La manifestazione

La Francia in piazza contro le repressioni della polizia

Esteri - di Angela Nocioni

11 Agosto 2023 alle 10:04

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La Francia in piazza contro le repressioni della polizia

«Diciamo le cose chiaramente: quel ragazzo minorenne non avrebbe dovuto trovarsi alla guida dell’auto, e non era la prima volta che guidava senza patente. Ora bisogna lasciare lavorare la giustizia perché gli agenti usano la violenza legittima dello Stato e si trovano ad esercitarla in condizioni molto difficili». Non l’ha detto mentre la rivolta popolare infiammava le strade francesi l’ultimo agente di un sindacatino di polizia di estrema destra francese. No. L’ha detto al “Corriere della Sera” poco più di un mese fa l’ex ministro degli Interni, Manuel Valls, socialista. Quello che nel 2017 si è intitolato la legge che riduce i casi in cui può esser considerato responsabile di omicidio il poliziotto che uccide. L’ha detto mentre le periferie di molte città francesi erano a fuoco anche a causa della sua legge. La rivolta è scoppiata dopo che un poliziotto il 27 giugno scorso ha ucciso un diciassettenne, Nahel, forse perché non s’era fermato all’alt. È in questa Francia in cui vengono prese posizioni di questo genere da politici illustri, anche da politici socialisti – il partito socialista francese è sepolto attorno all’1% – che a luglio mentre cresceva la protesta contro la violenza della polizia e mentre abitanti delle periferie denunciavano che quel meraviglioso liberté, egalité, fraternité lo vedono sì scritto ovunque su belle targhe dorate ma sanno che non vale per loro, a Lione, a Marsiglia, a Chambéry a Lorient e in altre città ronde di gente vestita di nero si proclamava in assetto di «autodifesa» e gridava «Ici on est chez nous», «Questa è casa nostra». Bastoni, passo militare, braccio destro alzato. La rivolta popolare e le ronde nere che nella protesta cercavano un varco sono andate avanti per settimane. Non una parola di comprensione verso i ragazzi delle banlieu in rivolta (le migliaia di fermati dalla polizia avevano in media 16 anni, dati del Ministero dell’interno) da parte del partito comunista francese e tanto meno dai socialisti nonostante al loro interno, dopo il tracollo, sia stata messa in discussione la linea suicida legalista e centrista che li ha cancellati dal panorama politico. L’unico politico ad aver preso la parola in solidarietà con i manifestanti, ad analizzare le ragioni di quella rabbia e a chiedere di evitare l’escalation di violenza è stato Jean Luc Mélenchon, leader di France Insoumise (la Francia indomita) movimento da lui fondato nel febbraio 2016 con l’obiettivo di dare voce alla sinistra radicale. Alle ultime presidenziali, l’anno scorso ad aprile, è arrivato a un soffio dal ballottaggio, con il 22% dei consensi, preceduto dal presidente uscente Macron (27,6%) e da Marie Le Pen (23,4%). Alle legislative del giugno 2022, alle quali la sinistra unita Nupes, da lui guidata, ha ottenuto il 25,7% dei consensi, contro il il 25,8% dei voti aggiudicatisi dal blocco presidenziale di Ensemble di Macron. Contro di lui è violentemente schierata la destra francese, dentro e fuori l’Eliseo. E buona parte della sinistra che ne teme la concorrenza. Né il partito socialista, da cui Mélenchon viene, né il partito comunista hanno sottoscritto l’appello per una manifestazione unitaria contro la repressione lanciato da Mélenchon che pubblichiamo. L’appello è stato abbracciato invece da centinaia di gruppi e organizzazioni della sinistra diffusa francese. Che esiste. E si vede.

11 Agosto 2023

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