Il collegio di Monza

Le infinite ragioni per scegliere Cappato candidato nel collegio di Berlusconi

Il tesoriere dell’associazione Coscioni si è formato nella scuola radicale di Pannella. È un visionario programmatico, di sicura rettitudine, riconosciuta coerenza e comprovata competenza

Politica - di Andrea Pugiotto

17 Agosto 2023 alle 20:00

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Le infinite ragioni per scegliere Cappato candidato nel collegio di Berlusconi

1. Giusto un anno fa, nella concitata fase di formazione delle liste elettorali per il voto anticipato al 25 settembre, emerse una proposta trasversale: candidare Marco Cappato, come indipendente, in Parlamento. Il suo nome – si disse – intercetterebbe un elettorato reattivo che non vota per appartenenza. Rappresenterebbe un’opzione «impossibile da rifiutare» (Concita De Gregorio, la Repubblica, 5 agosto) per chi considera vergognoso che «in questo Paese non esista una legge dignitosa e compassionevole sul fine vita» (Gianrico Carofiglio, La Stampa, 5 agosto).

Premierebbe un metodo di lotta politica in cui rivive «lo spirito libertario» della migliore tradizione radicale (Giuliano Ferrara, Il Foglio, 7 agosto). Ridurrebbe il danno reputazionale di un Parlamento incapace di affrontare questioni – alla lettera – di vita e di morte, che tantissimi elettori conoscono direttamente o per interposta persona. Sappiamo come andò a finire: nessun partito fu così generoso e lungimirante da assicurare al tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni un diritto di tribuna.

2. Oggi, alle elezioni suppletive del 22-23 ottobre nel collegio di Monza, l’occasione si ripresenta. Questa volta, però, a parti rovesciate. Cappato, infatti, ha già ufficializzato la propria candidatura mettendola a disposizione di uno schieramento il più unitario possibile tra le forze d’opposizione: «La mia speranza è che questo sostegno ci possa essere» (la Repubblica, 29 luglio).

Secondo il Direttore di questo giornale, «è una grande occasione per la sinistra». Perché rappresenterebbe un primo serio esperimento unitario ad elevate chances di vittoria. Perché avrebbe un grande impatto simbolico sottrarre alle destre il seggio che fu di Berlusconi. Perché sarebbe una candidatura autenticamente politica, cioè capace di «produrre idee, sentimenti, valori, comunità» (l’Unità, 4 agosto). A queste tre (ottime) ragioni, se ne possono aggiungere altre. Scaturiscono tutte dalla regola elettorale che si applicherà al collegio di Monza, trasformato d’incanto in un angolo del Regno Unito.

3. Il seggio senatoriale conteso, infatti, sarà assegnato in un collegio uninominale maggioritario a turno unico. Si tratta di una dinamica elettorale del tutto diversa da quella dovuta alla schizofrenica legge elettorale in vigore (n. 165 del 2017, il c.d. rosatellum): un mix tra maggioritario e proporzionale, con collegi uninominali e plurinominali, liste proporzionali bloccate e saldate al candidato nel maggioritario, divieto di voto disgiunto, soglie di sbarramento a geometria variabile e collegi di dimensioni enormi. Dove l’elettore con il suo unico voto, dato a chissà chi e chissà come, non decide la vittoria di un partito né sceglie liberamente un candidato.

Nelle elezioni suppletive in un collegio uninominale, queste esoteriche tecnicalità sono tutte azzerate. Subentra una logica tipicamente anglosassone: la competizione per il seggio in palio è tra singoli candidati, uno per partito; vincerà chi prevarrà sugli altri anche solo per pochi voti. Ciò esige dalle forze politiche scelte funzionali conseguenti. Far prevalere le convergenze possibili sulle divergenze esistenti. Aggregarsi attorno a un candidato comune. Selezionare il nome migliore poiché la sfida è tra persone, non tra liste di partito. Privilegiare una candidatura non paracadutata, ma espressione del collegio che elegge “il suo” rappresentante.

In tale contesto, l’elettore non esprimerà un mero voto d’opinione, potendo decidere il parlamentare eletto e la coalizione vincente. E poiché anche una sola preferenza può fare la differenza, prevarrà sul voto identitario un voto strategico: a favore cioè del candidato politicamente meno distante (ma con chances di vittoria) e non del più vicino (se destinato all’insuccesso).

