I numeri

La grande fuga dall’Italia: se ne va anche chi ha il permesso di restare

La sospensione dei ricollocamenti annunciata dalla Germania riguarda una quota assai modesta. Meloni si è sempre opposta alla redistribuzione obbligatoria, andando contro gli interessi del nostro Paese. La riforma di Dublino è al palo e in Europa ormai vige il principio del “liberi tutti”...

Cronaca - di Gianfranco Schiavone

14 Settembre 2023 alle 14:00

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La grande fuga dall’Italia: se ne va anche chi ha il permesso di restare

La Germania ha annunciato di voler sospendere il programma volontario di ricollocamento dall’Italia di una quota di richiedenti asilo molto modesta (secondo quanto riportato dal quotidiano La Repubblica sulla base di fonti del Viminale si tratterebbe nell’ultimo anno di appena 1.042 persone su un totale di 3.500 concordato). Una scelta quindi dalle ricadute piuttosto irrilevanti sul piano reale ma che vuole avere un valore simbolico.

La ragione della decisione da parte del Governo tedesco è da imputare al fatto che molti richiedenti asilo che arrivano in Italia via terra o via mare si sposterebbero irregolarmente in Germania (così come in altri Paesi UE) dove presentano domanda di asilo. Già il 10 giugno 2023 il cancelliere Scholz era assunto all’onore delle cronache per una battuta per la quale era stato anche aspramente criticato; in quella occasione infatti il Cancelliere aveva affermato che la Germania “deve avere grandi spiagge nel Mediterraneo. Perché di fatto arrivano più rifugiati dal Mediterraneo alla Germania che a ciascuno dei Paesi rivieraschi del Mediterraneo stesso”.

Come noto il Regolamento Dublino III, di cui da anni si tenta, finora inutilmente, una modifica, prevede che il paese di primo ingresso sia quello competente ad esaminare la domanda di asilo del cittadino straniero che entra irregolarmente nello spazio comune europeo. Come avevo illustrato su queste pagine il 12 giugno scorso, sul testo di riforma del Regolamento Dublino III predisposto dalla Commissione Europea (Asylum and Migration Management Regulation – AMMR) è in atto un duro scontro tra proposte tra loro opposte: da un lato la posizione del Parlamento Europeo e dall’altra quello del Consiglio Europeo, quest’ultima cristallizzata nell’incontro dei Governi del 7 luglio.

Nella proposta del Parlamento, che ha introdotto molte e sostanziali modifiche al testo proposto dalla Commissione, viene rafforzato il criterio di obbligatoria redistribuzione dei richiedenti asilo tra i diversi paesi dell’Unione allo scopo di attuare un riequilibrio tra i pochi Paesi che hanno molti richiedenti asilo (un gruppo non superiore a 5-6 paesi) e la larga maggioranza che ne hanno pochi o persino pochissimi. La Commissione non intende affatto mettere in discussione il logoro criterio che radica la competenza all’esame della domanda di asilo nel paese di primo ingresso, e ciò costituisce un forte limite della sua proposta, ma almeno è consapevole che, per attuare una politica europea effettivamente basata sulla solidarietà e sull’equa ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri come prevede l’art. 80 del Trattato sul funzionamento dell’Unione, la ridistribuzione dei richiedenti asilo deve diventare criterio inderogabile e vincolante per lo meno quando su uno o più stati membri si registri una situazione di chiara pressione migratoria.

Il Consiglio Europeo si è posto in rotta di collisione con tale approccio prevedendo una bizzarra declinazione della nozione di solidarietà verso lo stato membro che ha una situazione di pressione migratoria proponendo che essa venga attuata con “contributi finanziari (…) per progetti relativi al settore della migrazione, della gestione delle frontiere e dell’asilo o per progetti nei Paesi terzi che possono avere un impatto diretto sui flussi alle frontiere esterne o possono migliorare i sistemi di asilo”. Redistribuire quote di richiedenti asilo nei paesi diversi da quelli di arrivo diviene, nella proposta del Consiglio, una misura opzionale ma mai obbligatoria, così che gli Stati che non vogliono prendere nessuno possano continuare a farlo.

