L'esponente Md
“Il decreto Caivano è miope, sui minori Salvini va contro il diritto”, parla la Pm Tiziana Paolillo
La procuratrice presso il Tribunale per i Minorenni di Genova ed esponente di Md: “Solo una reazione ai fatti di cronaca. Dei ragazzi bisogna occuparsi prima che commettano reati”
Interviste - di Angela Stella
DL Caivano: abbiamo raccolto il parere della dottoressa Tiziana Paolillo, procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Genova, esponente di Magistratura Democratica.
Secondo lei questo decreto è la risposta giusta al disagio giovanile?
Il decreto, da una prima lettura, non è assolutamente una risposta al disagio giovanile ma una reazione -quasi sull’onda dell’emozione e della paura suscitata da recenti fatti estremamente gravi che coinvolgono minorenni- che appare improntata esclusivamente alla repressione, all’inasprimento delle sanzioni e alla punizione. Un intervento del genere, non accompagnato da una seria riflessione del fenomeno della devianza minorile e della risposta che lo Stato dovrebbe dare in funzione preventiva, è estremamente miope. È indubbio che l’aumento della commissione di reati, anche estremamente gravi, da parte dei giovanissimi è un forte richiamo alla realtà e alla responsabilità per gli adulti e, in generale, per tutte le istituzioni che dei minori si dovrebbero occupare ben prima che commettano reati e che, evidentemente, da tempo, latitano.
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La violenza minorile è in crescita?
Sì. Dal post lockdown in avanti si può affermare che praticamente ogni ufficio giudiziario minorile italiano ha visto un aumento dei reati commessi dai minorenni.
Il vicepremier Matteo Salvini ha detto: «Se un ragazzino uccide, deve pagare come un cinquantenne». Lei è d’accordo?
Sono in totale disaccordo. Un minorenne, a differenza di un cinquantenne, ha una personalità in cambiamento, in crescita e suscettibile di modifica. Trattare un minorenne come un adulto è contrario ad ogni principio giuridico, anche internazionale, e di buon senso. Occorre lavorare, con risorse professionali effettive e non tramite meri proclami, con i ragazzi che commettono reati: farli riflettere, metterli davanti, al momento giusto, alla sofferenza che hanno provato le vittime delle loro condotte, far in modo che -anche grazie a tutti gli strumenti responsabilizzanti ed educativi del procedimento penale minorile italiano, che di regola, se sapientemente modulati, abbattono il rischio di recidiva- il loro processo di crescita viri verso la legalità. Prima ancora, però, bisogna lavorare fuori dalle aule dei tribunali, con presidi esterni sul territorio, quali ad esempio i servizi sociali e le scuole, che vanno potenziati e non indeboliti sempre di più o addirittura demonizzati.
Molto significativa la revisione delle condizioni per applicare la custodia cautelare dei minorenni: la detenzione preventiva sarà così possibile nei confronti degli indagati e degli imputati per reati che prevedono un massimo di pena superiore a 6 anni (sinora erano 9). E Ia custodia cautelare diventa possibile, in ogni caso, quando si procede per i reati di violenza, minaccia e resistenza a pubblico ufficiale e per i per furti, oltre al traffico di stupefacenti. Rivisto di conseguenza anche il limite di pena per l’applicazione delle misure diverse dalla carcerazione anticipata, il limite di pena si abbassa da 5 a 4 anni. Che ne pensa?
Sono contraria ad ogni intervento repressivo non accompagnato da un parallelo e serio intervento che abbia concrete finalità preventive. Abbiamo visto, purtroppo, che l’inasprimento delle pene e delle procedure per i c.d. reati di “codice rosso” non ha in alcun modo fermato la violenza sulle donne. I fenomeni, anche criminosi, vanno letti nel tempo, con le giuste pause di riflessione e i giusti strumenti culturali altrimenti si rischia di agire sull’onda dell’emergenza e di riempire ulteriormente gli istituti penali minorili (già sufficientemente pieni) senza alcuna garanzia che quei ragazzi, una volta usciti dal carcere, non commetteranno più reati.
A parziale bilanciamento si interviene sulla messa alla prova. Giusto così?
La messa alla prova, come ho accennato, è il fiore all’occhiello della giustizia minorile italiana, deve essere potenziata e resa efficace anche tramite risorse umane ed economiche adeguate. Un progetto di messa alla prova perché sia davvero un progetto efficace deve essere costruito addosso al ragazzo, valorizzando le sue capacità ed attitudini positive e deve essere fattibile e realistico (non è realistico né fattibile un progetto –solo per fare un esempio- che richieda ad un ragazzo di 17 anni di tornare a scuola con ragazzini di undici anni per prendere la licenza media o mandarlo a fare volontariato al canile se ha la fobia degli animali). Un ulteriore fattore determinante perché una messa alla prova sia positiva è il tempo: per conoscere l’imputato, per costruire il progetto, per consentire che lo stesso sia realizzato, per consentire, in definitiva, l’avvio o la giusta ripresa di quel processo di crescita che evidentemente è mancato o è stato interrotto.
Da esperta quali suggerimenti darebbe per contrastare il fenomeno della violenza minorile?
Bisogna iniziare a lavorare su più fronti con i bambini sin dalle elementari: insegnargli il rispetto dell’altro, l’importanza di studiare per se stessi per poter esprimere validamente le proprie idee e, prima ancora, per farsene una propria, la cura del proprio corpo e del proprio sesso, ad utilizzare correttamente i cellulari e gli strumenti informatici moderni che, non vanno messi all’indice, ma vanno sempre mediati da un adulto capace che possa spiegare ai ragazzi quanto utili possano essere se utilizzati nel modo giusto o quanto possano essere pericolosi se usati in modo distorto o, peggio ancora, se abbandonati nelle loro mani senza alcuna spiegazione. È un lavoro lungo e impegnativo ma penso che, nel tempo, possa essere l’unico tragitto da seguire e su cui investire.