4. Non a caso, le forze di governo hanno già annunciato una comune candidatura: Adriano Galliani, monzese, imprenditore, già senatore forzista, storico collaboratore di Silvio Berlusconi, attuale presidente del Monza calcio. Già questa opzione costringerà le forze di opposizione ad analoga scelta: andando divise, perderebbero certamente. Il punto è capire quale candidatura possa rappresentarne, al meglio, il minimo comun denominatore.

Cappato è un visionario pragmatico, formatosi alla scuola radicale di un altro Marco (Pannella) «in continuità con l’ossessione di mio padre per il rispetto delle regole e con l’attenzione di mia madre alla cura delle persone», come scrive nel suo libro-manifesto (Credere, disobbedire, combattere, 2017). Nato e cresciuto a Monza. Parlamentare europeo per due legislature. Da quattordici anni fuori dalle istituzioni parlamentari, eppure dentro la lotta politica condotta da protagonista con altri mezzi: referendum abrogativi; iniziative legislative popolari, nazionali ed europee; disobbedienze civili; eccezioni di costituzionalità; inedite forme di associazionismo (come Eumans! o il Congresso mondiale per la ricerca scientifica). Serio ma mai noioso. Autorevole senza inutili solennità. Sorriso aperto e capelli perennemente arruffati.

La sua immagine e la sua storia personale dimostrano che non serve essere tristi per aiutare i suicidi ad attraversare l’ultimo vecchio ponte. Che non è necessario essere apocalittici per difendere l’ecosistema. Che la libertà di ricerca scientifica e il diritto alla conoscenza sono affare di tutti. Che il rinnovamento della democrazia può evitare le scorciatoie populiste. Che gli Stati Uniti d’Europa rappresentano un obiettivo politico necessario. Che la nonviolenza e il pacifismo non sono la stessa cosa. Che la legalizzazione delle droghe leggere è il rimedio ai guasti di un proibizionismo responsabile del mercato clandestino di tutte le sostanze stupefacenti.

Proprio per questo Cappato può essere il candidato di tutti perché di nessuno in particolare: salvo +Europa, infatti, non c’è partito d’opposizione che si riconosca integralmente nelle sue battaglie di scopo, mentre ciascuno può riconoscersi in almeno una di esse. Tutti, infine, sanno bene che candiderebbero una persona di provata competenza, di sicura rettitudine, di riconosciuta coerenza.

5. Eppure, la sua “candidatura di servizio” fatica a decollare. «Troppo divisiva» – si dice – pensando all’impegno di Cappato a favore dell’eutanasia legale. A ben vedere, è un’eccezione pretestuosa che confonde l’effetto con la sua causa. L’attuale quadro normativo in tema di fine-vita è significativamente arretrato. Servirebbe una legge facoltizzante, costruita attorno alla libera e consapevole scelta individuale, che guardi all’eutanasia non come un reato o un peccato o una pulsione malata. Né come una scelta da approvare o condannare, semmai da rispettare, perché – contrariamente a un radicato luogo comune – «il diritto laico all’autodeterminazione non implica alcun delirio di autoaffermazione» (Massimo Recalcati, I tabù del mondo, 2017): al contrario, assumendo il limite della malattia mortale, respinge l’ideologia totipotente della prosecuzione della vita ad ogni costo.

È un’aspettativa tradita da troppo tempo, nonostante i ripetuti moniti della Corte costituzionale e le tentate iniziative popolari, legislativa e referendaria. Per destare le Camere dal loro letargo servirebbe un interpello quotidiano, che il senatore Cappato svolgerebbe al meglio. Ad essere divisiva, dunque, non è la sua candidatura, ma il problema legislativo che essa incarna e che i partiti preferiscono eludere, ignorandolo. Mostrandosi così più arretrati di larga parte dell’elettorato, che potrebbe trasversalmente convergere sul nome di Marco Cappato.

6. Rimossa questa fittizia pietra d’inciampo, la sua candidatura unitaria torna così a rivelarsi plausibile. I partiti facciano allora la propria parte, consentendo agli elettori di fare la loro. Votassi a Monza, mi porrei un semplice dilemma: chi, tra Adriano Galliani e Marco Cappato, negli ultimi trent’anni ha dato voce e corpo a iniziative politiche di interesse collettivo? E poi voterei di conseguenza.

17 Agosto 2023

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