L'intervista

“Salario minimo e decreto lavoro: la destra getta la maschera”, parla Marina Sereni

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

8 Agosto 2023 alle 18:30 - Ultimo agg. 9 Agosto 2023 alle 10:43

Condividi l'articolo

“Salario minimo e decreto lavoro: la destra getta la maschera”, parla Marina Sereni

La battaglia, non solo parlamentare, sul salario minimo, l’“estate militante” lanciata da Elly Schlein, la tragedia senza fine dei migranti morti in mare o nel Mediterraneo. La parola a Marina Sereni, autorevole esponente della segreteria nazionale del Partito democratico, già Vice ministra degli Esteri e Vice presidente della Camera dei deputati.

Sul salario minimo se ne discuterà a settembre. L’ha deciso la maggioranza di governo giovedì scorso alla Camera: “La maggioranza fugge davanti a un problema reale, ma la povertà non va in vacanza”, ha affermato la segretaria del PD Elly Schlein nel suo intervento in Aula. Cosa c’è dietro questa “fuga”?
Ci sono due fattori, a mio parere. Il primo è che questa destra non vuole vedere il disagio sociale, la precarietà, il lavoro povero. Sono oltre tre milioni coloro che, pur avendo un lavoro, non ricevono uno stipendio che consente loro di vivere dignitosamente. Nelle pulizie, nei lavori stagionali in agricoltura o nel turismo, in alcuni ambiti del sociale e della cura troviamo lavoratrici e lavoratori che sono costretti ad accettare una paga di 4 € l’ora, ma così si fa fatica a mettere insieme il pranzo con la cena. Figuriamoci a fare un progetto di famiglia! La destra al governo si riempie la bocca del tema della denatalità – decisamente importante, visto l’inverno demografico che colpisce il nostro Paese – ma poi, quando si tratta di affrontare le cause profonde di questo fenomeno, fa scelte che vanno nella direzione opposta. Aumentando la precarietà come hanno fatto con il Decreto lavoro, tagliando i nuovi asili nido rispetto a quanto previsto nel Pnrr, dicendo no al salario minimo. Poi nella fuga c’è anche un altro elemento.

Quale?
L’unità e la determinazione con cui le forze dell’opposizione hanno fatto questa battaglia nei mesi scorsi hanno aperto qualche contraddizione e qualche dubbio nella maggioranza, anche perché tutti i sondaggi dimostrano che la misura del salario minimo è condivisa da due italiani su tre, quindi anche da buona parte dell’elettorato di destra. Questo ha costretto la Presidente Meloni a rinunciare all’emendamento soppressivo che era stato presentato e che avrebbe totalmente chiuso la partita bocciando la nostra proposta. Ci siamo opposti alla sospensiva, perché il tema del salario minimo è urgente per milioni di persone e perché ci sarebbe stato tutto il tempo per un confronto di merito e per l’approvazione di una norma di civiltà che esiste nella maggior parte dei Paesi avanzati. Comunque non consentiremo al Governo e alla maggioranza di fuggire dalla realtà. Abbiamo concordato con le altre forze dell’opposizione di proseguire la mobilitazione nei mesi di agosto e settembre attraverso una petizione popolare.

Sul salario minimo le opposizioni hanno trovato un agire comune in Parlamento. S’inizia da qui per delineare un “campo largo” del centrosinistra?
La parola “campo largo” non ha portato bene al centrosinistra. Diciamo che man mano che la destra al governo produce fatti (e anche la propaganda attraverso l’occupazione dei mezzi di informazione è un fatto!) si moltiplicano le ragioni per costruire una nuova alleanza. Che deve partire dai problemi degli Italiani, soprattutto dei meno garantiti. Dobbiamo costruire un’alleanza con i cittadini, con chi lavora o intraprende e paga le tasse regolarmente, con le donne che non si rassegnano ad essere vittime di violenza e vogliono essere protagoniste della loro vita, con i giovani che vedono la crisi climatica e hanno paura del futuro, con gli anziani soli che non possono essere abbandonati alle loro fragilità, con le famiglie meno abbienti che non riescono più a curarsi perché la Sanità pubblica rischia il collasso… Ecco, se partiamo dai temi concreti che riguardano la vita di tutti e di tutte e individuiamo proposte chiare credo sia possibile unire le forze riformatrici e progressiste, guardando non solo ai partiti ma anche ai movimenti sociali, alle liste civiche.

Migliaia di persone avvertite con un sms di non aver più accesso al Reddito di cittadinanza. Che destra è quella che governa oggi l’Italia?
È una destra cinica. La destra “del popolo” sta ogni giorno di più gettando la maschera. Hanno alimentato la rabbia, le paure e le inquietudini dei ceti sociali più deboli, hanno preso i loro voti in molti casi ma ora al governo scelgono di stare sempre dalla parte dei più forti. Lo dimostrano gli innumerevoli condoni e regali agli evasori fiscali. Sul Reddito di cittadinanza potevano legittimamente riorganizzare e migliorare la misura, soprattutto per quanto riguarda le politiche attive del lavoro, ma così buttano in mezzo alla strada migliaia di famiglie povere. Per questa destra la povertà è una colpa, non si sono nemmeno premurati di concordare con i Sindaci le modalità di attuazione della cancellazione del Reddito di cittadinanza, scaricando da un giorno ad un altro il problema sociale sulle spalle dei Comuni. E mi lasci dire che questa destra cinica dimentica anche gli impegni di fronte alle conseguenze della crisi climatica. In Emilia Romagna la Presidente Meloni ha fatto la passerella, ha promesso attenzione. Ma finora non è arrivato nemmeno un euro e le Comunità toccate dalle alluvioni sono in grave difficoltà. Se non si interviene ora per ripristinare le strade e le aree colpite dalle frane poi, quando finirà il caldo e tornerà la pioggia, sarà troppo tardi. Se non si interviene subito per dare il 100% dei ristori alle famiglie e alle aziende colpite molte realtà andranno in crisi in modo irreversibile. Se non si rimborseranno i Comuni per le spese sostenute per gli interventi più urgenti gli Enti Locali non potranno chiudere i bilanci.

