L'assurda polemica
Cosa ha detto De Angelis sulla strage di Bologna e perché si grida allo scandalo
Editoriali - di Piero Sansonetti
Si è accesa l’iradiddio per le dichiarazioni, ragionevolissime, di un collaboratore del Presidente della regione Lazio, che si chiama Marcello de Angelis e che fa il giornalista, il quale ha sostenuto di essere certo dell’innocenza, per la strage di Bologna del 1980, di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Credo che sia il segno del veloce e inesorabile degradarsi della politica. Che, priva di idee, va avanti a frasi fatte, a slogan che crede ereditati dal passato.
Nel passato, in realtà, uno scandalo del genere non sarebbe mai avvenuto. Nessuno, nei partiti della prima Repubblica, e neppure nei giornali, avrebbe osato mettere in discussione la libertà di pensiero di un giornalista. E moltissimi, soprattutto tra gli intellettuali di sinistra, negli anni ottanta e novanta e anche nei successivi, erano convinti – senza che ciò facesse scandalo – dell’innocenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini. Il luogo intellettuale più impegnato in questa battaglia garantista, figuratevi, fu il Manifesto di Rossanda, Pintor e Parlato. Ma non era isolato. Una parte molto consistente dell’intellettualità di sinistra sosteneva questa tesi.
Ieri, travolto da centinaia di dichiarazioni indignate, specie da sinistra, ma anche dal ministro Piantedosi e dal Presidente del Senato La Russa, Francesco Rocca, governatore del Lazio, ha dovuto prendere le distanze dal suo consulente. E lo stesso consulente, Marcello de Angelis, ha pubblicato su Facebook un post nel quale si scusa con le persone alle quali può avere prodotto disagio con le sue dichiarazioni o con chi si sia sentito offeso.
Non è un luogo salubre quello nel quale una persona che espone una sua idea – peraltro condivisa da molti e ad alto livello – sia costretto a chiedere scusa. Questi trent’anni di giustizialismo dilagante non hanno solo aumentato a dismisura il potere della magistratura ma hanno costretto il buonsenso a rincantucciarsi dietro qualche paravento, per evitare di essere messo alla gogna. Un disastro intellettuale e politico senza pari. Fino a ieri pensavo che solo in paesi fascisti o autoritari, come per esempio la Russia, l’Iran, la Cina, fosse proibito esprimere la proprio opinione. Mi devo ricredere. Roma è molto più vicina a Teheran di quanto si possa immaginare. Quanto tempo ci vorrà per riparare questo disastro?