Anche se può sembrare incredibile, l’Italia con il Governo in carica è stato uno dei Paesi che più si sono opposti al criterio della obbligatorietà della redistribuzione dei richiedenti, in evidente contrasto anche con gli interessi nazionali; tale paradosso si spiega con l’ossessione unica del Governo in carica ovvero inseguire l’obiettivo di dirottare l’intera azione dell’Unione Europea su politiche di esternalizzazione delle frontiere per bloccare i rifugiati in paesi terzi e lì confinarli a tempo indeterminato. I “movimenti secondari” (per usare l’asettica definizione con la quale nei documenti europei si indica lo spostamento non autorizzato dei richiedenti asilo da un paese all’altro) dall’Italia verso il resto dell’Unione sono un fenomeno strutturato da tempo; esso emerge con chiarezza anche dall’analisi dei dati relativi all’anno 2022: l’anno scorso sono sbarcati in Italia 105.129 persone secondo i dati pubblicati dal Ministero dell’Interno, il quale per motivi oscuri continua a non rendere noti i dati sugli arrivi via terra, ovvero nella quasi totalità dalla rotta balcanica con ingresso in Friuli.

Tuttavia è stimato con buona approssimazione (vedi l’accurato rapporto “Vite Abbandonate” pubblicato dal coordinamento di associazioni triestine che si occupano di accoglienza) l’ingresso di almeno 14.000 migranti nel corso del 2022 nella sola città di Trieste. Se ragionevolmente si ipotizza un ingresso complessivo di ingressi via terra nel 2022 su tutta la Regione Friuli Venezia Giulia di 20.000 persone e si somma tale dato agli arrivi via mare si ottiene una stima attorno a 125.000 ingressi in Italia. Le domande di asilo presentate per la prima volta nel corso del 2022, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno sono state 77.147 (tale dato è relativo solo alle domande presentate nel corso dell’anno 2022 e non alle domande pendenti, né alle domande reiterate). Dunque nel solo anno 2022 circa 50mila migranti arrivati in Italia non avrebbero formalizzato istanza di asilo e di loro non si sa nulla, né quale parte sia rimasta in Italia in condizioni di irregolarità, né quanti hanno proseguito il viaggio verso altri paesi dell’Unione.

È ragionevole ipotizzare che una larga parte dei migranti abbiano optato subito per la prosecuzione del loro viaggio verso altri paesi europei percepiti come più idonei a rifarsi una vita, considerato che la qualità del sistema di accoglienza italiano è in caduta verticale e che il nostro Paese non ha mai investito su un serio programma di integrazione dei rifugiati riconosciuti. Sempre guardando ai dati disponibili su un punto di osservazione limitato ma alquanto rilevante come Trieste, sui 14mila ingressi del 2022 l’orientamento ad abbandonare l’Italia il prima possibile riguardava il 70% dei migranti.

Va per ultimo considerato che il numero delle domande di asilo formalizzate non equivale affatto al numero di coloro che rimangono in Italia portando a conclusione l’iter di esame della loro domanda di asilo. Le testimonianze rese un po’ da tutti gli operatori umanitari operanti in tutta Italia combaciano con quelle registrate all’estero ovvero sono molto chiare ed uniformi nel sostenere che una buona parte dei richiedenti asilo si allontanano dall’Italia prima o dopo e spesso persino successivamente al riconoscimento della protezione. L’Italia appare dunque un paese dal quale è in atto una fuga generalizzata degli stranieri che arrivano in Europa per chiedere asilo e la disapplicazione delle normative europee risulta essere estesa e sistematica.

A ben guardare però è l’Europa stessa che sembra diventare un luogo senza più regole, una sorta di “liberi tutti”, nel quale ogni Stato mette in atto strategie proprie di autodifesa (da chi finge di non vedere passare i richiedenti asilo a chi sospende, come il Belgio, l’accoglienza dei richiedenti asilo) ignorando in modo sempre più esplicito le regole comuni. In tutto ciò il cosiddetto Belpaese (invero non molto più tale) rimane invischiato in un gorgo di autolesionismo, chiusura ideologica e degrado sociale disperdendo follemente le potenzialità umane, culturali ed economiche che pure deriverebbero da una intelligente gestione dell’accoglienza dei rifugiati.

14 Settembre 2023

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