una qualche vocazione internazionalista, si muoverebbe per creare per le prossime elezioni europee qualcosa che assomigli a uno straccio di organizzazione internazionale, di intesa internazionale. E poi l’Europa è lì, una battaglia in sede di Parlamento, in sede di Commissione, in sede di Consiglio d’Europa, per fare le riforme necessarie. Non è possibile proseguire con queste regole, allargano continuamente l’Unione europea, facendo un domani entrare la Lettonia, l’Estonia, la Lituania e chi più ne ha più ne metta. È impossibile. Un europeismo riformista, davvero tale, è lungi dal manifestarsi ma è questa la strada su cui battere. E poi c’è da riprendere il grande tema delle riforme istituzionali italiane. Non è perché Renzi ha fallito, che tutto ciò che Renzi diceva fosse sbagliato e molte cose non fossero necessarie. È necessario riprendere il tema delle riforme, con forza. Parlare di questo e di tutti i nuovi grandi temi, che tra l’altro appassionano i giovani: le nuove forme di lavoro, l’intelligenza artificiale, l’ecologia in senso serio e non quello della ragazza svedese che va in giro per il mondo facendo propaganda. Non l’ecologismo di maniera. Riprendere i grandi temi nel merito, con una classe politica adeguata, competente, tutti dirigenti in grado davvero di formare governi ombra. Quelli che c’erano una volta. Quando il Pci faceva l’opposizione, era organizzato al suo interno esattamente come un governo ombra. Con il “ministro” dell’Economia, il “ministro” degli Interni, quello della Cultura, degli Esteri, della Scuola, dell’Università etc. Riprendi il buono di una certa tradizione politica. Il buono. Fintantoché non fanno così, attraverso un congresso serio, davvero fondativo, continueranno ad annaspare e vivranno delle malesorti altrui. Questo è il sistema italiano che va avanti. Si vive nelle malesorti altrui. Torni al Governo perché gli altri non sono stati capaci, avanti popolo. Fino a quando non andremo in default con tutto. Adesso siamo in un default politico e culturale, tra un po’ saremo in default anche economico, perché se andiamo avanti ad aumentare il debito pubblico di dieci miliardi al mese, capisci bene che non è che potremmo durare tanto. Anche se siamo alleati degli Stati Uniti d’America. Che tra l’altro hanno un debito di non so più di quanti trilioni di dollari. Per la cronaca, un trilione sono mille miliardi. Non è che l’impero stia tanto bene. L’impero russo certamente è quello messo peggio, l’impero cinese non lo sa nessuno come sta veramente, ma l’impero americano non è che abbia da fare sogni d’oro. Che Dio ce la mandi buona per la prossima volta. Perché se gli americani sono chiamati a scegliete tra uno evidentemente con qualche incapacità e l’altro, Trump, beh, che Dio ci salvi. Che salvi l’America. E noi dietro.

22 Settembre 2023

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