Lo scriteriato sporcamento

Quella destra che sventola croci e rosari è da scomunica

Osceno il modo con cui si usurpano quei simboli e oltraggiano le sensibilità di chi vi si riconosce, con il rosario agitato in faccia ai migranti da respingere in nome di Gesù Cristo

Editoriali - di Iuri Maria Prado

21 Settembre 2023 alle 15:30

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Quella destra che sventola croci e rosari è da scomunica

Un commento civile sull’inopportunità di esibire il rosario e il crocifisso a segno distintivo di qualsiasi militanza politica è perfino superfluo, è addirittura troppo, davanti alla volgare e offensiva “cristianità” di cui si impatacca questa destra. Altrimenti, e cioè se non fosse tanto sgangherato e blasfemo, quest’uso di dio e dei simboli religiosi potrebbe anche esporsi al rilievo banale e sistematico: vale a dire che negli affari pubblici quello strumentario è inammissibile non per repulsione laicista ma proprio a tutela della dignità e della libertà (anche religiosa) di tutti.

Se infatti dal muro di Stato incombe obbligatoriamente il crocifisso, chi sta sotto e ha un altro dio, o nessun dio, non mancherà di riconoscersi in quel simbolo, ma nello Stato che lo impone e vi si confonde. Se il legislatore scrive una norma perché la vuole il dio dei cattolici, chi vi è sottoposto non avendo nessun dio o avendone un altro non sentirà di doverla rispettare perché è la legge uguale per tutti, e dunque anche la propria: sentirà piuttosto che è la legge fatta in nome di estranei convincimenti altrui, e dunque mancherà di rispettarla o la rispetterà solo per il timore di sottrarvisi, che è il peggior risultato cui può ambire un governante capace. E il governante capace è quello consapevole del fatto che le architetture e i discorsi pubblici spogli di qualsiasi simbolo religioso sono oltretutto la miglior garanzia contro la pretesa altrui di imporre i propri.

Il governante capace è quello che nello Stato e dallo Stato non vuole nessun simbolo religioso e nessuna religione: e non li vuole affinché tutti i simboli e tutte le religioni siano ammessi e liberi dove è necessario, cioè nella società. Ma appunto: queste considerazioni sono addirittura eccessive per giudicare il modo osceno con cui i vertici della destra usurpano quei simboli e oltraggiano le sensibilità di chi vi si riconosce, con il rosario impugnato in comizio come una testa mozzata e agitato in faccia ai migranti da respingere in nome di Gesù Cristo, con la Vergine Maria convenuta alla benedizione del collegio elettorale insidiato dagli infedeli, con il riformismo catechistico rivolto alla rieducazione dei palinsesti orientati contro natura e con le aperte cateratte di Palazzo Chigi da cui diluviano decreti a protezione di dio e della famiglia.

Sarebbe già molto se i responsabili di questo scriteriato sporcamento comprendessero che non si fa punto e basta, per neutro divieto civile e per la minima compostezza che ci si attende da chi ha la pretesa di occuparsi delle faccende pubbliche. Figurarsi quant’è fuor d’opera aspettarsi che capiscano – che sappiano, perfino – come l’umanità si sia macchiata e continui a macchiarsi dei crimini più spaventosi proprio nell’adozione della parola di dio e in omaggio a questo o quel suo presunto intendimento.

Resta quel che si vede: il tratto pericolosamente confessionalista di un’azione politica che più si slabbra, più si rimpannuccia di ornamenti da crociata strapaesana; più si impantana nell’impotenza, più si incattivisce a uscirne sventolando il benestare di Nostro Signore. E più fa mostra di uniformarsi a quella tutela e giustificazione superiore, più si fa bestemmiatrice. In ottica e prassi di chiesa non saprei: ma dal punto di vista civile e democratico una condotta simile è letteralmente da scomunica.

21 Settembre 2023

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