L'anniversario della strage

Depistaggi di Stato: da piazza Fontana a Bologna i mandanti delle stragi erano nella Democrazia Cristiana

43 anni dopo. Si ricordano i morti ma ancora con molta ipocrisia. Il problema non è solo quello dei depistaggi, il problema sono i mandanti. E bisognerà scriverla quella parola: DC

Editoriali - di Piero Sansonetti

3 Agosto 2023 alle 12:30 - Ultimo agg. 3 Agosto 2023 alle 12:34

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Depistaggi di Stato: da piazza Fontana a Bologna i mandanti delle stragi erano nella Democrazia Cristiana

Tra il dicembre del 1969 e il dicembre del 1984 (quindici anni) in Italia ci furono otto grandi attentati dinamitardi che provocarono più di 150 morti e migliaia di feriti. Famiglie distrutte. Terrore. Ed ebbero una influenza significativa sul corso della vita e della battaglia politica. Il terrorismo dinamitardo fu una cosa ben distinta dalla lotta armata. In particolare da quella delle organizzazioni di sinistra, come le Brigate Rosse e Prima Linea.

Una differenza immediatamente comprensibile era questa: la lotta armata (compresa quella realizzata da formazioni straniere, e cioè palestinesi) rivendicava sempre le proprie azioni. E le spiegava. Il terrorismo dinamitardo non le rivendicava mai. Il punto più alto del terrorismo dinamitardo – in termini di violenza e di vittime – fu l’attentato alla stazione di Bologna, avvenuto il 2 agosto del 1980. Ci furono 85 morti, forse 86. Moltissimi feriti. Bologna ci mise anni per riprendersi psicologicamente da quella frustata. Ancora oggi Bologna è segnata dalla strage del 2 agosto.

È molto ragionevole pensare che gli attacchi terroristici ebbero la stessa matrice. Il fatto che non siano mai stati rivendicati, logicamente, ha reso molto complicato accertare la verità. Dietro agli attentati c’è un mistero, che nei dettagli forse non sarà mai risolto. Sembra però ormai risolto il dubbio su chi azionò e guidò queste stragi. Un pezzo dello Stato. Non so perché oggi si stenti tanto a usare questa definizione, che fu coniata già nel dicembre del 1969 dai gruppi della sinistra: “Strage di Stato”. Noi con difficoltà potremo mai conoscere i cognomi e i nomi di chi praticamente realizzò gli attentati, e mai e poi mai sapremo i nomi e i cognomi di chi li ordinò, o non li impedì.

Però sappiamo con una discreta sicurezza che le stragi furono progettate dai servizi segreti e realizzate talvolta in modo diretto talvolta usando come manovalanza piccoli gruppi o singoli militanti della destra fascista. Attenzione a non confondere la destra fascista col Msi, che non era coinvolto nelle stragi, anche se ancora viveva immerso in una ideologia fascista. Così come il Pci non aveva nessuna relazione con i settori della lotta armata di sinistra, anche se il Pci, come le Brigate Rosse, si ispirava ad una ideologia comunista.

Però ancora oggi, insieme ai misteri, c’è reticenza nel parlare del terrorismo stragista. Non so perché si preferisca parlare di stragi fasciste anziché di stragi di Stato. Sebbene sia evidente il fatto che lo Stato ebbe una enorme responsabilità e i fascisti furono pura manovalanza. Forse la reticenza deriva dal fatto che se si ammette che quelle stragi, da Piazza Fontana (12 dicembre 1969) a Bologna (2 agosto 1980) furono volute dallo Stato e dall’establishment (da una parte dello Stato e da settori dell’establishment) bisogna ammettere che esistevano settori di governo, e del mondo politico di governo, che consideravano l’omicidio e la strage come strumenti utilizzabili nella lotta politica.

Non dire le cose con questa crudezza è il segno di una gigantesca ipocrisia. Nessuno di noi saprà mai quali uomini politici di governo erano direttamente o indirettamente implicati in queste azioni, ma non ha senso immaginare che le stragi furono di Stato ma nessuna personalità, o corrente politica, dello Stato porti sulle spalle la responsabilità. E siccome non vorrei risultare ipocrita pure io, scriverò qui di seguito la parola magica: “La Democrazia Cristiana”. Naturalmente dicendo Democrazia Cristiana si dice poco. Si indica un’area. Il Partito di Sturzo e De Gasperi fu anche vittima e bersaglio delle stragi.

Nel 1969, quando iniziò la stagione stragista, l’Italia era in bilico tra una svolta a sinistra e un rimbalzo reazionario. Era in corso l’autunno caldo, che è stata la più formidabile e potente stagione di lotte di tutta la storia dell’Europa. La giovane classe operaia stava mettendo con le spalle al muro la vecchia borghesia. E la borghesia reagiva dividendosi. Una parte voleva spostarsi a sinistra e spingere per un nuovo compromesso socialdemocratico, ed era pronta a cedere soldi e potere. E dietro questa parte della borghesia c’era anche una parte dei partiti di governo, compreso un pezzo della Dc. Un’altra parte della borghesia voleva la linea dura, lo scontro, anche il sangue. Ed ebbe il sangue della Banca dell’agricoltura. E poi il sangue di Pinelli, l’anarchico defenestrato e ucciso nella questura di Milano per accreditare una pista anarchica e scagionare lo Stato.

I depistaggi iniziano quel giorno, e poi procedono, fino a Bologna. Ma i depistaggi non furono per proteggere qualche fascistello, furono per proteggere i mandanti. Il Potere. Il Palazzo. Il Partito. Oggi sento Mattarella che parla di depistaggi di Stato. Vero. Dovrebbe dire però quella parola in più: strage. Strage di Stato. Tutta sulle spalle delle classi dirigenti di quei quindici anni. Anche la strage di Bologna avvenne in un frangente complesso della vita politica. Poco più di un anno prima era finita l’esperienza della solidarietà nazionale, con il Pci in maggioranza per la prima volta dal 1947 e con una travolgente attività di riforme che avevano cambiato il volto sociale del paese (la sanità, l’aborto, la psichiatria, la casa, i salari). Eravamo di nuovo al bivio: riprendere una politica riformatrice e di sinistra, o realizzare una brusca svolta al centro? Vinse la seconda ipotesi. Certamente la strage di Bologna ebbe un peso.

È un grande errore pensare che le stragi avessero un valore e uno scopo di destabilizzazione della vita politica. È sempre stato il contrario. Servivano a stabilizzare. Ad aiutare il potere, non a scalzarlo. Chi destabilizzava il paese, nel ‘69, erano gli operai, che sgretolavano le sicurezze borghesi e cambiavano i rapporti di forza tra classe operaia e capitale. Chi destabilizzava nel 1980 era il Pci, che minacciava una stagione ancora più radicale di riforme sociali che avrebbe intaccato l’impianto liberista proprio mentre in Gran Bretagna trionfava la Thatcher e negli Stati Uniti aveva appena iniziato la sua marcia trionfale Ronald Reagan.

Non mettiamo la testa sotto la sabbia, usando la retorica antifascista per spiegare un fenomeno molto più complesso e che ha minato profondamente la nostra democrazia. Diciamole le cose che sappiamo, usiamo le parole giuste. Fu lo Stato a colpire la società. E furono pezzi dei partiti che dominavano lo Stato.

3 Agosto 2023

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