Salario minimo, difesa dei beni comuni, tra i quali la sanità pubblica. In Italia c’è una enorme questione sociale irrisolta. Una sinistra che ricerca sé stessa non dovrebbe partire da qui?
Certamente, infatti credo che sulla difesa della Sanità pubblica ci sia la necessità e lo spazio per una grande battaglia nazionale. La lotta alle diseguaglianze deve essere la nostra bussola e non c’è diseguaglianza più odiosa di quella di fronte alla malattia. I dati sono allarmanti: le liste d’attesa sono insostenibili, milioni di persone sono costrette a rinunciare a curarsi per mancanza di risorse proprie, la mancanza di personale è sempre più grave nelle strutture e nel territorio, le differenze territoriali sono aumentate drammaticamente. E il Governo Meloni ha di fatto tagliato le risorse, dopo l’aumento deciso dagli ultimi Esecutivi per rispondere all’emergenza Covid. Il Ministro Schillaci conferma che mancano per quest’anno almeno quattro miliardi di Euro per far tornare i conti. E bussa alle porte del Mef, finora senza risultato. Ovviamente se si troveranno nell’immediato risorse aggiuntive per le esigenze più urgenti, come le liste d’attesa, l’assunzione di personale per far funzionare le strutture pubbliche, la soluzione del problema del payback per i dispositivi medici, saremo i primi ad esprimere soddisfazione. Ma non possiamo perdere di vista l’obiettivo più generale che è quello di ancorare la spesa sanitaria pubblica al Pil per raggiungere – attraverso un incremento progressivo e pluriennale – una soglia minima del 7,5%, avvicinandoci così ai Paesi europei più avanzati. Solo così sarà possibile salvare il Sistema Sanitario Nazionale dal collasso e superare l’anacronistico tetto di spesa per il personale che tanti problemi ha creato e sta creando nelle Regioni più virtuose. In questo quadro, tra l’altro, la proposta di Autonomia differenziata di Calderoli significherebbe la legittimazione di divari territoriali inaccettabili che solo una riforma seria della governance nel quadro di un regionalismo solidale può invece cercare di ridurre. Di questi temi stiamo già discutendo in tutte le Feste con gli amministratori regionali e locali, con le organizzazioni sindacali, con le associazioni dei cittadini, con i rappresentanti degli operatori e delle operatrici. In molte regioni il nostro partito ha lanciato campagne per denunciare i problemi che toccano ogni giorno con mano i cittadini, a partire dai meno abbienti. Siamo allarmati nel vedere una destra che, senza dirlo esplicitamente, favorisce una privatizzazione strisciante. Noi continueremo la nostra battaglia nei prossimi mesi, anche in vista della prossima manovra di Bilancio, intensificando la mobilitazione a livello nazionale. La difesa e il rilancio della Sanità pubblica è per noi una priorità assoluta, una battaglia di giustizia sociale e di equità che merita ogni nostra energia.

Nell’ultima Direzione nazionale Dem, Schlein aveva lanciato l’ “estate militante”. Come sta andando?
Molto bene, direi. Il Pd si è rimesso in moto, e la nostra iniziativa in Parlamento e nella società comincia ad essere visibile ed incisiva. C’è un grande lavoro da fare, il Partito deve aprirsi di più e dobbiamo raccogliere pienamente la sfida di raggiungere quelle tante persone che da tempo hanno rinunciato a votare. Sulle sette piste di lavoro dell’estate militante lanciate dalla Segretaria c’è stata e c’è una grande unità nel Pd e c’è un grande spazio per un dialogo sociale ampio e per la costruzione di una coalizione di Centrosinistra credibile e vincente.

Altro tema caldo, drammaticamente attuale, è quello delle stragi in mare o nel deserto. Papa Francesco ha lanciato, per l’ennesima, volta un possente j’accuse e grido d’allarme: “È criminale lo sfruttamento dei migranti”, ha sottolineato, tornando a parlare dei “lager del Nord dell’Africa”. Francesco ha poi affermato che Mediterranea Save Humans “sta facendo un lavoro per riscattare i migranti nel deserto della Libia e della Tunisia”. “Il Mediterraneo è un cimitero ma il cimitero più grande è il Nord dell’Africa”.
Spero che il grido del Papa arrivi anche alla presidente Meloni. L’ossessione di fermare i migranti fa perdere di vista da un lato gli obblighi internazionali, salvare le vite in mare come ha fatto giustamente domenica la Guardia costiera a Lampedusa, e la necessità di guardare alle radici profonde delle migrazioni. Guerre, terrorismo, crisi climatica sono alla base della ricerca di un futuro diverso per milioni di persone. Non basta evocare un Piano Mattei per essere credibili in Africa, la cooperazione con i paesi di origine e di transito delle migrazioni deve puntare al loro sviluppo e sostenibilità, non può essere solo finalizzato a bloccare i flussi migratori.

8 Agosto 2023

Condividi l'articolo